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RELICT - di Daniil Posazhennikov

"RELICT" di Daniil Posazhenickov, Biennale College Compositori. Courtesy La Biennale di Venezia. Foto Andrea Avezzù "RELICT" di Daniil Posazhenickov, Biennale College Compositori. Courtesy La Biennale di Venezia. Foto Andrea Avezzù

DANIIL POSAZHENNIKOV - RELICT (35'): Libretto di Egor Zaytsev, prima assoluta
Soprano: Esther-Elisabeth Rispens
Video artist: Dimitry Martynov
Regia: Daniil Posazhennikov
Drammaturgia: Egor Zaytsev
Produzione: La Biennale di Venezia – CIMM, Centro di Informatica Musicale Multimediale
TIMOTHY CAPE - STILL DROWSY (30'): Collage testuale di Timothy Cape, prima assoluta
Soprano solo: Esther-Elisabeth Rispens
Performance: ARS LUDI - Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri
Produzione: La Biennale di Venezia – CIMM, Centro di Informatica Musicale Multimediale
BIENNALE DI VENEZIA MUSICA
TEATRO PICCOLO ARSENALE, 24 SETTEMBRE 2022

www.Sipario.it, 26 settembre 2022

Relict di Danil Posazhennikov è una visione nella visione, una esasperazione nella esasperazione. Che è come dire che rispetto alla vita esasperata la proposta è quella di vivere in una vita esasperante. O forse lo potrebbe essere se ad un certo punto, in una immersione visiva, in una visione che è altamente predittiva, non venisse fuori la voce. La voce nelle coniugazioni sperimentate in tanto passato, quando una gran parte della letteratura contemporanea cercava cosa si potesse fare della stessa. In verità ci viene alla mente Luciano Berio che ebbe come compagna di vita e di avventura musicale una vera star come Chaty Berberian che della sua voce sapeva fare di tanto e di bello. Stripsody ne è un facile esempio oppure l’Omaggio a Joyce di Berio. Ma siamo convinti che il nostro autore ha nella memoria tutto ciò, pertanto la sua opera la possiamo considerare come un vero omaggio ai tanti maestri che lo hanno preceduto. Esther Elisaberth Ripens incarna in sé tutto quel senso di profusa confusione che l’autore ha voluto narrare nella sua scrittura così esasperata. Certo ci viene un dubbio, se questa nuova generazione di compositori è così fortemente calata nella perenne ricerca di un possibile equilibrio, cosa potrà mai essere il futuro ?
Dal suo canto Timothy Cape è parossistico. Il suo Still Drowsky è ancora più tagliente dell’opera del suo collega. E’ quindi necessario trasbordare la sua forte espressione di rabbia in un contesto che possa essere oltre tutto. Una sorta di oltranzismo, una possibile idea di disperazione post atomica. A volte seguendo questo lavoro sembra di scorgere i rumori di Lovercraft, una ancestrale ricerca di terrore di una normale comunicazione giornaliera. Quasi la linea delle lettere, una sofferenza segnata, una sintesi di estraneazione. Erich Fromm parlava di estraneazione come attività alternativa alla vita sociale. Forse Cape con questo lavoro vuole mettere in evidenza il difficile mondo in cui viviamo. Le percussioni di Ars Ludi si confrontano con questo disagio, sono interpreti e attori allo stesso tempo, tirando in largo e lungo la presenza di un simbolico caffè e la sua macchina per farlo. Lo stesso la Ripens si strugge, si contorce, si caffeinizza letteralmente fino a diventare una sindone caffeinica come se fosse una antica martire. Per buona pace della memoria, tutto quello che ha provato a rappresentare Cape era pane quotidiano per il teatro degli anni settanta, bastava andare al Beat 72, o in uno dei ritrovi sia romani che milanesi per trovare tante rappresentazioni corporee con uso di voce a guisa di sperimentazione. Il tempo è certamente passato ma il prossimo caffè sarà probabilmente quello che un ipotetico astronauta proverà a prendere nella inesistente attrazione terrestre. Marte o Giove.

Marco Ranaldi

Ultima modifica il Venerdì, 07 Ottobre 2022 10:25

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