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CREPANZA (LA) - regia Andrea Tomaselli

Francesco d'Amore e Luciana Maniaci in "La crepanza", regia Andrea Tomaselli Francesco d'Amore e Luciana Maniaci in "La crepanza", regia Andrea Tomaselli

Ovvero: come ballare sotto il diluvio
un testo di Francesco d'Amore e Luciana Maniaci
con Francesco d'Amore e Luciana Maniaci
regia di Andrea Tomaselli
una produzione Maniaci d'Amore, Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, Nidodiragno in collaborazione col Teatro di Messina
In scena al Teatro della Tosse dal 14 al 16 dicembre 2016
Genova, Teatro della Tosse 16 dicembre 2016

www.Sipario.it, 17 dicembre 2016

La coppia Maniaci d'Amore torna a Genova con una nuova produzione sostenuta e ospitata dal Teatro della Tosse nella stagione dedicata alla drammaturgia contemporanea. Come suggerisce il titolo, lo spettacolo prende le mosse dalla morte, vera o apparente, di due giovani che si incontrano ad un rave nel deserto. Superata la sbornia psichedelica di lui e l'intento suicida di lei, i due si ritrovano soli in mezzo al nulla, eccetto che per la compagnia di una gigantesca aragosta gonfiabile. In questa situazione straordinaria e paradossale Amara e Mio si confrontano sul senso della vita: l'amore, l'amicizia, la fede, la genitorialità.

Purtroppo la prima parte non cattura. La scena del rave e del loro incontro risulta confusa, abbozzata. La performance di d'Amore resta in bilico tra un vuoto di memoria e una papera. Dall'altra parte Maniaci regge la scena con rigore e carisma. La parte centrale, invece, rivela la naturalezza, l'efficacia e l'ironia con cui sanno raccontare la vita di coppia, già dimostrati nel fortunato "Il nostro amore schifo". Nella dialettica uomo-donna la coppia Maniaci d'Amore esplode di comicità e raggiunge un pubblico esiguo ma attento e divertito.

Il finale resta sospeso come la culla a pois che Amara invoca come simbolo di un'infanzia rimpianta, quando la vita era semplice e senza pretese. L'incomunicabilità tra i sessi è celebrata dalla fuga di Mio verso il pullman che lo riporterà a casa, mentre Amara si perde dentro ai suoi sogni, alle speranze disattese, alla ricerca di quella "vita straordinaria" che rincorre senza trovare.

In un teatro senza grandi scenografie o particolari effetti sonori e di luci, senza neanche un tecnico ma con il service in scena autogestito dagli stessi attori, si sente il bisogno di un tessuto drammaturgico forte, di un'interpretazione senza sbavature, di una connessione immediata col pubblico. Maniaci d'Amore ci arrivano in ritardo e quando finalmente entriamo in sintonia con la storia e con i personaggi le luci si spengono. Un testo che forse merita maggiore compiutezza per non restare limitato ad alcuni passaggi brillanti e ad una manciata di spassosissime battute.

Marianna Norese

Ultima modifica il Sabato, 17 Dicembre 2016 13:18

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