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CIRCUS DON CHISCIOTTE - regia Antonio Latella

"Circus Don Chisciotte", regia Antonio Latella. Foto Ivan Nocera "Circus Don Chisciotte", regia Antonio Latella. Foto Ivan Nocera

di Ruggero Cappuccio
Regia di Antonio Latella
Interpreti: Marco Cacciola, Michelangelo Dalisi
Produzione: Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival- Fondazione Campania dei Festival
Teatro Mercadante di Napoli 13 e 14 giugno 2023

www.Sipario.it, 19 giugno 2023

Lo spazio scenico architettato da Antonio Latella per il Circus Don Chisciotte di Ruggero Cappuccio al Teatro Mercadante di Napoli è davvero suggestivo. Non c’è che dire. Il nostro regista di portata europea, originario di Castellammare di Stabia, con alle spalle una sfilza di Premi Ubu, ha fatto svuotare la sala del Teatro di tutte le sue poltrone e al loro posto vi ha impiantato 19 monitor e altrettante sedie occupate da 19 figuranti diversamente giovani, forse reperiti in qualche casa di riposo, più altre due postazioni per i due protagonisti dello spettacolo, Michelangelo Dalisi e Marco Cacciola, nei panni rispettivamente di Michele Cervante e Salvo Panza, agghindati alla stessa maniera con giubbotti di pelle e pantaloni beige, quasi un doppio di quei personaggi al centro del Don Chisciotte della Mancia, uno dei più visionari romanzi della letteratura d’ogni tempo. Credo sia un lavoro molto amato da Cappuccio, rappresentato la prima volta nel 2011 con Roberto Herlitzka e Lello Arena protagonisti, poi sette anni dopo con lo stesso Cappuccio in scena e adesso nel 2023 all’interno della 16ª edizione del Campania Teatro Festival. Evidentemente perché in questo suo lavoro, Cappuccio esprime la sua weltanschauung, la sua filosofia incentrata sul linguaggio, sulla lingua composta da tutte le lettere dell’alfabeto: quasi come quei tre pensatori della Scuola di Mileto capitanati da Talete e dai suoi allievi Anassimene e Anassimandro che identificavano nell’acqua, nell’aria e nell’apeiron (ovvero qualcosa d’indefinito) una diversa cosmologia, senza rifiutarne alcuna, quale origine di tutte le cose. Ciò che affascina dello spettacolo, a parte la bravura dei due protagonisti, è vedere la sala al buio, illuminata solo dai monitor che ricevono l’input da un grande schermo rettangolare, posizionato in alto della ribalta vuota del teatro e leggere nomi di scrittori, scienziati e filosofi, con i titoli delle rispettive opere e pensare velocemente se li conosci e se hai letto i loro libri. Il pubblico, come si può capire, è sistemato nelle cinque file di palchi del Teatro e vede dall’alto ciò che succede in quella sala, dove a parlare/recitare sono solo i due attori, senza che mai i 19 figuranti emettano verbo, seduti immobili sulle sedie, assorti a guardare quegli schermi come degli automi. Ma di cosa parla l’idalgo Cervante con quel somaro di Pancia? Naturalmente di letteratura, di cultura tout court, come se il suo roboante cognome lo investisse d’una personale mission per lottare contro il processo di disumanizzazione del mondo. Eccolo dunque nel suo peregrinare notturno incontrare un poveraccio qualunque, un clochard quasi che ha dilapidato ogni cosa, fuori dalla società civile, cui gli appioppa il nome di Salvo Panza. Non mancando di insignirlo come suo scudiero, combattere - senza elmo e corazza, non più in sella del suo Ronzinante e lancia in resta - contro i mulini a vento dell’ignoranza, col pensiero rivolto alla sua Dulcinea e a tutti i bifolchi dell’umanità.  A tratti i due sembrano i protagonisti del Nipote di Rameau di Diderot, ma anche quei personaggi sbucati fuori da quel Gioco di perle di vetro di Herman Hesse, non disdegnando di appartenere a quell’Officina di letteratura potenziale (meglio nota come OuLiPo) dove un tale George Perec si concesse il lusso di scrivere un romanzo, titolato La disparition  (La scomparsa) in cui non compare mai la vocale “e”. Qui, in questo Circus Don Chisciotte, Latella è in sintonia con Cappuccio, convinti entrambi che ogni lettera dell’alfabeto è una tappa della nostra vita, in grado poi di farci viaggiare per spazi e universi neuronali, fornirci una felicità nuova e rinnovata solo mettendo nella giusta sequenza le parole, essere illuminati con quei fasci di luci colorate in chiusura di spettacolo, come se tutti fossimo all’interno del Circius Don Chischiotte. avere la sensazione che il tempo non esiste e che è stato soltanto un modo degli antichi saggi per farci capire che siamo solo degli esseri umani che nascono vivono e muoiono. 

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 27 Giugno 2023 17:26

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