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CENERENTOLA - coreografia e regia Rudolf Nureyev

Rebecca Bianchi e Michele Satriano in "Cenerentola", coreografia Rudolf Nureyev. Foto Fabrizio Sansoni Rebecca Bianchi e Michele Satriano in "Cenerentola", coreografia Rudolf Nureyev. Foto Fabrizio Sansoni

Balletto in tre atti
Musica: Sergej Prokof’ev
Direttore: Alessandro Cadario
Coreografia e regia: Rudolf Nureyev
Supervisione: Eleonora Abbagnato
Coreografia ripresa da: Aleth Francillon, Gillian Whittingham, Benjamin Pech
Scene: Petrika Ionesco. Costumi: Hanae Mori. Luci: Jean-Michel Désiré. Video: Igor Renzetti e Lorenzo Bruno
Interpreti principali: Cenerentola/Rebecca Bianchi, Attore principale/Michele Satriano
Orchestra, Étoiles, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma. Allestimento Opéra national de Paris.
Prima: Caracalla Festival, 1° luglio 2023
Stagione 2022/2023 del Teatro dell’Opera di Roma

www.Sipario.it, 28 luglio 2023

Romantica apertura per il Caracalla Festival, che per la prima volta ha portato in scena Cenerentola nell’originale versione coreografico-registica di Rudolf Nureyev sulle note di Sergej Prokof’ev. Un evento per il palcoscenico estivo dell’Opera di Roma e una sfida per il corpo di ballo capitolino, che mai prima d’ora aveva interpretato la riscrittura nureyeviana della fiaba di Cenerella. Produzione dell’Opéra de Paris, risalente al 1986, questa singolare edizione del balletto ha tra le principali caratteristiche quella di mettere in risalto i diversi personaggi del racconto, ma anche di “riempire” il palcoscenico grazie alle strutturate scenografie di Petrika Ionesco, ai colorati costumi di Hanae Mori e ai trascinanti movimenti coreografici d’insieme. Una messinscena dall’effetto “magico” garantito, sebbene Nureyev sveli, tra i risvolti tradizionali della trama, tutta una nuova prospettiva, a tratti cinica, sul sogno e il destino della protagonista. 

Artista d’intelligenza sottile, il “tartaro volante” sorprese tutti quando, alla guida dell’Opéra, inventò la sua Cendrillon ambientandola negli anni Trenta e a Hollywood: meta agognata e rimossa, terra di sogni, finzione e successi spesso fugaci. Protagonista all’epoca era la giovane Sylvie Guillem, la cui inarrestabile ascesa nel balletto mondiale di per sé suggeriva i contorni del “sogno realizzato”, del “divismo”, dell’”incoronazione” di una nuova regina. Lo stesso Nureyev, osannato in carriera per bravura e avvenenza, non era stato esente dalla fascinazione per il cinema (nel 1977 era stato protagonista del film di Ken Russell, Valentino), sul quale aveva probabilmente finito per proiettare i timori del “tramonto” in un mondo teso ad esaltare la giovinezza.

La storia di Cenerentola ha qui inizio in un buio angolo di Los Angeles, dove la giovane subisce, nell’indifferenza di un padre alcolista, le angherie della matrigna e delle sorellastre aspiranti attrici. In questo claustrofobico inferno domestico, giunge inatteso un produttore cinematografico al quale basta poco per scoprire il talento artistico della fanciulla. Sarà lui ad offrirle una prima via d’uscita, accompagnandola ad Hollywood e aprendo per lei le porte del mondo del cinema. Se il primo atto si mantiene sulla linea narrativa tradizionale, il secondo è un pieno omaggio all’immensa macchina produttiva di Hollywood, alle sue leggende e misteri, alle sue attrattive e mistificazioni. Sullo sfondo di un gigantesco ingranaggio alla Tempi moderni, si alternano infatti al centro diversi set in corso di registrazione, con chiari richiami a pellicole famose (tra cui l’iconico King Kong). 

Poi finalmente anche le riprese del “film Cenerentola” iniziano ad animarsi, tra vorticosi valzer e coppie elegantemente vestite; la “diva”, accompagnata dai flash dei fotografi, è la fanciulla di Los Angeles, ora in spumoso abito rosa. Sotto l’occhio delle telecamere scocca la scintilla con il “principe”, fascinoso primo attore inseguito dalle onnipresenti sorellastre. A rovinare l’idillio ci penserà il “tempo”, acutamente rappresentato da una danza dell’orologio, con ragazzi-lancette che annunciano inesorabili il sopraggiungere della mezzanotte. Esaurito il suo tempo – simbolo della “scadenza” di una carriera giovane – Cenerentola fugge dal finto palazzo lasciando dietro di sé la mitica scarpetta. Deciso a ritrovarla, il principe/attore passa al setaccio i locali notturni della città, ma è solo nella buia casa del primo atto che ritroverà l’amata proprietaria della scarpina. Lo sguardo sognante dei due giovani verrà immortalato dalla pellicola, sotto una locandina luminosa che incornicia – forse romanticamente, forse cinicamente – la scena finale del balletto.

