dal 24 ottobre al 2 novembre 2014
Io, Nessuno e Polifemo
Intervista impossibile di Emma Dante testo e regia Emma Dante con Emma Dante, Salvatore D'Onofrio, Carmine Maringola, Federica Aloisio, Giusi Vicari, Viola Carinci. musiche eseguite dal vivo da Serena Ganci costumi Emma Dante scene Carmine Maringola luci Cristian Zucaro coreografie Sandro Maria Campagna assistente alla regia Daniela Gusmano produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo - Stagione 2014/2015 in collaborazione con 67° Ciclo Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza
Dall'intervista impossibile a Polifemo, pubblicata nel 2008 da Einaudi nella raccolta Corpo a Corpo, nasce questo progetto in cui Emma Dante prova a ripercorrere lo sbarco di Odisseo nella terra dei Ciclopi spaventosi. «Tremante, io incontro Polifemo e pian piano lo conquisto, lui si lascia andare, si mostra ironico, loquace, racconta l'arrivo del nemico dal suo punto di vista e mi spiazza. Gli chiedo un ricordo da portare via e lui, antropofago di carni umane crude, mi svela una ricetta sofisticatissima: crapetto caso e ova. Col tempo, nella solitudine, è diventato di pietra. Ecco la sua descrizione: Song io 'a caverna. Song tutt'uno con la roccia, monotono e gigantesco, un'enorme montagna senza cuore. Sono di pietra, signò, e voi mi abitate! Al posto dell'occhio tengo 'n fronte una grotta oscura e il macigno ca 'nzerra a metà l'entrata è la mia palpebra spezzata. voi site trasùta dinto, signò, nel monumento, e n'avite appena sfiorato la grandezza. Immense sale vuote mi scorrono dint'e vene, sorde e mute. Andate! Visitatele tutte! Tanto come trasìte accussì ascìte, tale e quale, perché non troverete altro che pietra e polvere. La mia voce non è riuscita a entrare nelle vostre orecchie come invece ha fatto quella di Omero, Virgilio, Euripide, Teocrito, Ovidio. Perché la mia voce è privata e voi non siete pronta a coglierne il segreto. Comme 'e creature vi facite cullà da rapsodie popolari, credendo ai mostri e agli eroi. Signò, io song sempre stato un essere pacifico, monòcolo, sì, ma armonioso, e le pecore, i montoni, i capretti non s'hanno mai appauràto 'i me. E ora jatevenne! Jamme bella! Ca mi fa male 'a capa! Lo lascio, intenerita dai suoi racconti, e mentre vado via riecheggia nella caverna la voce di Odisseo. Anche lui è dentro la sua testa». Emma Dante
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dal 14 al 23 novembre 2014
Doppio fronte
Oratorio per la grande guerra di e con Lucilla Galeazzi e Moni Ovadia e con Luca Garlaschelli (contrabbasso), Massimo Marcer (tromba), Albert Florian Mihai (fisarmonica), Paolo Rocca (clarinetto) suono Mauro Pagano produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo in collaborazione con Promo Music / Ravenna Festival 2014
Doppio fronte racconta la Prima Guerra Mondiale, quella combattuta dal nostro esercitò nelle trincee e sui monti e quella vissuta nel quotidiano da un'Italia che via via andava impoverendosi sempre di più. Un paese dove le donne condussero da sole una quotidiana battaglia di sopravvivenza per mantenere le famiglie. I testi sono tratti dalle lettere dal fronte, dalle memorie dei combattenti (tra cui Gadda e Ungaretti), dai diari di uomini e donne che vissero la guerra "in casa", come i veneti e i friulani. Questi ultimi, arruolati nel '14 dall'esercito austriaco e mandati a combattere sul fronte orientale, nel '15 si trovarono in trincea contro l'esercito italiano! I canti sono quelli del grande repertorio a cui dette vita la sanguinosissima guerra e le sue battaglie: canti patriottici, canti contro la guerra, Trilussa, E. A. Mario e la canzone Gorizia, canto straordinario e indimenticabile delle sofferenze quotidiane e terribili dei nostri soldati. In scena, Moni Ovadia nel ruolo dell'aedo, e Lucilla Galeazzi, cantante e narratrice, accompagnati da musicisti e coro. La Prima Guerra Mondiale fu imposta all'Italia da una minoranza avventuriera e fanatica contro una maggioranza sfavorevole. Tra sogni di espansione e irredentismo, il motore di una "fatale e irrinunciabile" chiamata alle armi fu l'ambizione e l'ambiguità del primo ministro Salandra, del suo ministro degli esteri Sonnino, del generale Cadorna, comandante in capo dell'esercito italiano ed infine del titubante Vittorio Emanuele III, Re d'Italia. Mentre trattavano con gli imperi centrali la "non belligeranza" italiana, a patto di una contropartita territoriale, si incontravano in segreto, a Londra, con Francia ed Inghilterra, giocando al rialzo. Fu così che il 26 aprile 1915 l'Italia firmò in segreto (soprattutto del parlamento) il patto di Londra, col quale l'Italia s'impegnava ad entrare in guerra al loro fianco.
