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Il tormentone che Peppino De Filippo recitava in Don Raffaele ‘o trumbone diceva: “Che schifo mi fa l’umanità. A me l’umanità mi fa schifo, schifo, schifo”! Ultimi crepuscoli sulla terra, in scena al Vascello proprio in questi giorni, riprende e rovescia il refrain di Peppino. Nel senso che si tratta di uno spettacolo che mostra la nefandezza di cui l’essere umano è capace. E non vi è, nella regia di Condemi – che ha curato anche la drammaturgia – nessuno spazio per un barlume di umorismo, neppure appena accennato.

Ci si cala, attraverso l’opera di Roberto Bolaño, in forme di cattiveria e meschinità che non conoscono decenza, limiti. Ci si trova a cospetto di comportamenti intrisi di un cinismo compiaciuto al punto che non si riesce nemmeno a provare un senso di compassione per tanta crudeltà. 

Tuttavia, lo spettacolo di Condemi non intende condannare senza appello l’umanità. E difatti pare porsi questa domanda: cos’è che può spingere l’uomo a forme così estreme di male assoluto? Può esserci una via di riscatto, una qualsiasi?

Impossibile una risposta univoca. Quello che è certo, è che ci si è trovati di fronte ad una circolarità che è venuta ad assumere un duplice aspetto, sottolineando che bontà e crudeltà non si danno mai come parti fissate una volta per sempre, ma sono intercambiabili e in maniera impensata; e che il male per sé stesso, come via di risposta a impulsi turpi e ignobili, non conduce a nulla, chiude l’individuo in una spirale sempre più stretta sino a soffocarlo. Da qui l’idea di far interpretare ad alcuni attori la parte di carnefici di vittime: un interscambio di ruoli che è servito a sottolineare questa circolarità asfittica del male per il male e la sua intercambiabilità con il bene.

La cornice di queste storie disumane è costituita dalla vicenda di Angel Ross, scrittore fallito, che si lascia trascinare da una serie di delitti e violenze quando incontra e s’invaghisce di Ana. Perché Ross cede a tale mostruosità? Per distruggere il suo talento del quale pensa di non essere all’altezza? 

Dalla sua vicenda, come tessere del domino, una di seguito all’altra storie di femminicidio, di violenze, ricordi evocati del golpe di Pinochet. Ma anche liriche leopardiane, musiche dei Doors, immagini tratte da film di Godard e Tarkovskij. Tutto si tiene e si mescola, senza mai opporsi del tutto: il bene come il male, il brutto come il bello.

Meravigliosi gli attori. Sublimi le loro interpretazioni. Anna Bisciari: così tenera e così potente nella sua dolcezza quando dà voce e anima a Leopardi. Sofia Panizzi, dai begli occhi e dal volto accogliente, eppure così spietata. Lorenzo Ciambrelli, folle e lirico ma mai del tutto crudele. Federico Fiocchetti: vezzoso e dallo stile infiorettato senza mai risultare fuori misura. Eros Pascale: ingenuo ma col giusto velo di ambiguità. Infine Vincenzo Grassi: sublime nella sua potenza vocale e corporea, ma al contempo così lieve, misurato, espressivamente asciutto e diretto. Un attore, Grassi, straordinario.

Pierluigi Pietricola