di Martin Sherman
traduzione di Marco Mattolini
con Dario Battaglia, Marcello Gravina, Gabriele Rametta
regia Mauro Avogadro
musiche Gioacchino Balistreri
luci Alberto Giolitti
scene Arcangelo Piccirillo
realizzazione scene Andrea Papa
costumi Marcella Salvo
Sartoria Fondazione INDA
una produzione Associazione Baretti ETS
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di Casarotto Ramsay & Associates Limited
Nell’ambito della rassegna Meraviglia della Risalita
progetto vincitore dell’Avviso pubblico “Circoscrizioni, che spettacolo…dal vivo! 2024
Cineteatro Baretti, Torino 27 28 29 novembre 2024
Si può raccontare la più assurda, sprezzante e folle delle atrocità senza rinunciare a sorridere? Senza trascurare quel che di autentico e di puro, al di là della barbarie e dell’abbrutimento della razza umana, può sopravvivere (con forza commovente) in una relazione a due? La risposta del drammaturgo Martin Sherman, autore di Bent, è sì. La pièce, rappresentata al Cineteatro Baretti di Torino nell’ambito della rassegna Generazione Scenica, direzione artistica di Sax Nicosia, è una risposta peraltro coraggiosa, dato che parlare di olocausto e campi di concentramento rappresenta l’impresa ardua di individuare una propria chiave di lettura e di espressione (originale per quanto possibile, in un orizzonte ampiamente esplorato e raccontato), senza rinunciare alla responsabilità civile di rendersi testimoni lucidi. Ancora più sdrucciolo si fa il terreno se, tra filo spinato e pigiami a righe, si insinua il tema dell’amore omosessuale. La seconda guerra mondiale, un campo di concentramento tedesco, i lavori forzati: la pretesa da parte dei carnefici nazisti di cancellare le minoranze, non solo gli ebrei; la paura e l’annichilimento delle vittime, che arrivano a perdere il senno prima della vita, a guardarsi con diffidenza e a detestarsi a vicenda per il colore del triangolo che indossano sulla giubba carceraria (indicativo della ragione per cui sono internati). In uno scenario talmente disumano, l’amore non soltanto può nascere, ma diventa il solo modo di restare aggrappati alla vita e di avere la meglio sulla violenza folle. Basta una parola, pronunciata anche senza guardarsi, basta un gesto, basta “sentirsi” per restare uniti. La prima nuova produzione della stagione firmata dall’Associazione Baretti ETS sceglie un testo serrato e toccante (lo statunitense Martin Sherman, come sceneggiatore, ne trasse anche un film nel 1997 per la regia di Sean Mathias), che non rinuncia a domandare riflessioni sulla ricerca di un’identità, ma nemmeno a intenerire, a emozionare, a strappare sorrisi e lacrime rispetto all’affinità che germoglia tra due persone. Due “esseri perfettissimi”, direbbe qualcuno, desiderosi di accoglienza, di calore e rifugio; vogliosi di corporalità e di contatto fisico; bisognosi, tumultuosi e mendici, combattuti nel dirsi «ti amo». La regia attenta e sensibile di Mauro Avogadro guida tre bravissimi attori, Dario Battaglia, Marcello Gravina, Gabriele Rametta (provenienti dall’Accademia di Dramma Antico di Siracusa coordinata dallo stesso Avogadro): giovani e generosi, che si lanciano in un allestimento molto fisico e commovente, che rapisce il pubblico in sala restituendolo a una dolcezza primaria, radicale, fondamentale. Giovanni Luca Montanino