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dal 28 novembre al 7 dicembre 2014
Arlecchino
di e con Paolo Rossi interventi musicali di Emanuele Dell'Aquila e Alex Orciani produzione CRT Milano
Arlecchino rende omaggio al mitico Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni/Strehler, la cui prima edizione risale al 1947, che è diventato l'icona del teatro italiano nel mondo. Dopo oltre mezzo secolo dalla geniale invenzione, che aveva trasformato il Truffaldino di Goldoni nella maschera di Arlecchino, Marcello Moretti, prima, e Ferruccio Soleri, poi, sono diventati l'immagine vivente della tradizione centenaria della Commedia dell'Arte, l'icona di una creatività che ancora oggi non manca di meravigliare il pubblico di ogni continente, abbattendo ogni volta tutte le barriere di lingua e di cultura. L'Arlecchino di Paolo Rossi, irriverente, buffone, e soprattutto infernale, si ritroverà circondato da altri Arlecchini in carne ed ossa ... e anche in legno! Più funambolico e lunare che mai, Rossi si lancia in nuovo percorso che lo costringe ad abbandonare la sua maschera per rivivere nei panni di un "Arlecchino nevrotico e surreale, in tono con il terzo millennio prossimo venturo", proprio come l'aveva definito Giorgio Strehler. Ospiti d'onore, altri Arlecchini, primo fra tutti Ferruccio Soleri e poi Enrico Bonavera, Claudia Contin, Silvio Castiglioni e il burattino di Daniele Cortesi.
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dal 12 al 21 dicembre 2014
Una piccola impresa meridionale
di Rocco Papaleo e Valter Lupo regia Valter Lupo costumi Eleonora Rella disegno Luci Marco Palmieri con Rocco Papaleo e con Francesco Accardo (chitarra), Jerry Accardo (percussioni), Guerino Rondolone (contrabbasso), Arturo Valiante (pianoforte) produzione Nuovo Teatro
Un esperimento di teatro canzone, come un diario da sfogliare a caso, che raccoglie pensieri di giorni differenti. Brevi annotazioni, rime lasciate a metà, parole che cercavano una musica, storielle divertenti o che tali mi appaiono nel rileggerle ora. Non è che un diario racchiuda una vita, ma di certo, dentro, trovi cose che ti appartengono, e nel mio caso l'azzardo che su alcune di quelle pagine valesse la pena di farci orecchiette, per riaprirle ogni sera a chi ha voglia di ascoltare. Fin qui, il senso della piccola impresa. A renderla meridionale, ci pensa l'anagrafe, mia e della band che tiene il tempo. Ma sarebbe meglio dire, il controtempo, visto che il sud, di solito, scorre a un ritmo diverso. La questione meridionale, in fondo, è tutta qui: uno scarto di fuso orario, un jet lag della contemporaneità che spesso intorpidisce le nostre ambizioni. Del corpo sociale, siamo gli arti periferici, dita e unghie. Il cuore pulsante batte altrove, mentre a noi, tutt'al più spetta la manicure. Dunque, un teatro a portata di mano, col desiderio, a ben vedere, solo di stringerne altre. Rocco Papaleo
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dal 9 al 18 gennaio 2015
L'onorevole
di Leonardo Sciascia adattamento e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi scene e costumi Mela Dell'Erba con Enzo Vetrano, Laura Marinoni, Stefano Randisi, Aurelio D'Amore, Aurora Falcone, Angelo Campolo, Giovanni Moschella, Antonio Lo Presti, Alessio Barone. produzione 2015 Teatro Biondo Stabile di Palermo in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione / Diablogues - Compagnia Vetrano/Randisi
L'onorevole è un testo che racconta con intrigante ironia come l'ascesa politica di un onesto professore di lettere possa diventare un'ineluttabile ma pacifica, perfino brillante, caduta morale. Il professor Frangipane, pur nella modestia in cui vive, è felice di rappresentare per i suoi figli e i suoi allievi un modello di correttezza e idealità basato sulla cultura e sul rispetto. La moglie Assunta lo ama, lo ammira e lo sostiene nell'affrontare le difficoltà quotidiane. Una sera d'estate del '47 il professore riceve una visita inattesa, e con essa l'offerta di una candidatura come deputato alle imminenti elezioni politiche. Nel secondo e terzo atto della commedia seguiamo l'onorevole in una carriera politica inarrestabile, che lo porta a conquistare un potere sempre più autorevole, a muoversi tra agi e lusso, ma anche a scendere a compromessi sempre più miseri e a stringere loschi accordi con personaggi malavitosi. «Letto oggi – spiegano Vetrano e Randisi – questo testo scritto nel 1965, che ci parla di connivenze tra politica, affari, alti prelati e criminalità organizzata, di favori e corruzioni, di furbizie e tradimenti, assume il carattere di un'amara profezia, anche per l'avvertenza che l'Aautore fa nella premessa: "L'onorevole Frangipane – dice Sciascia – è democristiano, e la sua circoscrizione è quella della Sicilia occidentale (...) ma potrebbe anche essere di altro partito, di più o meno lunga esperienza governativa, e il suo collegio elettorale quello di un'altra regione italiana" ».
