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RIGA NERA AL PIANO DI SOPRA (UNA) – regia Matilde Vigna

"Una riga nera al piano di sopra", regia Matilde Vigna "Una riga nera al piano di sopra", regia Matilde Vigna

di e con Matilde Vigna
aiuto regia Anna Zanetti
dramaturg Greta Cappelletti
progetto sonoro Alessio Foglia
disegno luci Alice Colla
costumi Lucia Menegazzo
disegno luci Andrea Sanson
voce registrata Marco Sgarbi
direttore tecnico Massimo Gianaroli
fonico Manuela Alabastro
elettricista Sergio Taddei
oggetto di scena realizzato nel Laboratorio di ERT
scenografa decoratrice Ludovica Sitti
Produzione ERT Emilia Romagna Teatro / Teatro Nazionale
Tedacà, Torino, sabato 28 ottobre 2023

www.Sipario.it, 30 ottobre 2023

Cosa hanno in comune l’alluvione nel Polesine del 1951 e la fine di un amore immaginata una sessantina di anni dopo?  Niente, si potrebbe pensare, o forse molto, si potrebbe dire, dopo aver assistito a Una riga nera al piano di sopra, monologo storico-intimista che la rodigina Matilde Vigna interpreta con assoluta bravura in un’ora filata di teatro multiforme.

Da un lato una donna aggrappata all’albero attende soccorsi e salvezza per sfuggire a un cataclisma naturale non così diverso da quanto riferito nelle cronache di oggi: dall’altro una donna aggrappata ad una valigia, al cui interno ha buttato alla rinfusa i ricordi di una vita, si dirige verso la stazione cercando di resettare la propria esistenza. Muovendosi tra cronaca storica ed autobiografia, in una scena spoglia ed a tratti invasa dalla nebbia che la macchina del fumo dispensa con generosità, si materializzano le due facce di un futuro tutto da inventare, di un “abbandono” assoluto che significa nuove sfide e una vita tutta da riscrivere: abbandonare l’albero cui si è disperatamente avvinghiati, come chiudere per sempre le porte di una casa ormai diventata inabitabile, sono gesti dettati da un misto di disperazione e dalla consapevolezza che l’esistenza vissuta fino a quel giorno non sarà più replicabile.

Senza mai scadere nell’eccesivo pathos la tragedia di un’intera comunità si alterna al ritmo di un teatro pronto a strizzare l’occhio alla stand up per l’umanissimo resoconto di due forzate separazioni, l’una per salvare la propria vita, l’altra per ricominciare a viverla: nella doppia veste di autrice ed attrice, è questo il terreno su cui Matilde Vigna si muove come meglio non potrebbe, spinta tanto dall’energia proveniente dall’essere figlia di quella terra quanto dalla volontà di mettersi a nudo come persona, prima che come interprete, disposta a giocare su manie, debolezze e fragilità, ben attenta a non farsi mai macchietta di se stessa.

Ed alla fine, dopo che passato e presente hanno viaggiato su binari paralleli senza mai incontrarsi, cosa rimane del racconto delle due donne se non la condivisione di diversi dolori? Resta una sottile indelebile linea nera che, immaginiamo, ancor oggi nelle cascine alluvionate del Polesine sia ricordo visivo dell’acqua di quella lontana tragedia, proprio come, nell’interiorità della giovane ragazza del Duemila, è perenne ricordo di un disagio esistenziale responsabile di evidenti cicatrici. È la linea dello sradicamento, forzato o voluto, dell’indeterminatezza di un futuro che all’improvviso può assumere traiettorie inaspettate, al pari di quella maledetta acqua che seminò morte e distruzione o che, con un violento temporale, accompagnò alla stazione la giovane donna chiamata a rinascere a vita nuova.

Roberto Canavesi

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Novembre 2023 09:12

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