scritto da John Hodge
traduzione e regia: Bruno Fornasari
con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Michele Basile, Marco Cacciola, Emanuela Caruso, Bruno Fornasari, Enzo Giraldo, Marta Lucini, Alberto Mancioppi, Daniele Profeta, Chiara Serangeli, Umberto Terruso, Elisabetta Torlasco, Antonio Valentino
scene e costumi: Erika Carretta
disegno luci: Fabrizio Visconti
musiche originali: Rossella Spinosa, eseguite da New MADE Ensemble
produzione: Teatro Filodrammatici di Milano per il progetto 220 anni senza perdere il Filo... promosso da Accademia dei Filodrammatici
Milano, Teatro Filodrammatici dal 22 novembre al 4 dicembre 2016
Una prima nazionale per Collaborators, testo vincitore del Premio Laurence Olivier 2012 quale miglior commedia, scritto dal drammaturgo scozzese John Hodge (Glasgow 1964) - noto tra l'altro per l'adattamento cinematografico di Trainspotting (1996), romanzo del conterraneo Irvin Welsch - appartenente a una famiglia di medici e studente in medicina a Edimburgo fino alla scoperta della vocazione letteraria che gli fa abbandonare la tradizione familiare per dedicarsi a questo nuovo settore.
Un percorso esistenziale che favorisce Hodge quando decide di occuparsi di Michail Afanas'evič Bulgakov (Kiev 1891 – Mosca 1940) - tra i più grandi romanzieri della letteratura russa del '900 - che, primo di sette figli tutti trasferitisi a Parigi, sposatosi per la prima volta e laureatosi in medicina a Kiev, inizia a lavorare sotto l'impero degli zar prima a Smolensk poi a Vjaz'ma, dove gli giungono gli echi della Rivoluzione. Ritenendo come medico e quindi pubblico ufficiale di essere troppo vincolato dal potere politico, si dedica al giornalismo, al teatro e alla scrittura di romanzi ottenendo successi di critica e forti opposizioni della censura. Tali contestazioni continue e angoscianti ottengono l'effetto di renderlo più fiero nell'opposizione nonché desideroso di espatriare per vivere quella libertà continuamente negata tanto da ridurlo quasi sull'orlo della miseria.
Dopo ripetuti divieti alla messa in scena delle sue opere, scrive una lettera al governo dell'URSS chiedendo di espatriare e Stalin gli telefona personalmente offrendogli un lavoro e negandogli di fatto di recarsi a trovare i fratelli all'estero. Questi anni di continui stress psicologici tra rifiuti, perquisizioni e sequestri non lo demotivano e, convolato a terze nozze, continua disperatamente a scrivere.
È circa in tale periodo che inizia il testo di Hodge e precisamente quando nel 1939 Bulgakov riceve l'incarico di redigere un copione celebrativo sulla vita del giovane Stalin per onorarne il sessantesimo compleanno, ma l'ispirazione su tale tema langue.
In un clima inquietante e quasi surreale, ma segnato da un sottile ed equilibrato senso ironico, si crea uno strano rapporto tra il dittatore e lo scrittore vittima di infinite vessazioni: una strana collaborazione/complicità obbligata da un sistema dalle maglie strette e stritolatrici descritto con piglio vivace da Bruno Fornasari. Il regista - anche convincente poliziotto solo apparentemente omologato al sistema - grazie a quattordici attori ben coesi e affiatati offre un avvincente spaccato di un clima pesante e irrespirabile, inconcepibile e difficilmente comprensibile dalla nostra società attuale che vive in una democrazia (pur se con alcuni strappi) ben lontana dalla tragedia esistenziale di quegli anni in cui le persecuzioni finiscono con il distorcere anche il libero arbitrio trascinato nel baratro di una politica oppressiva e ricattatoria.
Una scenografia eloquente dai toni dimessi trascina gli spettatori nella disperazione di una misera vita in cui i bagliori di un benessere sono a un tempo consolazione e disperazione: due toni opposti di un malessere inquietante cui non sfugge neanche l'artista obbligato a essere servo dei pensieri di una dittatura a senso unico il cui consenso è direttamente proporzionale al terrore suscitato.
Una deprivazione di libertà e creatività di cui a volte si è vittime anche nella nostra democrazia quando facendosi condizionare da chi ha il potere non si ragiona con la propria testa per non essere fuori dal gruppo dominante.
Resta viva nella memoria una recitazione equilibrata e di grande livello con Alberto Mancioppi nei panni di uno Stalin ambiguo e crudele i cui complessi sono celati da un contegno subdolamente bonario e con Tommaso Amadio nelle vesti di un Bulgakov divaricato tra repulsione e attrazione: un destino drammatico non solo per l'impossibilità di vivere una normale esistenza civile avendogli la censura bloccato racconti, romanzi e opere teatrali, ma anche per la damnatio memoriae durata alcuni lustri. Solo negli anni '60 del '900 si assiste, infatti, a una rivalutazione dello scrittore - pubblicato prima all'estero che in patria come succede al romanzo Il Maestro e Margherita - di cui quasi non si conosceva l'esistenza mentre oggi si assiste alla sua esaltazione sia in patria, sia all'estero.
Collaborators è stato scelto per celebrare il 220° anniversario della fondazione dell'Accademia dei Filodrammatici e la sua messa in scena ha la stoffa per durare molto tempo interessando per la sua raffinata fattura ogni fascia d'età.
Wanda Castelnuovo