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dal 20 al 29 gennaio 2015
Decamerone
Vizi, virtù, passioni liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio adattamento teatrale e regia di Marco Baliani drammaturgia Maria Maglietta scene e costumi Carlo Sala luci Luca Barbati con Stefano Accorsi produzione Nuovo Teatro in collaborazione con Fondazione Teatro La Pergola
«Le storie servono a rendere il mondo meno terribile, a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo, le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l'alito della morte. Finché si racconta, finché c'è una voce che narra siamo ancora vivi, lui e lei che racconta e noi che ascoltiamo. Per questo ci si sposta da Firenze verso la collina e lì si principia a raccontare. La città è appestata, la morte è in agguato, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori ridicoli, erotici, furiosi, storie rozze, spietate, sentimentali, grottesche, paurose, purchè siano storie, e raccontate bene, perchè la vita reale là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda. Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio perchè oggi ad essere appestata è l'intera società. Ne sentiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le conventicole, le mafie, l'impudicizia e l'impudenza dei potenti, la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare. In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti. Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un'altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce. Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality squallido in cui ci costringono a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello. Perchè anche se le storie sembrano buffe, quegli amorazzi triviali e laidi, quelle puzzonate, quelle strafottenti invenzioni che muovono al riso e allo sberleffo, mostrano poi, sotto sotto, come in tutte le grandi storie, il mistero della vita stessa, un'amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza, facendoci di botto scoprire che il re è nudo, e che per liberarci dall'appestamento dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze, riconoscerle, farci un bell'esame, ridendoci sopra, e digrignando i denti, magari uscendo da teatro poco indignati ma ragionevolmente incazzati, anche con noi stessi». Marco Baliani
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dal 27 febbraio all'8 marzo 2015
Non si sa come
di Luigi Pirandello regia Luigi Pirandello scene Enzo Venezia costumi Dora Argento con Pino Caruso produzione 2015 Teatro Biondo Stabile di Palermo
Il conte Romeo Daddi, personaggio serio e rispettabile, è innamorato della moglie e buon amico di Giorgio Vanzi. Eppure – non si sa come – gli accade di tradire entrambi con Ginevra, amica di famiglia e moglie di Giorgio. Un gesto istintivo, come spiegherà lo stesso Romeo, non dettato da alcun sentimento e apparentemente inspiegabile. Come se non bastasse, durante la sua confessione, l'uomo racconta un altro delitto commesso per "futili motivi" quando era ragazzo. Pino Caruso affronta in chiave psicoanalitica uno dei testi più drammatici di Pirandello, immaginando che questi possa essere stato un paziente di Freud, il quale, a sua volta, potrebbe essere un personaggio pirandelliano. «In altre parole – spiega Caruso – mentre Pirandello è freudiano, Freud è pirandelliano. Ti rendi conto che alcune sue commedie avrebbe potuto scriverle proprio Freud, come alcuni trattati di psicanalisi avrebbe potuto concepirli Pirandello. Si chiude il cerchio di una scoperta della mente sulla mente, che inventa un modo di leggere l'anima dell'uomo e i percorsi del suo cervello. Come dire che i miracoli li fa la scienza, la quale si fa letteratura, che si fa - in pensieri, parole e opere - teatro».
