di Marco Ferro e Valeria Sacco
con Valeria Sacco
regia di Marco Ferro
luci Andrea Narese
sound design Stefano De Ponti
musiche originali Luca Mauceri, Stefano De Ponti, Eleonora Pellegrini
consulenza tecnica Sergio Bernasani
Produzione Riserva Canini
Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, Torino, 6 ottobre 2022
Ci sono spettacoli che conquistano ed appagano anche senza che in cinquanta minuti venga pronunciata una parola: Talita Kum di Riserva Canini, in scena per Incanti. Rassegna Internazionale di teatro di Figura, appartiene a questa ristretta élite, manifesto di un teatro tanto silenzioso nelle parole quanto in grado di urlare con prepotenza in scena attraverso il suo potere immaginifico. Roberto Canavesi
Si parte con il teatro di ombre dietro un velo da cui emerge ben presto una figura maschile incappucciata destinata a sdoppiarsi nel suo alter ego femminile, sorta di inquietante bambola con la sua metà a condividere il medesimo corpo: come gemelli siamesi uniti per parte della vita, il man in black e la woman in red si muovono all’unisono, disegnano figure nello spazio, compiono piccoli gesti, si impegnano in una danza alla fine della quale la donna perderà le gambe per “magicamente” acquisire un corpo fatto e compiuto. Ma attenzione, non ci troviamo nel teatro di magia, semmai in un teatro di figura che strizza l’occhio ai sogni, e forse agli incubi. L’uomo-marionetta si rivela entità inconsistente e la donna, la bravissima Valeria Sacco, il solo e unico motore di un percorso onirico che, senza scomodare la tematica del doppio tanta cara alla storia del teatro, ribalta alla fine le carte in tavola regalando un epilogo tanto emozionante quanto, almeno per noi, inaspettato.
Spettacolo di lungo corso, Talita Kum è interessante operazione che affida allo spettatore, ed al suo sguardo sempre indeciso, il compito di assoluto protagonista: chi tra l’uomo e la donna, è persona in carne ed ossa e chi invece marionetta pilotata dall’altrui volontà? Ed ancora, chi dei due è la vittima e chi il carnefice nell’immaginario gioco di ruolo che vede marionetta e guida agire in perfetta e spiazzante simbiosi? Un dilemma che accompagna per tutta la durata di un racconto a tratti delicato sogno, a tratti inquietante incubo, ambientato in un non luogo, assai prossimo all’inconscio umano di freudiana memoria, che l’eterogeneo pubblico torinese di Incanti mostra di gradire ripagando la protagonista con lunghi e meritati applausi.