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SIGNORA DEL MARTEDÌ (LA) - regia Pierpaolo Sepe

"La ragazza sul divano", regia Pierpaolo Sepe. Foto Salvatore Pastore "La ragazza sul divano", regia Pierpaolo Sepe. Foto Salvatore Pastore

Produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo, Goldenart Production, Fondazione Teatro della Toscana
Di Massimo Carlotto
Regia Pierpaolo Sepe
Con Giuliana De Sio, Alessandro Haber, Paolo Sassanelli, Riccardo Festa e Samuele Fragiacomo
Scena Francesco Ghisu
Costumi Katarina Vukcevic
Teatro Manzoni, Pistoia, 23 e 24 Marzo 2024

www.Sipario.it, 30 marzo 2024

L’occhio di bue con cui si apre lo spettacolo illumina fin da subito uno dei personaggi più interessanti del nostro racconto, Alfredo, gestore della Pensione Lisbona e donna eternamente romantica, tratto del carattere passionale e travolgente che subito ci dimostra cantando “Tutt’al più”, brano con cui si presenta alla platea, al mondo, e ci dà il benvenuto in questa realtà. Un Paolo Sassanelli che muove i fili del contesto in cui ci troviamo, fiera Regina (soprannome con cui tutti conoscono la proprietaria di questa locanda) di una pensione che, ai tempi d’oro, “non aveva nemmeno una camera libera”, la Pensione Lisbona, e che adesso è il palcoscenico semivuoto in cui si consumano le tragedie di vita dei nostri personaggi, all’interno di una scenografia perfettamente decadente, squallidamente accogliente. Abitata soltanto dalla sua padrona, Alfredo, e da Fanzago Bonamente, attore porno in declino e gigolò a perditempo, la pensione si popola ogni martedì dalle 15 alle 16 da ormai quattro anni, orario in cui la signora del martedì viene a consumare il suo rapporto settimanale con il povero Bonamente, illuso innamorato di una donna che si è ben guardata dal rivelare il proprio nome e che lo considera “un’abitudine che la soddisfa, niente di più”. La routine però viene spezzata dall’arrivo di Pietro Maria Belli, uno squattrinato giornalista che stenta a rivelare il vero motivo della sua visita, nascondendosi dietro ad una fittizia richiesta di aiuto e ad una sedia a rotelle, ritratto della sua miserabile condizione sociale.

Dopo l’intervallo, lo spettacolo riapre con un’atmosfera spettrale, data da una luce fredda proveniente dai larghi finestroni in alto, e dal tragico canto di Haber, in una performance struggente e incantevole che, nel silenzio, lascia ripartire la scena ma questa volta con un’aura di inquietudine. Da questo punto in poi, tutto inizia a precipitare e la sensazione di caduta nel baratro è tangibile: un antico segreto celato dietro ad una stanza chiusa da anni viene riportato a galla e con esso subito un altro ed un altro ancora, una riesumazione di oscurità che improvvisamente danno un senso alla tragicità dei personaggi, tutte vittime della vita stessa e collegati tra loro da un orrendo senso di morte. Ancora una volta è la luce fredda, accecante, proveniente dall’alto, a scandire i momenti più tragici della rappresentazione, all’apice dei quali vi è il monologo di Giuliana de Sio, la Nanà dagli occhi belli che, costretta a raccontare la sua storia al vecchio giornalista che un tempo la condannò, rivive tutto il suo trauma di bambina obbligata a prostituirsi per riparare ai danni del padre indebitato; un turbine di pena, dolore, vergogna è quello in cui entriamo all’agghiacciante racconto del suo interrogatorio, ennesima farsa per far condannare gli innocenti, colpevoli solo di aver perso al gioco della vita. Dopo l’intenso momento tra Alfonsina, la trasposizione adulta di Nanà, e Pietro, patetico cliente innamorato e disperato al punto di perdere l’uso delle gambe, ha inizio una tragicomica scena corale che rasenta l’assurdo: i quattro personaggi “marci, tragici, ridicoli” danno vita ad un sipario di isteria collettiva in cui la morte non è più soltanto l’oscuro segreto che li collega tra di loro, ma la soluzione finale di un gioco contorto che trova all’interno del suo svolgimento momenti di amore condiviso, di rabbia repressa e di indecisioni esilaranti. 

Sulla fuga di Alfredo, la Regina “costretta a travestirsi da uomo”, accompagnata egoista e facilmente influenzabile Bonamente, la scena si conclude ancora una volta con la luce sola, fredda, silente, che accompagna Nanà in un tango poetico e struggente, ballo sensuale e ricco di passione che ben rappresenta lo spirito dell’intera rappresentazione, il trionfo della morte sulla vita.

Cafissi Benedetta 

Ultima modifica il Lunedì, 01 Aprile 2024 17:01

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