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dal 20 al 29 marzo 2015
Itis Galileo
di Francesco Niccolini e Marco Paolini con Marco Paolini consulenza scientifica Stefano Gattei consulenza storica Giovanni De Martis elementi scenici Juri Pevere produzione Jolefilm
Essere geniali, in circostanze difficili, può essere un problema, per gli altri soprattutto. Parte da questa considerazione il lavoro di approfondimento curioso che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno dedicato alla figura di Galileo. Il padre della scienza moderna, infatti, appare agli occhi dei contemporanei come un grande divulgatore dei propri studi, ma soprattutto come una mente che rimane aperta al dubbio fino alla fine, fino alla vecchiaia. Quando si parla di Galileo si pensa sempre a un anziano venerando: sarà una questione di iconografia, ma forse è anche perché si capisce che lo scienziato non si mette mai in pensione con la testa. Anzi, le scoperte più importanti le raggiunge dopo i sessant'anni. Galileo vive quattrocento anni prima di noi, in un'epoca governata da certezze e rigidità di pensiero, ma alcuni elementi tornano oggi a riaprire il confronto con quel passato. L'obiettivo di Marco Paolini è quello di coinvolgere nel ragionare, non solo nel raccontare, arrivare a una situazione in cui il pubblico non sia seduto tranquillo, sapendo di dover fare lo spettatore e basta. Va in scena a teatro un dialogo, anche se non proprio sopra i massimi sistemi, ma almeno su di un "minimo comune e multiplo". La ragione ha perso appeal? La scienza ha deluso? Una morale laica non esiste? Sono alcuni degli interrogativi che Paolini solleva nel suo spettacolo rivolgendosi direttamente al pubblico. «Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro – spiega il regista – Sarà perché le leggi dell'economia non sono leggi matematiche e contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo la consacrazione dell'universo post-rivoluzione copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino le previsioni dell'oroscopo, che utilizzano le stelle fisse di Tolomeo. Alla fine non importa se il cielo non è così, perché quello che conta è che ci piace. Galileo è usato spesso come simbolo della scienza libera contro la fede integralista, ma in realtà è uno che per campare fa anche oroscopi. Eppure, ha la forza di guardare oltre».
