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MEDEA, UNA MADRE – regia Liv Ferracchiati

"Medea, una madre", regia Liv Ferracchiati "Medea, una madre", regia Liv Ferracchiati

con testi da Antonio Tarantino, Seneca e Euripide
ideazione e regia Liv Ferracchiati
drammaturgia di Liv Ferracchiati e Piera Mungiguerra
con Anna Coppola, Francesca Cutolo
aiuto regia Anna Zanetti
scene e costumi Lucia Menegazzo
disegno suono e luci spallarossa
voci di Mia De Cesare, Carlo Alberto Gatto
direttore di scena Antonio Gatto
datore di luci Carmine Pierri
fonico Daniele Piscitelli
sarta Luciana Donadio
foto di scena Soheil Raheli
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa
Teatro Astra, Torino, 28 marzo – 2 aprile 2023

www.Sipario.it, 4 aprile 2023

Spogliare Medea: una volta per tutte, azzerarla, svuotarla, per guardarla oltre il simbolo – con occhi candidi e sinceri, occhi infantili – e sezionarla: raschiare e scavare a fondo per ritrovare la donna, anzi la persona umana (senza più preconcetti, né sovrastrutture). Si può riassumere così l'operazione compiuta da Liv Ferracchiati, ideatore, regista e autore (con Piera Mungiguerra) di Medea. Una madre, in scena al Teatro Astra di Torino. Lo spettacolo intreccia, come nella trama di un tappeto volante, i testi di Antonio Tarantino, Seneca ed Euripide (le riscritture più celebri del mito), partendo da una teca, al centro della scena: una cabina illuminata come l'asettica ed elegante vetrina di una boutique, con dentro una pupa: un manichino, o se si preferisce un corpo meccanico, vestito come la principessa della Colchide. Medea, dunque, è raffigurata senza un volto, senza un'espressione: non proferisce parola, né può muoversi; parlano, si animano e gesticolano per lei i figli, che da vittime innocenti diventano fautori di un'indagine intorno alla madre. Quali possono essere le ragioni che spingono un genitore a fare strage del proprio sangue? Due ragazzini, interpretati dalle bravissime e commoventi Anna Coppola e Francesca Cutolo, provano a rispondere alla più spaventosa delle domande, ma in modo curioso, creando quasi una dimensione ludica e senza risparmiare al pubblico delle parentesi di comicità. Ecco la forza del lavoro di Ferracchiati e Mungiguerra: porre la tragedia sotto la lente di un bambino, leggerla (per quanto possibile) giocando e, in tal modo, suscitare tenerezza, disarmare dolcemente. 

I due figli di Giasone e Medea riesaminano le diverse riscritture, da testimoni oculari, ma anche da inconsapevoli viaggiatori attraverso il dramma: saltando, cantando e trotterellando, come nel cortile di un arioso pomeriggio libero dalla scuola; sublimano la colpa della madre, senza privarla di intensità. 

La prole di Medea, così spesso e a lungo commiserata, non è più soltanto vittima inconsapevole, ma voce narrante della tragedia: ha un ruolo attivo. Sono Mermero e Fere, i due figli, a emozionarci fino alle lacrime: cercano risposte a interrogativi che probabilmente non possono averne; ne cerchiamo anche noi insieme a loro, che intanto godiamo di una messinscena essenziale, ma tanto incisiva.

Il progetto firmato da Ferracchiati e Mungiguerra nasce, inizialmente, dallo studio della Medea inedita di Antonio Tarantino e da scambi di pensiero e chiacchierate con Sandra De Falco.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Giovedì, 20 Aprile 2023 09:21

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