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CREDITORI (I) - regia Veronica Cruciani

Viola Graziosi, Rosario Lisma, e Graziano Piazza in "I Creditori", regia Veronica Cruciani. Foto Federico Pitto Viola Graziosi, Rosario Lisma, e Graziano Piazza in "I Creditori", regia Veronica Cruciani. Foto Federico Pitto

di August Strindberg
Traduzione Maria Valeria Davino e Katia De Marco
adattamento e regia Veronica Cruciani
interpreti Viola Graziosi, Rosario Lisma, Graziano Piazza
scene Anna Varaldo, costumi Erika Carretta, luci Gianni Staropoli
drammaturgia sonora John Cascone, movement coach Marta Ciappina
produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Metastasio di Prato.
Teatro Eleonora Duse di Genova dal 19 al 28 marzo in prima nazionale 2024 

www.Sipario.it, 20 marzo 2024

Veronica Cruciani sceglie per questa sua lluminante messa in scena dell'ottocentesco I creditori di Strindberg, al teatro Eleonora Duse di Genova per la co-produzione del locale Teatro Nazionale, una regia profondamente 'interpretativa' ma mai, come spesso è altrimenti accaduto, 'prevaricante' puntando a mostrare, visivamente, musicalmente e nella concretà fisicità della rappresentazione, il doloroso ed essenziale nucleo della spiazzante e talora paralizzante visione del drammaturgo svedese.

Una regia, la sua, che è un di più, una sorta cioè di dramaturgie della drammaturgia, che trasfigura e così svela nelle sintassi espressioniste e nelle tonalità grottescamente simboliste, che hanno caratterizzati i lasciti ereditari di quel teatro ormai post-borghese, le contraddizioni precipitate in una visione del femminile che finalmente tentava di forzare le rigide forme del patriarcato, anche nelle modalità di una contorta idea di possesso e nella contrastata immagine di attrazione sessuale, nell'alba del capitalismo moderno. 

Se in fondo August Strindberg è stato generalmente considerato un misogino, e in verità storica ed esistenziale lo era, però la sua non è una critica del femminile o della 'nuova' donna, in quanto quel femminile gli era in qualche modo 'sconosciuto', essendo man mano diventato il punto di caduta di una sofferenza e di un disagio tutto maschile, un maschile incapace di avere fede nella sua stessa identità e funzione.

Così è parlando degli uomini, e di sé stesso come uomo ormai disadattato al suo ruolo fino alla 'follia', che disegna, come in un calco proiettivo e caleidoscopico, la figura e la natura di una donna che non poteva più conoscerlo o ri-conoscerlo.

Il suo diventa così un viaggio dalla specificità della 'storia' narrata in scena alla universalità, transmetafisica, dei valori, sentimenti e giudizi che contiene, per poi ritornare attraverso la drammaturgia alla singolarità di ciascuno, e ciascuno diverso, di allora e di oggi.

La Cruciani coglie, nella sua messa in scena, questo punto nascosto ma essenziale, riuscendo a mostrare la deflagrante indisponibilità della donna ad indossare l'habitus, mentale, psicologico e infine sociale, che il maschio pretendeva e pretende pur sempre di imporle, un maschio tra l'altro che appare tragicamente privo, ancora oggi come ci insegna la cronaca degli omicidi delle donne, di qualsiasi alternativa.

Lo dice lei stessa, nelle note di regia: “nel mio lavoro ho voluto fare emergere soprattutto una critica alla disuguaglianza di genere e all’ipocrisia, alla mascolinità tossica”.

Il testo, che la nuova traduzione femminile di Maria Valeria Davino e Katia De Marco valorizza nella sua prorompente modernità, ruota intorno al tragico coupe de scène della apparizione improvvisa e mascherata del primo marito di Tecla, un Gustav che si insinua tra lei e il nuovo marito Adolf per pretendere il pagamento del debito psicologico e sentimentale, ma soprattutto 'sociale', da loro contratto nei suoi confronti (da qui il titolo), nella moneta della autostima e della considerazione comunitaria.

La regia, a sua volta, costruisce lo scenario intorno a questo ormai sbilenco triangolo borghese, che si decompone in malattia del corpo e della mente fino ad esaurirsi nel nulla di una umanità che, con grande efficacia, assiste nascosta, nella carne di uno sconvolto Gustav oltre la finestra buia, in una sorta di 'tragica' espiazione in cui gli uomini bruciano producendo l'energia di quel 'nuovo' che Tecla si avvia a costruire.

La prossemica complessiva ha componenti accuratamente coreutiche a cura di Marta Ciappina, fuse in un ambiente musicale modernamente techno creato da John Cascone, avvolto dalle luci pittografiche di Gianni Staropoli e dentro la bella scenografia di Anna Varaldo, che ricalca e enfatizza la citata interpretazione tra l'espressionistico e il simbolista, alla Wedekind per intenderci, di una “tragicommedia” che vorrebbe dichiararsi 'verista' senza esserlo.

La recitazione dei tre bravi protagonisti, Viola Graziosi (Tecla), Rosario Lisma (Adolf) e Graziano Piazza (Gustav), significativamente mai in scena tutti e tre contemporaneamente quasi che i due uomini fossero uno, compone con grande efficacia, mimica, fisica e vocale, anche nelle inquietanti controscene le sottostanti indicazioni registiche, mostrando una notevole qualità da quelle enfatizzata.

Uno spettacolo di grande spessore, dunque, che ha saputo magnetizzare un pubblico attento e coinvolto dal passaggio in platea degli attori, in una singolare versione di meta-teatro che va oltre Pirandello.

Alla fine un meritato successo sottolineato dai lunghi applausi dei numerosi astanti.

Maria Dolores Pesce

Ultima modifica il Giovedì, 21 Marzo 2024 07:34

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