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COME TU MI VUOI - regia Luca De Fusco

Lucia Lavia in "Come tu mi vuoi", regia Luca De Fusco Lucia Lavia in "Come tu mi vuoi", regia Luca De Fusco

Di  Luigi Pirandello
Regia  Luca De Fusco 
Adattamento  Gianni Garrera e Luca De Fusco
Con  Lucia Lavia
E con  Alessandro Balletta, Francesco Biscione, Paride Cicirello, Pierluigi Corallo, Nicola Costa, Alessandra Costanzo, Isabella Giacobbe, Alessandra Pacifico, Bruno Torrisi 
Scene e costumi  Marta Crisolini Malatesta
Luci  Gigi Saccomandi
Musiche  Ran Bagno
Movimenti coreografici  Noa e Rina Wertheim-Vertigo Dance Company
Proiezioni  Alessandro Papa
Produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo di Palermo, Compagnia La Pirandelliana, Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro
Al Teatro Sannazaro di Napoli, dal 1 al 3 marzo 2024 

www.Sipario.it, 5 marzo 2024

Pirandello è un autore complicato, complesso, che impegna e ci impegna, coi suoi personaggi dalle sfaccettature molteplici e di diverso genere, che in fondo mette nelle sue opere un po’ di tutti noi, ora come allora, alle prese con un mondo sempre più variegato e formato da mille contraddizioni, nel suo stesso essere composto come da mille frammenti di specchi, frammentato esso stesso dagli interrogativi che si pone e che pone ai suoi abitanti, agli individui che non riescono più, dalle due guerre e non solo, a sentirsi uniti, unici e “aggregati”. Il mondo contemporaneo ci insegna che i romanzi dell’autore sono più che mai attuali, nel mare della società che ancora ci investe con le sue onde di ogni genere, gettandoci spesso nella confusione, nella paura e nel non sapere cosa siamo, cosa vogliamo, dove, soprattutto, vogliamo andare, per far sì che il nostro destino diventi in realtà destinazione, colto dalla felice combinazione di respiro e desiderio che muovono la rotta degli uomini. E così sull’impronta de Il fu Mattia Pascal e di Così è (se vi pare), il romanziere siciliano, in questo testo, Come tu mi vuoi, per la regia di Luca De Fusco, che ne firma anche l’adattamento insieme a Gianni Garrera, ancora una volta ci presenta una protagonista dalle mille contraddizioni, che non si riconosce più e non è più riconosciuta, divisa tra l’essere una ballerina, un animale da palco e una moglie borghese. Elma/Cia, la bravissima Lucia Lavia, è una vera e propria forza della natura, un personaggio difficile e molto dinamico, per la tenuta scenica, i registri di tante tipologie, per le sue “voci di dentro” (pardon per il crossover con l’opera di Eduardo) e le mille proiezioni (sceniche di Alessandro Papa e in senso letterale nella testa della protagonista), per le urla che il suo animo produce, straziato quasi e al tempo stesso quasi compiaciuto dal suo non sapere, davvero, chi è. Il suo corpo balla, tra movimenti apparentemente scoordinati e slegati, con le sue contraddizioni, sospeso tra la sua vita di prima e la vita di ora, che forse non è nemmeno la sua. Perché come può, una donna provata dalla guerra e creduta morta per dieci anni, tornare ed essere la stessa di prima, fisicamente, esteticamente e non solo, senza che la sua famiglia non si ponga neanche una domanda? Allora forse la vera Cia è quella donna che viene portata alla casa, perché non più in grado di camminare da sola, che chiama ripetutamente il nome, quasi un verso, della signora che l’ha cresciuta? Nessuno riesce a comprendere dove stia la verità, quale sia, perché nessuno vuole forse credere al tempo che passa e che cambia, almeno un po’, almeno qualcosa, in tutti. Nessuno riesce ad accettare la nuova Cia? Ma sarà poi davvero lei? “La verità sta dove uno crede che sia” e passa molto spesso dagli occhi, dallo sguardo, più volte citati nel corso della pièce, come prova di quei tratti per forza riconoscibili, che non mentono. La donna del racconto è abitata da tante personalità, tante vite, ricordi che si mescolano tra di loro nel vortice delle stanze della sua mente, specchio interno di una realtà disunita e piena di gente, piena di personalità. La scenografia molto scarna e il colore scuro, buio, tetro, (scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta) aumentano il confine labile tra il sogno e la realtà, l’immaginazione confusa e i ricordi dolorosi di un tempo che non ha certezze. De Fusco porta in scena un’ignota che alla fine va via con uno scrittore, suo amante, che però al pubblico fa pensare proprio al suo autore: Pirandello, che va via col suo personaggio, lasciando il lettore (e lo spettatore), una volta di più, con mille domande e poche, soggettive risposte. 

Francesca Myriam Chiatto

Ultima modifica il Martedì, 05 Marzo 2024 07:21

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