Concerto e spettacolo di Gio Evan
Produzione Baobab Music & Ethics di Massimo Levantini
Teatro Acacia, Napoli, 11 marzo 2024
«Se non cambi mai strada ti condurrai sempre nei soliti posti», «progetta bellezze in giro, non temere i sacrifici», «che poi le passeggiate aiutano pure ad innamorarsi di più»: ecco come spiegare in poche frasi lo spettacolo di Gio Evan, artista poliedrico che riesce a mettere insieme la musica, le canzoni, la poesia e le parole, soltanto congiungendole, prendendosi cura della bellezza e della fragilità di ogni vita umana, raccontando con l’incanto negli occhi e la dolcezza nel cuore, proprio perché fragili siamo proprio tutti e questa fragilità è inossidabile dall’anima di ognuno. FRAGILE: dalla radice latina FRAN–GERE, che si può rompere, frammento. Siamo nati per rompere, per rompere gli schemi, le righe, le abitudini, per essere un punto di rottura tra dizione e azione, per abbattere la tradizione del niente di nuovo e inaugurare il tutto di nuovissimo. Ecco come nasce il titolo di questo spettacolo e di questo nuovo tour, quasi completamente sold out che tocca molte città italiane. Sul palco tanti scatoloni, impalcature e luci quasi da magazzino, ripostiglio di parole che giocano su un continuo spostamento di accenti, scambi e cambi di significato, etimologia della lingua italiana, semantica e racconto che tramite pochi versi messi insieme, tesse le fila di storie, di attualità, di una possibilità di vedere il mondo con dei “grazie”, dei “si figuri”, dei sorrisi, dei sogni, dell’andare a prendersi ciò che si vuole senza fare del male agli altri, degli occhi che guardano davvero e non soltanto uno schermo, delle risate, della felicità. Una scena aperta con “a vista” il disordine di un’anima in costruzione, gli scatoloni da maneggiare con cura, come i sentimenti, come gli sguardi, come la vita degli altri e la nostra, come se le note e le parole di scritti letti come un poeta di tanti anni fa alla luce calda di una lampada a mano, fossero la chiave per portare ordine. Il paradigma del possibile, nell’ottica di una protezione solare dai raggi degli insensibili, dei senza cuore e della cattiveria, ma una protezione solare non per proteggersi dal sole, ma per proteggersi col sole, facendolo entrare nelle nostre vite e nelle nostre personalità. L’artista Gio Evan si muove libero sul palco, a spasso tra la sua musica sincera e delicata, diverte ed emoziona, viaggiando tra i tramonti ei sentieri del possibile, tra gli sguardi di un pubblico attento e composto, ma al tempo stesso entusiasta come lui e come l’allegria che mostra, facendosi e facendoci consapevoli di un mondo migliore, della parte migliore di noi, di una società educata e posata, di una gentilezza sempre all’erta. Un'opera nuova che attraversa monologhi, poesie, canzoni (anche parlate) e battute raccontando la forza della fragilità inossidabile, dello spessore dei sottili frammenti rimasti, fra menti rimaste. Rimaste aperte e disponibili ad accogliere ancora la bellezza, l’ironia, lo sguardo dell’altro. Proprio come ci invita a fare una voce prima dello spettacolo e nella piccola pausa con le luci a mezza sala, che sulla linea di un’ironica follia, ci propone di dare uno sguardo intorno a noi, di sorridere al vicino di posto, di pensare a cosa accadrà e immaginare, di riflettere, mentre lei stessa riflette, di prenderci una pausa anche dai nostri dispositivi, per dedicarla a sintonizzarci, sostanzialmente, sull’onda della fantasia e della condivisione. Chiediamoci più spesso: chiamiamo chi amiamo? Quando ci svegliamo pensiamo a quale rischio vogliamo prenderci, cambiamo le carte in favola piuttosto che in tavola, amiamoci e amiamo, dividiamo il tramonto con qualcuno, abbracciamoci, prendiamoci una porzione di incredibile. E poi, soprattutto, creiamole noi le occasioni, mettiamole noi le condizioni giuste: se invece di cogliere l’attimo, provassimo a inventarlo? Francesca Myriam Chiatto