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VILLA DOLOROSA, TRE COMPLEANNI FALLITI - regia Roberto Rustioni

"Villa Dolorosa", regia Roberto Rustioni. Foto Manuela Giusto "Villa Dolorosa", regia Roberto Rustioni. Foto Manuela Giusto

Regia di Roberto Rustioni
Testo di Rebekka Kricheldorf

traduzione di Alessandra Griffoni
, adattamento di Roberto Rustioni

con Federica Santoro, Emilia Scarpati Fanetti, Roberto Rustioni, Eva Cambiale,
Carolina Cametti, Gabriele Portoghese
Produzione Fattore K. in collaborazione con Associazione Olinda Onlus e Cadmo/Le Vie dei Festival
Roma, Teatro Vascello dal 5 al 13 ottobre 2015

www.Sipario.it, 3 novembre 2015
Senza trama né finale: attualità di Cechov nella rilettura contemporanea di una giovane drammaturga tedesca.

"Nella vita la gente non si spara, non si impicca, non fa dichiarazioni d'amore ogni momento. Né si dicono a ogni momento cose intelligenti. La gente per lo più beve, mangia, fa la corte, dice sciocchezze. Dunque bisogna che tutto questo si veda sulla scena. Bisogna fare una commedia dove la gente venga, vada via, mangi, parli del tempo, giochi a carte. Ma non perché questo serve all'autore, ma perché così avviene nella vita reale".
Anton Checov

