PLATERO Y YO
Teatro Duse 2 – 6 ottobre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Regia
Ugo Dighero
Interpreti
Ugo Dighero e Christian Lavernier
Musiche
Mario Castelnuovo – Tedesco
Il mondo visto con gli occhi di un asinello. Dall'opera del poeta premio Nobel, un raffinato intreccio di parole e musica, in cui brillano le grandi doti espressive di Ugo Dighero.
All'origine c'è la calda, vibrante scrittura di Juan Ramón Jiménez, poeta premio Nobel del 1956, una delle voci più alte – assieme a Lorca, Unamuno, Ortega y Gasset, Machado... – della letteratura spagnola. E c'è, in particolare, un poema che racconta di un piccolo asinello soffice e soave, che accompagna l'autore stesso per le strade del suo paese natale, Moguer, in Andalusia. Tra realtà e fantasia, il legame di amicizia è così forte che Jiménez legge le vicende della sua vita e del mondo attraverso gli occhi e i sentimenti del suo amico asino, trasformando il monologo in un dibattito ad una voce ma a più pensieri. Ecco Platero y yo: sul filo dei ricordi, forse la riscoperta della leggerezza dell'infanzia, della libertà ingenua e genuina che si dimentica crescendo.
Favola soave come il suo protagonista, scritta per gli adulti cui parla come "bambini cresciuti troppo in fretta", Platero y yo risuonò anni dopo nell'immaginazione del compositore Mario Castelnuovo-Tedesco che, nel 1960, ne mise in musica ventotto capitoli, scelti tra i più belli e significativi, creando un'opera per voce narrante e chitarra di estrema complessità e splendida leggerezza. L'incontro tra letteratura poetica e musica letteraria per un piccolo-grande capolavoro teatrale del Novecento.
Ugo Dighero, attore dalla cifra intensa e sulfurea, insieme all'amico chitarrista Christian Lavernier, riprende quel testo, ne fa una nuova drammaturgia, scegliendo a sua volta diciassette capitoli, e strutturandoli in una veste dove voce e chitarra si muovono all'unisono, dando vita a un gioco armonico che apre a nuove immaginifiche letture del testo. Una fiaba filosofica che parla "anche" ai bambini, dove le doti espressive di Ugo Dighero vedono il massimo campo d'azione, tra parole e musica.
THE GLOBAL CITY
Sala Mercato 9 – 12 ottobre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, EL FLORENCIO/ FESTIVAL FIDAE 2019 – URUGUAY con il sostegno di Mibac e SIAE nell'ambito del programma "Per Chi Crea"
Drammaturgia Nicola Pianzola
Regia e scene Anna Dora Dorno
Interpreti Nicola Pianzola, Anna Dora Dorno
Coro scenico Claudia Marsulli, Antonio di Castri, Rosanna Gualdi,
Marco Mazza, Francesca Flotta, Marianna Maretto, Roberta Rotante
Musiche originali Riccardo Nanni
Coreografie Instabili Vaganti
Costumi Anna Dora Dorno, Carolina Cavallo
Da Teheran a Città del Messico, dalle case fatiscenti di Calcutta ai modernissimi edifici di Shanghai: la città globale è un insieme di ricordi, culture, desideri.
Sono una tra le compagnie italiane più presenti ai festival internazionali. Fedeli al nome che li accompagna, gli Instabili Vaganti, gruppo nato nel 2004, sono nomadi, viaggiatori per scelta. Portano il loro teatro in India o in Giappone, in Sud America o nei Balcani, riscuotendo ovunque grande successo. L'attenzione per gli aspetti visivi e per i nuovi media, la capacità di lavorare in progetti site-specific hanno reso il duo formato da Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola capace di invadere teatralmente siti archeologici o post industriali, musei d'arte contemporanea o pericolosi agglomerati urbani, foreste o villaggi remoti.
Fanno tappa a Genova con The Global City, un progetto ispirato a Le città invisibili di Italo Calvino, costante riferimento, poetico e visivo, per il gruppo e origine dell'indagine sulla relazione tra due istanze spesso contrapposte: biologico ed artificiale. In questa prospettiva, la storia narra di un uomo, un emarginato venditore delle metropolitane, che fa il suo ingresso nella città globale, cercando di vendere "ricordi", di stimolare il pubblico a entrare in una dimensione parallela, a riflettere su cosa hanno perduto nel caos delle città.
