LA LEGGE DEL TOAST
di Angela Villa
Dedicato ad una giovane operaia del quartiere Tamburi di Taranto.
Il sacchetto della spazzatura nella mano sinistra, il curriculum fra l’indice e il pollice della mano destra, sottobraccio borsa e ombrello, forse pioverà, le chiavi della macchina in bocca... la porta di casa si può chiudere benissimo con la punta del piede...zac! Che abilità, no! Ho lasciato le chiavi di casa dietro la porta.
Non mi perdo d’animo, scavalco il cancello del cortile, mi arrampico, il vicino mi vede, mi sorride, saluta, non è la prima volta che mi vede scavalcare, entro in casa, recupero le chiavi, chiudo la porta e mi precipito al colloquio di lavoro.
Voglio cambiare lavoro, cambiare quartiere, basta col vento, basta con la polvere. La tipa del colloquio mi vede, mi squadra dalla testa ai piedi, quando vieni da certe zone, si vede subito: il quartiere, te lo porti in faccia e pure dentro, insieme alla tosse.
Mostro il cv lei mi guarda allibita, faccio lo stesso sguardo anche io, per far vedere che siamo in sintonia.
- COME MAI NON È IN CHIAVETTA? ...
Non ho pensato a metterlo in chiavetta, l’ho stampato con una bella copertina rossa, rosso è il colore che preferisco, come i papaveri, mio padre quando tornava dal lavoro coglieva sempre un piccolo mazzolino di papaveri lungo la strada, la mamma sorrideva e li metteva in un vasetto poi si è ammalato, faceva fatica a chinarsi, non li ha più portati...
- ALLORA? HA GIÀ FATTO ESPERIENZA IN QUESTO SETTORE?
-NO
Mostro tutte e mie precedenti esperienze: badante dalla zia, aiuto parrucchiera nel negozio dell’amica, telefonista al call center, aiuto infermiera dal dentista, amico del mio ex, che tra l’altro mi ha licenziato non appena il suo amico mi ha lasciato, sfiga doppia direi... e poi c’è la fabbrica.
-LAUREE? MASTER? Comincio a innervosirmi...
- MA PERCHÉ PER FARE LE PULIZIE IN UN UFFICIO CI VUOLE ANCHE LA LAUREA E IL MASTER?
-NO, MA CE NE SONO TANTE PRIMA DI LEI, AVERE UN MASTER AIUTA IN GRADUATORIA.
Sono sfinita mi sudano le mani non per l’emozione, perché vorrei picchiarla, respiro, mi calmo, guardo la foto alle sue spalle, c’è lei sdraiata al sole dietro un mare turistico, a cinque stelle, al mio paese il mare c’è ma per noi non esiste...pensiamo solo alla fabbrica e ci siamo dimenticati del mare.
-ALLORA? È DISPOSTA A FARE I TURNI? NON SI PREOCCUPI QUESTO COLLOQUIO STA ANDANDO BENE, MOLTO BENE E SA PERCHÉ? LEI MI SEMBRA UNA PERSONA REMISSIVA, ABBIAMO BISOGNO DI PERSONE COME LEI, CAPISCE? PERSONE CHE DICONO SEMPRE SÌ CHE NON CREANO PROBLEMI ALL’AZIENDA...CAPISCE?
CAPISCO...
- ALLORA PUÒ COMINCIARE ANCHE STANOTTE OTTO ORE AL GIORNO SENZA CONTRATTO, COSÌ È LA VITA O PREFERISCE RESTARE IN FABBRICA? DEVE SCEGLIERE FRA NOI E LA FABBRICA...
MA SCUSI, CHE SCELTA È? MA CHE SCELTA È?
-BEH, FRA IL PEGGIO E IL MENO PEGGIO... ALLORA, PREFERISCE RESTARE IN FABBRICA?
La guardo, le mani sempre più sudate... poi grido, grido forte, fortissimo.
PREFERIREI DI NO Preferirei una vita diversa, preferirei un lavoro sicuro...preferirei un quartiere pulito dove la gente non muore se apre le finestre.
Grido forte, grido come quel tipo del racconto, Bartebly, PREFERIREI DI NO.…
Resto nella fabbrica dove per anni ha lavorato mio padre...non è detto che debba finire anche io come lui… Come diceva quel tale? Non puoi vincere. Non puoi perdere. Non puoi nemmeno abbandonare, tanto peggio di così non può andare... Ma quell’altro, Murphy, diceva il contrario... se le cose vanno male, dopo, possono andare anche peggio: il toast cade sempre dal lato imburrato. È la legge del toast. “Padri e figli” lo stesso destino, che possiamo fare? Mio padre è morto studiando i venti e imparando a chiudere la finestra calcolando l’arrivo dei venti e la loro direzione: quando il vento soffia dall’area industriale, aumentano i casi di decesso a breve termine.
Ma pare non ci siano studi certi, così ha detto qualcuno.
fine