Con Michele Placido e Alvia Reale
di Arthur Miller
traduzione Masolino D’Amico
con Fabio Mascagni, Michele Venitucci
con la partecipazione di Duccio Camerini nel ruolo di Charley
e con Stefano Quatrtosi, Beniamino Zannoni, Paolo Gattini, Caterina Paolinelli, Margherita Mannino, Gianluca Pantosti, Eleonora Panizzo
scene Andrea Belli
costumi Silvia Aymonino
disegno luci Alessandro Verazzi
musiche Daniele D’Angelo
regia Leo Muscato
Produzione - Goldenart Production in coproduzione con Teatro Stabile del Veneto e Teatro Stabile Bolzano
Stagione 2021-2022
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 22 febbraio al 6 marzo 2022
A lettura il protagonista di Morte di un commesso viaggiatore viene facile immaginarlo come persona aggressiva, che deve imporre se stessa a dispetto di tutto e tutti. Willy Loman è un uomo che deve farsi strada in un campo – quello del commercio per rappresentanza – dove vige la durissima legge della concorrenza. Un cliente perso o mancato, equivale a somme di denaro in meno sullo stipendio. Per non parlare della conseguente sconsiderazione da parte dei superiori. Da qui l’essere presente sempre e comunque su tutti i fronti, in una realtà dove vita e lavoro si assottigliano finendo per confondersi. Il capolavoro di Arthur Miller lascia intravedere quel mondo in cui Marx presagiva, da parte del capitale, la sussunzione del reale fino a raggiungere la scomparsa di quest’ultimo. Così tutto si travisa, iniziando dal modo con cui si vive la casa: da luogo dolce e protettivo a fonte di debiti e schiavitù. Il rapporto coi figli è improntato a trasmettere l’esempio di un archetipo maschile che deve sempre vincere, che deve “stendere” chiunque capiti loro davanti: perché nella vita, se si vuol ottenere qualcosa, è necessario mordere, picchiare. Da questa lettura, l’opera di Miller appare essere la metafora più appropriata del nostro tempo, permeato in modo nauseabondo da una mentalità neoliberista che tutto depaupera e rende asfittico.
Nella regia di Leo Muscato, con un bravissimo, eccezionale e raffinato Michele Placido nei panni di Willy Loman, Morte di un commesso viaggiatore (in scena al Quirino), avvalendosi della bellissima traduzione di Masolino D’Amico, tutta la vicenda è come sospesa fra due tempi: un passato e un presente che insieme convivono e si separano al contempo. E questo avviene solo ed esclusivamente nella mente del protagonista. Ciò che risponde in pieno all’intenzione originaria di Miller, che avrebbe voluto intitolare la pièce The Inside of His Head.
Muscato imposta la regia eliminando ogni tono di aggressività. In tal modo, Willy appare un uomo pieno di rimpianti, pronto ad ammettere a se stesso il suo fallimento ma a negarlo di fronte agli altri; impotente ma al contempo dolce, quasi somigliando a un cucciolo indifeso, quando il figlio Biff gli mostra indifferenza e disprezzo invece che affetto. Tale coesistenza di sentimenti opposti, Placido la impersona con una recitazione raffinatissima che tutto fa apparire in perfetta soluzione di continuità: gl’impeti di rabbia sono resi con una voce alta ma quasi strozzata sul nascere; i moti di pianto e afflizione con occhi bassi che guardano a terra, il capo che ciondola come se la mente fosse alla ricerca di una realtà meno amara di quella di cui ha preso coscienza. Quando Willy ricorda il suo passato, Placido non lo interpreta ricorrendo alla chiave del delirio, ma a quella del rimpianto di pari passo alla dolcezza. Tutto, così, è più umano, a dispetto d’un mondo crudele e spietato.
Bravissimi Fabio Mascagni (Biff) e Michele Venitucci (Happy): figli umani e disumani, amorevoli e crudeli.
Pierluigi Pietricola