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dal 15 al 24 aprile 2015
Magazzino 18
di Simone Cristicchi e Jan Bernas scene Paolo Giovanazzi luci Nino Napoletano musiche e canzoni inedite Simone Cristicchi musiche di scena e arrangiamenti Valter Sivilotti regia Antonio Calenda con Simone Cristicchi diretta da Valter Sivilotti produzione Promo Music / Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Al Porto Vecchio di Trieste c'è un "luogo della memoria" particolarmente toccante: il Magazzino 18. Racconta di una pagina dolorosa della storia d'Italia. Con il trattato di pace del 1947 l'Italia perdette vasti territori dell'Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d'animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa pagina della nostra storia e ha deciso di ripercorrerla in una canzone e in un testo teatrale che prende il titolo proprio da quel luogo di Trieste, dove gli esuli – prossimi ad affrontare lunghi periodi in campi profughi o viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa in futuro di rientrarne in possesso. Il pubblico seguirà l'avventura di uno sprovveduto archivista romano, inviato dal Ministero a redigere un inventario; incontrerà lo "spirito delle masserizie" e gli altri protagonisti nascosti tra gli oggetti: una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta "Servizio Esodo". E poi, materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi, altre storie. In una messinscena che intreccia con sensibilità documentazione storica e poesia, Cristicchi parte da quegli oggetti privati e semplici, per riportare alla luce le vite che vi si nascondono: le narra schiettamente e passa dall'una all'altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koiné di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, una specie di "Musical-Civile". Video proiezioni, musica, canzoni e fotografie accompagneranno il pubblico verso un finale che è un tributo alle vittime, e nello stesso tempo la visione di un futuro possibile. Fondamentale l'apporto della FVG Mitteleuropa Orchestra, che esegue dal vivo la partitura dello spettacolo, nel quale si alternano musiche e canzoni inedite dello stesso Cristicchi.
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dal 8 al 17 maggio 2015
Clitennestra Myllennium
di Vincenzo Pirrotta regia e scene Vincenzo Pirrotta costumi Giuseppina Maurizi musiche Giacomo Cuticchio con Anna Bonaiuto produzione 2015 Teatro Biondo Stabile di Palermo / Teatro Stabile di Catania
Vincenzo Pirrotta immagina che Clitennestra, personaggio centrale nella mitologia greca e nell'opera di Eschilo, si risvegli dopo un letargo di tremila anni. Squarciando il velo di placenta dentro il quale ha riposato tutto questo tempo, Clitennestra si ritrova in un mondo post-moderno in cui tutto è distruzione e maceria, il lusso è per i pochi, gli uomini si sono fatti Dei, le Eumenidi sono scese dal loro piedistallo di dee e, in un'epoca dove tutti sono cani feroci, sono ridiventate Erinni per proteggere la nuova casta "divina". La spaesata Clitennestra rivendica la propria dignità regale e compie, portandosi addosso tutto il carico di sofferenza e di ricordi, un viaggio che la condurrà nuovamente ad un incontro-scontro con la propria famiglia. Conservando la struttura della tragedia greca, Pirrotta riscrive la leggenda per i nostri giorni, inventando un nuovo linguaggio, che trasforma i cori classici in fraseggi blues e rap.
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dal 22 al 31 maggio 2015
Natale in casa Cupiello
di Eduardo De Filippo regia e adattamento Fausto Russo Alesi scene Marco Rossi luci Claudio De Pace musiche Giovanni Vitaletti con Fausto Russo Alesi produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Fausto Russo Alesi trasforma il capolavoro eduardiano in un "assolo". Una scelta ponderata, che ha richiesto un attento lavoro di adattamento: ne risultano un'incredibile fedeltà al testo originale e l'effetto straniante di un unico interprete "posseduto" da tutti i personaggi della commedia, che in effetti è commedia dell'autoillusione, della "non comunicazione" della solitudine, anche se ne è protagonista una famiglia. «È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi sono avventurato alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo – spiega Russo Alesi – Ho scelto di utilizzare il mio corpo come unico strumento per suonare questo dramma dell'io e della solitudine, immaginando uno spettacolo d'evocazione tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte, tra lucidità e delirio, tra memoria e presente, tra il palcoscenico e la platea. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando lo leggo, ho la sensazione di trovarmi davanti a un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. Anche se la cifra è quella della leggerezza e dell'ironia, dal testo emerge una vena piuttosto amara e desolante. Ci viene presentata una casa misera, distrutta, inguaiata, sotto sopra, gelata, quasi terremotata; ed è Luca che definisce sua moglie Concetta, la regina della casa, come: "Vecchia, aspra e nemica". È una famiglia la cui identità è alquanto precaria, non si dialoga più veramente ma si monologa, ed è per questo che credo nella sfida di attraversare questa storia in solitudine».
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