VALERIO MASTANDREA
MIGLIORE
scritto e diretto da Mattia Torre
Produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
Roma – Teatro Ambra Jovinelli dal 15 gennaio al 4 febbraio 2025
Se Mattia Torre fosse tra noi, gli chiederei: quanto hai tenuto presente, ribaltandolo, il personaggio di Ugo Fantozzi per scrivere il tuo Migliore? Le vicende raccontate in questo spettacolo, in scena – forse per l’ultima volta e poi mai più – all’Ambra Jovinelli con un eccezionale Valerio Mastandrea, che vedono protagonista Alfredo: un uomo remissivo, buono, sempre disposto ad aiutare gli altri e a non dire mai di no per carattere e buon gusto, ricevendo in cambio tutto lo schifo che l’umanità è in grado di offrire, in qualche modo ricordano le disavventure e i presupposti caratteriali del personaggio di Paolo Villaggio. Con qualche opportuna differenza. Alfredo non è, in privato, un uomo schifoso. Fantozzi sì. La disponibilità del personaggio raccontato da Torre non deriva da una ipocrisia di fondo, o da una sua incapacità nell’intrattenere rapporti umani nel giusto modo (secondo gli schemi comportamentali voluti dall’attuale società). La maschera creata da Villaggio, al contrario, è il prototipo della vigliaccheria, tanto che nel privato sfoga i suoi malumori nel modo più ignobile contro la moglie e la figlia. In comune, Alfredo e Fantozzi hanno il loro difficile rapporto col mondo del lavoro, costellato in entrambi i casi di superiori parassiti, colleghi falsi come non mai, situazioni ridicole e perbeniste ai quali entrambi non si sottraggono per paura di venire emarginati e sentirsi ancora più esclusi da un certo contesto sociale. Ma – ed ecco lo scatto creativo compiuto da Torre rispetto a Villaggio – a un certo punto avviene un colpo di scena. In seguito a un incidente involontario (di cui non sveliamo nulla altrimenti non vi è ragione per andare a vedere lo spettacolo) del quale sarà nuovamente vittima, Alfredo decide di cambiare comportamento. Non ne può più di essere buono, accomodante, disponibile, comprensivo con tutti, anche con gli operatori della nettezza urbana che ogni mattino, da vent’anni, alle 7:30 citofonano solo a lui per farsi aprire il cancello e raccogliere l’immondizia. Se essere buoni in un mondo crudele e approfittatore non paga, perché si è incompresi e – peggio ancora – ritenuti cretini, tanto vale diventare balordi, spudorati, prepotenti come gli altri. E Alfredo così si trasforma, diventando migliore. Ma rispetto a chi e a cosa? È la domanda che Torre ci rivolge e alla quale prima o poi dovremmo rispondere, se avessimo il coraggio di una severa autocritica. Su di una scena essenziale, fatta di luci e ombre che rispecchiano le sfumature tanto del personaggio che delle situazioni raccontate, Mastandrea dà vita a un’interpretazione eccezionale. Ironica e mai del tutto comica, caratterizzando con toni di voci differenti i tanti personaggi che via via hanno a che fare con Alfredo. Il quale, tratteggiato all’inizio con voce e mimica dimesse, diviene nella recitazione aggressivo, determinato, ma mai violento. Come a dire: fingo di essere ciò che gli altri vogliono che io sia. Una chiave interpretativa davvero vincente. Pierluigi Pietricola