giovedì, 02 maggio, 2024
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ESILIO - regia Mariano Dammacco

"Esilio", regia Mariano Dammacco "Esilio", regia Mariano Dammacco

uno spettacolo con Serena Balivo e Mariano Dammacco
ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco
con la collaborazione di Serena Balivo
disegno luci Marco Oliani
ufficio stampa Maddalena Peluso
produzione Piccola Compagnia Dammacco
Spettacolo vincitore Last seen 2016 (miglior spettacolo dell’anno su Krapp’s Last Post)
Spettacolo vincitore del Primo Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2017
Spettacolo finalista al Premio Rete Critica 2016
Spettacolo finalista al Premio CassinoOFF 2017
Spettacolo Selezione In box 2017
San Ginesio – Ginesio Fest 2023 Chiostro Sant’Agostino 19 agosto 2023

www.Sipario.it, 20 agosto 2023

C’è una storia ebraica che mi piace sempre raccontare e che introduce bene lo spettacolo di cui sto per parlare. Due ebrei si incontrano. Una ha delle valige perché sta per emigrare. L’altro no, è uno che resta. Quest’ultimo chiede all’altro: “Dove vai”? “In America”, risponde l’esule. “Vai lontano”. “Lontano da dove”? Come a voler dire: l’esilio non è questione di distanza geografica, semmai interiore: uno stato d’animo pronto ad affacciarsi in noi quando meno ce lo aspettiamo. E che, forse, ci accompagna a lungo, magari per sempre. Una condizione della quale non ci si libererà mai. 

Mi è parso di capire che sia stata questa la molla che ha dato il via a Esilio, di Mariano Dammacco, e che ha visto protagonista, oltre all’autore, Serena Balivo.

La storia è quella di un uomo d’oggi, senza nome, senza identità anagrafica. Perché non deve rappresentare un soggetto specifico, semmai essere un archetipo nel quale, chi crede, si riconosce in tutto o in parte. Quest’uomo si trova a perdere il suo lavoro, quindi anche il ruolo sociale che grazie al suo impiego aveva nella società. Da disoccupato, in un mondo dove contano: competizione, produttività, guadagno finalizzato alla compravendita, quest’uomo non sa più chi è. Non si riconosce più. Peggio ancora, gli altri non lo riconoscono più. I vecchi amici lo abbandonano. Persino il padre lo mette in secondo piano rispetto a degli impegni. Ma gli garantisce una paghetta appena riscuoterà la sua pensione. Come a dire: più di chi sei per me, conta ciò che avrai.

Il testo di Esilio è, in sostanza, un monologo che attraversa e racconta le fasi di angoscia, dubbio, rabbia, delusione che conseguono a un evento catastrofico come la disoccupazione improvvisa. Il protagonista le rievoca, ma prima che sia lui a parlare è la sua anima a introdurre ciò che verrà detto. Quindi è una sorta di dialogo in parallelo tra psiche e individuo, componenti del Sé che, pare, siano qui destinate a non incontrarsi mai, a convivere in una perenne separazione priva di consapevolezza. Ecco l’inizio dell’esilio. Unico compromesso: l’accettazione di ciò che sta avvenendo alla quale consegue un’artrosi filosofica, cioè: del pensiero, della capacità di ragionare. Ecco l’esilio perenne. 

Serena Balivo interpreta il ruolo del disoccupato. È vestita e si muove come Charlot. Presta al personaggio una voce debole, come a dire: esprimersi, anche solo per raccontare, è impossibile per chi non ha lavoro e non guadagna. Dammacco, vestito con un lungo abito da sera femminile, interpreta il ruolo della coscienza del protagonista. Il suo è un ruolo di cornice che riveste i vari racconti ed episodi via via evocati.

Spettacolo indubbiamente interessante, discreto, ma di poco mordente e con un’ironia debole. Tematiche simili, invece, avrebbero meritato un umorismo più sfacciato, un umorismo alla Brecht, in modo da far emergere appieno la comprensione dei tempi amari che, a nostra insaputa, molti vivono: infiniti e anonimi esuli senza speranza di ritorno. 

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Venerdì, 25 Agosto 2023 12:23

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