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DODICESIMA NOTTE (LA) - regia Leo Muscato

"La dodicesima notte", regia Leo Muscato. Foto Clarissa Lapolla "La dodicesima notte", regia Leo Muscato. Foto Clarissa Lapolla

di William Shakespeare
con (in o.a.) Elena Aimone, Matteo Alì, Marta Cortellazzo Wiel, Fabrizio Costella, Alfonso De Vreese, Giordana Faggiano, Stefano Guerrieri, Celeste Gugliandolo, Mauro Parrinello, Martina Sammarco, Michele Schiano Di Cola, Valentina Spaletta Tavella, Alice Spisa
regia Leo Muscato
scene Andrea Belli
costumi Giovanna Fiorentini
luci Alessandro Verazzi
suono Andrea Chenna
assistente regia Marialuisa Bafunno
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
PRATO INGLESE
SERE D’ESTATE AL TEATRO CARIGNANO 6 luglio 2023
PRIMA NAZIONALE

www.Sipario.it, 7 luglio 2023

Esistono tante “corde” nel teatro di Shakespeare, quella tragica, quella storica, quella comica, quella visionaria, il più delle volte mischiate tra loro. Accade così che in drammi sanguinari come l’Amleto si inseriscano scene esilaranti come quella dei becchini o che nell’onirica Tempesta si celi una concreta riflessione sulla brama di potere e sull’importanza del perdono. La dodicesima notte, a differenza di altre opere di Shakespeare, esula da grandi contaminazioni e verosimilmente anche da ogni intento drammatico o riflessivo. È un vero e proprio compendio di comicità calato in una dimensione fantastica. Vi si ritrovano quasi tutte le categorie del comico, che il bardo attinse certamente a piene mani dal teatro classico e ancor più dalla scuola italiana, in particolare dalla commedia dell’arte, destreggiandole con un’abilità che ancora oggi sorprende. Il comico è nel ritmo, nella parola, sul cui uso Shakespeare è indiscusso maestro, ma in questo caso è soprattutto nei caratteri e nella situazione: Viola si finge uomo per avvicinare il duca Orsino di cui subisce il fascino (travestimento); Orsino, credendola uomo, la invia in qualità di portavoce dalla donna che ama non ricambiato (scambio di personaggi); Olivia se ne innamora (malinteso); Olivia rincorre Viola, che è disperata, mentre Antonio insegue il ritroso Sebastian, di cui si è invaghito dopo averlo salvato da un naufragio (inseguimenti e fughe). Il tutto, condito dalle implacabili ed esilaranti beffe orchestrate da un malconcio e improbabile quartetto di personaggi (un approfittatore ubriacone, il suo fedele assistente, una servetta astuta e un ricco e sciocco signore da questi eternamente gabbato), avviene sotto lo sguardo di un bizzarro e inquietante buffone, Feste, che ricorda un po’ Puck del Sogno di una notte di mezza estate, un po’ Caliban della Tempesta. Sulla carta si tratta dunque di una commedia giocosa dalle grandi potenzialità, ci vuole tuttavia un’abile regia e una compagnia di bravi attori e attrici per sortirne l’effetto sperato. A questo proposito, l’operazione di Leo Muscato, premiata da lunghi e calorosi applausi, può dirsi riuscitissima. Alice Spisa, nei panni di Feste, è travolgente, estremamente versatile e dalla forte carica espressiva, alterna movenze e timbri vocali sgraziati, selvaggi, a sonorità e canti soavi. Attrici e attori, divertenti, abilissimi nella gestione dello spazio scenico e dei tempi comici, sono tutti davvero bravissimi.

L’elemento fantastico (a seguito di un naufragio, la vicenda si svolge su una misteriosa isola dell’Illiria), che oltre a quello comico caratterizza il testo, è restituito dall’incantevole allestimento scenografico. Il Teatro Carignano è stato trasformato in un finto prato inglese: finto il tappeto verde che scorre sul palco, nel foyer e in platea, finta l’edera che scende dal soffitto e avvolge l’intera scena. La finzione è palese. Spazio alla fantasia, ma anche alla contaminazione, nella scelta dei costumi: alcuni elementi alludono allo stile elisabettiano (come la gorgiera di Olivia), altri si ispirano a modelli contemporanei (come le vestaglie, i cappellini e gli occhiali da rapper di Sir Toby e di Fabian).

Infine, ad arricchire e in un certo modo dirigere lo spettacolo contribuisce la presenza di Celeste Gugliandolo, cantante e polistrumentista che, alternandosi tra violoncello, pianoforte, armonica, voce e tamburello, introduce, osserva e commenta quanto accade sul palco. La sua postazione ai bordi del palco, simmetrica e complementare a quella del buffone, la rende come quest’ultimo una figura contemporaneamente sia dentro sia fuori la scena, un ponte inconsueto ma possibile tra realtà e finzione.

Francesca Maria Rizzotti

Ultima modifica il Sabato, 22 Luglio 2023 10:24

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