Stefano Bollani e Chucho Valdés
Piano a Piano. Da Cuba a Roma
Novanta minuti d'improvvisazione per una prima Europea unica
Stagione 2018/2019
Roma, Terme di Caracalla 22 luglio 2019
Vedendo il concerto di Bollani e Valdés alle Terme di Caracalla, chissà se Adorno avrebbe ancora detto che nel "nel jazz... ci si limita a ritoccare la musica leggera, i più vuoti prodotti dell'industria delle canzonette"? Il punto da affrontare in musica è fra un genere classico ed uno cosiddetto popolare. Bernstein sosteneva che vi sono composizioni precise che non ammettono interpretazioni di natura anarchica – quale il jazz – ed altre che, al contrario, consentono libertà ai limiti della riscrittura.
Assistendo al concerto di Bollani e Valdés, ci si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa di ben diverso dal semplice jazz. Musicisti ironici, dal rapido movimento, precisione nel tocco, leggerezza interpretativa, istrionismo ed eleganza, il loro spettacolo è stato un dialogo, un discorso condotto all'improvviso su ciò che l'uno e l'altro sanno di musica occidentale e latino-afro-cubana. Una rêverie personale con tinte che vagamente rammentano un'allegra arlecchinata.
Appena le luci calano sulla platea illuminando i pianoforti a coda al centro del palco, Valdés fa il suo ingresso accolto da applausi sinceri. Ha un passo lievemente claudicante, ma preciso. Si siede ed inizia a suonare prima un brano, poi un altro e poi ancora un altro. Il pubblico è in visibilio perché ne ammira l'estrema serenità con cui, di ottava in ottava con ampi intervalli, colora un motivo, una melodia, un movimento con un florilegio di note e accordi dal timbro vezzoso, brioso, spiritoso. Mentre suona, impassibile e distaccato rimane il suo corpo; braccia e mani sembrano slegate e procedere da sole. Valdés pare avere quel distacco ieratico, borghese e raffinato di Aaron Copland.
Poi è la volta di Stefano Bollani. Questo talentuoso musicista, dotato di una verve coinvolgente ed esilarante, quando siede al piano pare voler suonare con tutto il corpo. Man mano che le sue mani toccano i tasti ad incredibile velocità, piedi testa e torace si ribellano e vogliono anche loro realizzare quelle improvvisazioni così colorite, così ricche, così ben equilibrate. L'intesa tra Bollani e Valdés è perfetta. S'intendono a meraviglia. Se l'uno accenna un motivo, ecco l'altro proseguirlo e svilupparlo. Poi si cambia iniziando ad eseguire una melodia. E i due musicisti la interpretano sapendo colorirla come se davanti avessero scritta la partitura dell'esecuzione. In realtà è tutta improvvisazione. Ma che precisione! Che misura! Che equilibrio!
Bollani e Valdés, con questo concerto, hanno fatto compiere al jazz un passo ulteriore: non più semplice variazione esecutiva di canzonette – come sosteneva Adorno – bensì discorso cólto in grado d'esser sostenuto a patto che dietro vi sia solida conoscenza della musica classica e cosiddetta popolare.
Vedendoli suonare insieme forse anche Bernstein avrebbe rivisto la sua distinzione fra musica precisa e imprecisa. E a fine concerto, avrebbe applaudito questi due artisti con lo stesso entusiasmo dimostrato dal pubblico delle Terme di Caracalla.
Pierluigi Pietricola