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Parafrasando Bazlen – “Non si possono più scrivere libri ma solo note a piè di pagina” –, vedendo Oggi sposi… Sentite condoglianze al Quirino viene da dire: non si possono più scrivere commedie, ma solo note di regia. E sarebbe un gran guadagno.

Ammettiamolo: far ridere è difficilissimo. Non si tratta solo di creare battute e situazioni comiche, ma di dar vita a un certo ritmo che cambia di sera in sera. Una delle definizioni di teatro comico – non come genere, ma come arte – più bella, e che andrebbe praticata alla lettera, la diede Peppino De Filippo: “Io sono sicuro che il dramma della nostra vita di solito si nasconde nel convulso di una risata provocata da un'azione qualsiasi, che a noi è sembrata comica. Sono convinto che spesso nelle lacrime di una gioia si celino quelle del dolore. Allora la tragedia nasce e la farsa, la bella farsa, si compie”. 

Tornando a Oggi sposi… Sentite condoglianze, quale occasione più ghiotta di mettere in farsa uno dei drammi della nostra epoca: l’incapacità di stabilire e coltivare relazioni affettive sane? Cogliendo tale tragicità, si sarebbero potute ricavare tantissime situazioni in grado di divertire il pubblico, non rinunciando a rappresentare una vicenda verosimile vissuta chissà da quanti. E invece in cosa è consistito lo spettacolo? In una sequela di scenette in tipico stile cabaret di quart’ordine, che hanno raccontato l’amore fra un uomo e una donna, il loro matrimonio, la loro crisi, i loro tradimenti, il loro ritrovarsi. Il colpo di scena annunciato nel programma di sala – tre scarne generiche righe – è consistito nel fatto che ai due, morti per via di un incidente, dopo essere finiti in paradiso viene data dal Padreterno una nuova possibilità per rimediare agli errori commessi in vita. Si reincarneranno in individui diversi, continuando però a commettere gli stessi errori, a tradirsi di nuovo per poi morire ed essere definitivamente condannati all’inferno. Ma la nascita, nell’Al di là, del loro bimbo – che si rivelerà essere di colore – li salverà.

Questo il succo di tutto lo spettacolo: nessuna idea drammaturgica, niente ritmo nella recitazione, un intreccio inesistente che si è risolto in una sequenza rapida e poco approfondita di scenette slegate fra loro, battute deboli e scontate e talvolta al limite della volgarità. 

Pino Insegno e Alessia Navarra, i protagonisti di questi sketches abborracciati, hanno dimostrato di non avere alcuna padronanza vocale, nessun senso della scena, nessuna espressione mimica e corporea, nessuna cognizione dei tempi comici. Più che ad uno spettacolo, hanno dato vita a una prova en privé, fatta tra loro e per loro.

Anche le voci fuori campo di Luca Ward (Dio) e Francesco Pannofino (Satana) si sono dimostrate inefficaci.

Uno spettacolo che ha fatto acqua da tutte le parti, che ha deluso e lievemente infastidito. E poi, dopo i ringraziamenti di rito, qual è stato lo scopo del debole numero musicale di Enzo Avitabile? Quale il nesso con la commedia rappresentata?

Pierluigi Pietricola