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MATRIOSKA - regia Giampiero Rappa

"Matrioska", regia Giampiero Rappa "Matrioska", regia Giampiero Rappa

regia GIAMPIERO RAPPA
assistenti alla regia SAVERIO BARBIERO e MICHELA NICOLAI
disegno luci DANIELE MANENTI
costumi ELEONORA BRUNO
grafica FABIO REA
produzione: OTI- OFFICINE DEL TEATRO ITALIANO
da un progetto di STAP Brancaccio Accademia di Teatro e Arti Performative
Autori ed interpreti
SAVERIO BARBIERO, CLAUDIO CAMMISA, RAFFAELE ELMETTO, MATTEO ESPOSITO, ALBERTO GANDOLFO, MICHELA NICOLAI, CAMILLA PAOLETTI, FABIANA PESCE, GIACINTA PITTALUGA, FLAVIA PRUGNOLA, DILETTA RONGA, MARTA SAVOIA
Spazio Diamante di Roma 7 ottobre 2022

www.Sipario.it, 10 ottobre 2022

Una “matrioska” (dal latino matrona) è una caratteristica bambola di legno, diffusa nei territori russi come giocattolo o soprammobile, secondo la definizione offerta dal dizionario Treccani. L’ambiziosa promessa di coerenza avanzata dal titolo di questa tragedia popolare, però, è mantenuta più nel suo complesso strutturale e ideale, che nell’azione scenica, tenuta in piedi, piuttosto, dal personaggio di Alfio (interpretato con bravura da Alberto Gandolfo), attorno al quale si disvela una concatenazione di “matrone”, che di fatto rappresentano la sua “familia”. Diversamente da quanto suggerito dal titolo e dalla locandina, che accoglie per il mese di ottobre il pubblico dello Spazio Diamante di Roma, la presenza femminile è relegata a una sensualità di maniera e a volte impacciata. Il vero protagonista è, infatti, un uomo, un pater familias dentro e fuori casa, vittima e colpevole di una fiumana spietata, irriverente e violenta, che divora affetti, sesso, carriera e la salute del protagonista. Come un moderno “compare Turiddu”, Alfio rimane da solo in un mondo in fuga, incapace di comunicazione, intrappolato nel vizio e nella facile banalità del male. Abitato da matrioske incapaci di sentimenti totalmente puri e incondizionati, fredde, legnose e usurate come bamboline interscambiabili, lo spettacolo trova la sua tempra espressiva soprattutto in loro assenza. In questo senso, anche la drammaturgia è eloquente nell’espressione (non è chiaro quanto ricercata) di un vertiginoso squilibrio. Per i ruoli e le prospettive maschili il testo mostra notevole spessore drammaturgico, nonché profonda maturità nella definizione della psicologia dei personaggi, lasciando, invece, il femminile in un banalizzante angolo di esposizione spoglio, internazionale e sexy. In un abile gioco di incastri, le storie proposte si districano e mescolano in una pur disomogenea alternanza di un lirismo ancora ingenuo ma di un’arguzia umoristica di rara intelligenza e ben restituita. L’obiettivo della messa in scena è raggiunto e il messaggio piacevolmente veicolato per lo spettatore. Lo sguardo indignato della nostra generazione raggiunge il pubblico con la fresca franchezza della tragedia, una catarsi da night club capace di suscitare empatia e commozione. Tuttavia, la restituzione sulla scena manca ancora di coraggio. Lo spettacolo è nato nel contesto di un progetto didattico, in cui gli autori e gli interpreti sono promettenti ex allievi della Stap Brancaccio, ma non ha ancora trovato la sua via di affrancamento dall’accademia. Scomponibile e versatile come la sua scenografia, poliglotta sia nell’interpretazione che nella ricchezza di linguaggi scenici adottati, si tratta di una macchina teatrale che a tratti rischia di perdersi nella complessità esasperata del suo stesso meccanismo. Le donne vorrebbero essere il motore dell’azione, promettono di esserne le commoventi protagoniste, ma rimangono semplici matrioske, bei soprammobili, abbandonate nella finzione e sulla scena.

Serena Spanò

Ultima modifica il Lunedì, 10 Ottobre 2022 18:20

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