Ripreso a Caracalla, il balletto di Nureyev conserva la sua grandiosità grazie anche all’intelligente adattamento scenografico all’ampio palcoscenico delle Thermae. Su un megaschermo, in alto e sullo sfondo, scorrono le immagini del destino hollywoodiano di Cenerentola insieme a flashback delle sue disavventure familiari: una sorta di “film nel film” che accompagna lo spettatore tra i sogni e gli incubi della protagonista e annuncia, nello stesso tempo, le svolte drammaturgiche del balletto. Lo stile di Nureyev, in una danza dai contorni neoclassici, “arrotonda” le linee e scioglie le rigidità delle braccia, a favore di un movimento continuo e morbido, quasi fluttuante sulle note di Prokof’ev. Si lascia poi andare ad ingegnosi esercizi di stile, come nell’assolo di Cenerentola in abiti “alla Charlot” e in omaggio a Fred Astaire, o come nelle scene dai film del secondo atto, o ancora, nelle esilaranti sequenze delle sorellastre, perfettamente caratterizzate attraverso passi “distorti” della danza classica, sempre troppo en dedans o troppo en dehors. Per se stesso, Nureyev aveva poi ritagliato il ruolo del carismatico produttore, che non a caso vediamo in diverse vesti nel corso del balletto: prima come ospite inatteso in casa di Cenerentola, poi con le sembianze di Groucho Marx e, ancora, con il sigaro in mano, attento ad ogni dettaglio del gigantesco meccanismo hollywoodiano. Un personaggio quasi “magico”, che sin dall’inizio ha il potere di realizzare (o spegnere) i sogni di Cenerentola e di tanti giovani attori. Particolarmente belli i grandi movimenti d’insieme, che esaltano le note famose e creano un’onda continua di gesto e colore, tra fitte composizioni, intrecci di linee e diagonali.

A vestire i panni della protagonista, a Caracalla, è l’étoile Rebecca Bianchi: una Cenerentola dal volto delicato e dal gesto gentile, ma assolutamente certa del proprio sogno, quello di interpretare ruoli e vite diverse dalla sua. Dotata di linee affusolate, ben gestisce le complesse sequenze tecniche e affronta con disinvoltura anche le scene stilisticamente più impegnative (come il tip-tap del primo atto). Si rivela poi perfetta nel pas de deux con il principe nel secondo atto, dove sfodera il suo caratteristico candore tra raffinati port de bras e lenti cambré. In ottima forma, il primo ballerino Michele Satriano conquista il palcoscenico nel ruolo del principe/attore grazie ad un rinnovato vigore tecnico e interpretativo: molto buona l’esecuzione della variazione principale del secondo atto, tra grandi salti e tour rapidissimi in chiaro “stile Nureyev”. 

L’étoile Alessio Rezza, più volte applaudito per la verve interpretativa, è a suo perfetto agio nel ruolo del produttore, di cui restituisce abilmente le sfumature espressive e stilistiche. Nota di merito alle étoile Alessandra Amato e Susanna Salvi, sorellastre in blu e fucsia, che strappano al pubblico frequenti sorrisi nelle scene con il maestro di ballo Claudio Cocino. Ruoli che nascondono non poche insidie, vista anche la difficoltà di “distorcere” le linee classiche a favore di una convincente caricatura. Di nuovo un’ottima prova, dopo il successo ne La fille mal gardée, anche per Giuseppe Depalo nel ruolo en travesti della matrigna: ironico in ogni gesto, eccellente persino sulle punte, strappa applausi a scena aperta. Si mostra infine disciplinato ed energico il corpo di ballo “allargato” dell’Opera di Roma, che per l’occasione si è avvalso anche della presenza di alcuni giovani allievi della Scuola di danza del Teatro. Il pubblico di Caracalla, assorto durante lo spettacolo, ha applaudito con entusiasmo tutti i protagonisti e il maestro Alessandro Cadario, al suo debutto con l’orchestra del Lirico capitolino. 

Lula Abicca e Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Domenica, 30 Luglio 2023 18:56

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