Ha debuttato sulla scena romana per le Vie dei Festival a Ottobre al Teatro Vascello, per proseguire in tournèe, prossima tappa a Milano, al Teatro Franco Parenti. Si tratta di "Villa Dolorosa", uno spettacolo che è un gioco di sguardi: quello della giovane drammaturga tedesca Rebekka Kricheldorf che incrocia lo sguardo di Cechov. Ispirato al capolavoro "Tre sorelle" dell'autore russo, il dramma della Kricheldorf è ambientato in una Germania contemporanea, all'interno di una villa un po' fatiscente, abitata da una strana famiglia, dove si svolge una festa di compleanno. Cambiano le regole del gioco fra i protagonisti, ma l'obiettivo è sempre lo stesso: afferrare il senso dell'esistenza, sentirsi padroni del tempo. La ricerca della felicità è l'utopia inseguita dai personaggi di Tre sorelle, come da quelli speculari di Villa dolorosa. Anche in Villa Dolorosa si riprende il pensiero forte e necessario sul tempo, così com'era in Cechov. Anche qui le tre sorelle, e il fratello di Villa Dolorosa, aspirano alla felicità, ma quando il destino li mette alla prova facendoli incontrare con chi questa felicità potrebbe concretizzarla, una sorta di paralisi spirituale rende impossibile questa concretizzazione. E' un po' come se temessero il cambiamento, volessero negare il tempo scorre, inesorabile e fuori dal loro controllo. Così un po' per paura un po' per pigrizia, rimangono confinati nei loro stessi sogni. Così, restano pavidamente aggrappati alle loro fragili sicurezze, come le feste di compleanno puntualmente organizzate da Irina, la più giovane delle sorelle, le responsabilità frustranti di Olga, insegnante pentita, il matrimonio di convenienza di Masha, che ne paralizza le aspirazioni, il sogno nel cassetto di Andrej di diventare un grande scrittore. Ognuno, a suo modo, cerca di mascherare il disagio verso una realtà che dovrebbe affrontare, al posto di quella immaginata e sognata. È la storia di un vuoto esistenziale, dove i desideri più intensi dei personaggi non si concretizzano in atti di volontà e le azioni non corrispondono alla veemenza dei desideri.
Nella vicenda di "Villa Dolorosa", tre sorelle e un fratello hanno ricevuto dei nomi russi dai loro genitori facoltosi, intellettuali e radical/chic. La coppia, tragicamente scomparsa qualche anno prima in un incidente, lascia in dote a Olga, Masha, Irina e Andrej una casa che va letteralmente in rovina, in cui si consumano, nell'arco di tre anni, altrettante feste di compleanno. In realtà le feste di Irina sono dei veri e propri fallimenti che si dipanano tra litigi furibondi, regali sbagliati, amori falliti e fiumi di alcool. Ci si interroga sulla felicità, sul lavoro, sull'amore, sul futuro dell'umanità, si balla poco e si parla molto, si cita Schopenhauer e si raccontano barzellette, si ingurgitano sonniferi contenenti morfina, e ci si arrabbia con veemenza per argomenti futili. Si delinea con precisione l'atmosfera tragicomica, cara a Cechov, dove si alternano elementi malinconici e drammatici, a situazioni paradossali ai limiti del grottesco.
A sconvolgere la monotonia delle vite dei protagonisti a un certo punto irrompe Georg, interpretato dallo stesso regista della pièce, una sorta di "guastatore" che dall'esterno porta un afflato di novità, un'istigazione al cambiamento. Ma l'opportunità che la vita presenta ai fratelli, rappresentata da Georg, che si innamora di Masha e tenta di farla reagire, proponendole scelte che potrebbero renderla finalmente felice, cade nel vuoto. Dopo aver fomentato dubbi, riflessioni, domande nelle tre sorelle e in Andrej, Georg dovrà arrendersi davanti alla paralisi degli amici, e si allontanerà per sempre dalla villa e dalle loro vite. Al di là degli arrovellamenti esistenziali dei protagonisti, del tentativo di suicidio di Masha, degli inesorabili fallimenti delle feste di compleanno di Irina, del deludente matrimonio di Andrej con la volgare e volitiva Janine, "Villa Dolorosa" è anche inaspettatamente divertente. Malgrado il titolo ingannevole, è un testo che la raffinata e acuta visione registica di Roberto Rustioni ha saputo valorizzare al meglio, evidenziandone l'ironia e l'attualità delle tematiche, con soluzioni drammatiche illuminate. Una squadra di attori affiatati e credibili nei vari ruoli fa di Villa Dolorosa uno degli spettacoli più interessanti della stagione: Federica Santoro, Eva Cambiale, Carolina Cametti, Emilia Scarpati Fanetti, e il talentuoso Gabriele Portoghese.
"L'oscillazione tra malinconia e ilarità, felicità e infelicità, fa di quest'opera lo specchio della condizione umana: l'opera ispiratrice, Tre Sorelle, è una grande dissertazione sul tema della felicità sospesa tra ilarità e angoscia. "Villa Dolorosa" di Rebekka Kricheldorf mi è parso, fin dalla prima lettura, un testo significativo e "necessario". Ci sono autori e artisti che ti comunicano più di altri, che ti risuonano dentro da sempre, per me è Cechov. Quando Fabulamundi mi ha proposto una serie di opere da vagliare, non ho avuto esitazioni rispetto a "Villa Dolorosa", ci ha raccontato il regista.
L'umanità di Cechov è complessa, non esiste il bianco o il nero, ma il grigio, la sfumatura, la contraddizione, in una visione dell'uomo e del reale assolutamente contemporanea, delineata dalla scrittura della giovane autrice tedesca che qui risulta concretamente in perfetta armonia con la poetica cechoviana.
Le tensioni e le dinamiche familiari presenti in Cechov vengo riproposte dalla Kricherldorf in maniera altrettanto sottile, fino a raggiungere il culmine nella scena finale, che ci illustra l'eterna difficoltà a rapportarsi al Mondo, a ciò che è esterno, altro da noi, in perenne e inesorabile tensione. Alla fine la sfida resta aperta, non c'è una soluzione. La Kricheldorf, come Cechov, istiga alla riflessione, alla domanda, non da risposte. Ma questo in fondo è lo scopo dell'arte.

"Non inventare sofferenze che non hai provato, non descrivere personaggi che non hai veduto, perché in un racconto la menzogna infastidisce più che in una conversazione" (A. Cechov)

Alma Daddario

Ultima modifica il Mercoledì, 04 Novembre 2015 10:20

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