di Diego Dalla Palma
con Diego Dalla Palma, Vera Dragone e la partecipazione straordinaria di Martina Colombari (19/10), Luciana Savignano (20/10) e Cecilia Gasdia (21/10)
costumi Diego Dalla Palma e Laura Milan
musiche dal vivo di Cesare Picco
violoncello Livia De Romanis
multivisioni Francesco Lopergolo
regia e progetto scenico Ferdinando Ceriani
produzione Enfi Teatro e Teatro Ghione di Roma
76.mo Ciclo di Spettacoli Classici
Vicenza, Teatro Olimpico, 19, 20, 21 ottobre 2023 PRIMA NAZIONALE
Bellezza è parola a tutto tondo ma misteriosa, che può all’infinito trovare e offrire sfumature di ogni tipo, a piacimento e intendimento personale. E’ tutto, o poco, niente, a seconda di come la si intende e di come la si vive e la si vede. E in questa curiosa rappresentazione, uno scavo nel profondo del vissuto dell’autore e interprete, Diego Dalla Palma, a dispetto stretto della prima parola del titolo non si affronta beltà fisica e trucchi per curarla, bensì quella bellezza che si può avere dentro. Parlando dell’adorata mamma, un rapporto strettissimo che potrebbe forse riassumersi in un titolo di un suo libro, Accarezzami madre, ma che ha qui l’occasione per potersi spingere più in là e analizzare teatralmente, pelle a pelle, ricordi, sensazioni emotive, barlumi di dolcezza e di povertà vissuti con enorme dignità che all’autore hanno insegnato certamente molto. Che fanno di lui, oggi, uomo maturo, saggio, adorevole persona. Quindi, Bellezza imperfetta, grazie a dei sogni – visioni che Dalla Palma racconta fin dall’inizio non senza emozione si sviluppa forte e di pregna essenza, grazie anche alla generosità, oltre che di Dalla Palma, di un’attrice come Vera Dragone, tra canzoni e citazioni. E’ il mondo del protagonista, quasi un testamento riassuntivo, un riconoscere se stesso ora, fino in fondo, attraverso quel rapporto coi genitori così presente, pronti a condividere le scelte del figlio. Davanti a un teatro esaurito in ogni ordine di posti, che al termine tributa caldi e pieni applausi, Dalla Palma costruisce un excursus della bellezza interiore con un tono colloquiale, amichevole. E’ un soliloquio con contorno, sei temi e altrettante canzoni (ottimamente interpretate, anche queste, da Vera Dragone , con una voce calda, sicura) che indagano rapporti, persone, amori e disavventure. Dove non manca, ed è uno dei momenti più emozionanti, il ricordo nel collegio, gli abusi, il perdono. Non è un viaggio di specchi, aveva annunciato lo stesso protagonista all’inizio, non è un luccichio che riguarda lo spettacolo in senso stretto, le luci, il successo. Dalla Palma ben scava su cosa voglia dire coraggio, diversità, dolore, consapevolezza e ancora disciplina e destino, tutte parole messe in atto in una vita, tutti insegnamenti ricevuti, grazie anche all’ascolto dei sentimenti. Gli ingredienti sono tanti, sono gli anni, una vita: le canzoni ascoltate con la madre, Demis Roussos e Amalia Rodriguez, le visite ai parenti, la stessa civiltà contadina, vacche, piogge e prati, la malattia e la corsa in ospedale, il non poter addirittura esser mai nato declinato invece in uno sberleffo vincente, la forza della vita, appunto. Un contenitore di ricordi, insomma, un baule dal quale tirar fuori in una sorta di autoanalisi tutto se stesso o quasi, dove il perdono è bellezza, e la diventa. Dove anche il portamento risulta fondamentale, come la disciplina, e la stessa fine, la morte, può saper regalare quella bellezza, basta saperla cogliere. Certo Diego Dalla Palma non è un attore, e lo sa molto bene, ma tutto si incunea in un’intensissima performance, che scuote. Sapientemente dosata è anche la scelta delle musiche di Cesare Picco, suonate delicatamente da Livia De Romanis, e dei costumi, dello stesso interprete e di Laura Milan. Al termine esce Martina Colombari, alla prima rappresentazione, legge una lettera, un tributo sincero, una maturità. Ciao mare, ciao madre in dialetto veneto, ed è atmosfera lilla, colpo al cuore, identificazione, rossetto vivo sulle labbra e lacrime di emozione, ricordo, gioia e dolore, dolore e gioia. E perdono, ancora. Francesco Bettin