«La scena – spiegano i due artisti – è una scatola bianca, vuota e visivamente ricomposta di volta in volta, con la rievocazione di un ricordo espresso in forma di racconto e di video che appare in formati e misure differenti, evocando l'oblò di una nave, la visione di un vetro rotto, lo schermo di un cinema, di un televisore e di altri dispositivi digitali e analogici. The Global City rappresenta la nostra visione critica sulla società globale ma anche il tentativo di coglierne aspetti positivi legati al continuo movimento, al viaggio e allo spostamento, inteso in un'accezione ampia, sia fisica che virtuale».
IL GRIGIO
Teatro Gustavo Modena 15 – 27 ottobre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA in collaborazione con Fondazione Gaber
Regia
Giorgio Gallione
Interprete
Elio
Musiche
Paolo Silvestri
Luci
Aldo Mantovani
Il capolavoro di Gaber e Luporini viene arricchito da una decina di canzoni, terreno perfetto per il talento eccentrico di Elio.
Il grigio è la storia di un uomo che si ritira in campagna per allontanarsi da tutto e da tutti e riflettere sui suoi problemi. Qui la sua ambita solitudine è disturbata da un fantomatico topo, "il grigio", che diventa l'elemento scatenante di un inesorabile e ironico flusso di coscienza.
Presentato per la prima volta nel 1988, Il grigio nella versione originale era un monologo, uno dei pochi spettacoli esclusivamente in prosa di Giorgio Gaber e Sandro Luporini. Il regista Giorgio Gallione, che nell'ultimo decennio si è confrontato più volte con la loro opera (da Il dio bambino con Eugenio Allegri all'inedito Io quella volta lì avevo venticinque anni con Claudio Bisio, fino agli spettacoli con Neri Marcorè Un certo Signor G ed Eretici e Corsari), ha dato vita a un nuovo spettacolo, incrociando il testo originale con una decina di canzoni gaberiane, come I mostri che abbiamo dentro, Io come persona o Il sosia, che ne amplificano le tematiche sottese.
I brani sono stati riarrangiati per l'occasione da Paolo Silvestri, già complice delle precedenti incursioni del regista nell'universo di Gaber, utilizzando quattro parti pianistiche: un'ambientazione musicale estremamente contemporanea, perfetta per il talento eccentrico ed irriverente di Elio.
Dopo la presentazione di un primo studio a Genova lo scorso ottobre, lo spettacolo prodotto dal Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con la Fondazione Gaber arriva adesso nei teatri italiani nella sua forma compiuta.
"Sono convinto che i temi, i sentimenti, le situazioni presenti nel Grigio del 1988 siano stati rielaborati, e perché no, anche attualizzati da molte canzoni nate dopo quella esperienza. Ecco il senso di questo adattamento" commenta Giorgio Gallione. "In più c'è Elio, cantante personalissimo, eretico, eccentrico, che si accinge ad abitare con libertà e rispetto questo nuovo copione, modellato su una nuova sensibilità, alla luce dell'intero universo creativo e stilistico di una maschera, il Signor G, che sa ancora parlare potentemente e spietatamente al nostro oggi".
TRILOGY IN TWO
Teatro Duse 22 – 30 ottobre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA / FONDAZIONE I TEATRI / FESTIVAL APERTO REGGIO EMILIA/
SCHALLFELD ENSEMBLE
Regia
Andrea Liberovici
Interpreti
Helga Davis e Schallfeld Ensemble
Musiche, libretto e video
Andrea Liberovici
Luci
Davide Riccardi
Un viaggio musicale attorno al tema della bellezza per lo straordinario talento vocale di Helga Davis, già protagonista di Einstein on the Beach di Robert Wilson e Philip Glass.
Già il titolo potrebbe sembrare un enigma, evocativo delle ironie Dada o di Gertrude Stein, oppure semplicemente essere un gioco di parole sul fatto che lo spettacolo è diviso in due atti ma continua (segretamente) anche nell'intervallo. Con Trilogy in Two, Andrea Liberovici, compositore, regista, autore, prosegue l'indagine nel suo "teatro del suono" basato su stimoli narrativi e musicali liberi e personalissimi. Il lavoro amplia alcune suggestioni contenute nel precedente spettacolo, l'apprezzatissimo Faust's Box: non solo c'è una continuità di elementi drammaturgici, ma stessa è la straordinaria protagonista, l'americana Helga Davis (già coprotagonista di Einstein on the Beach di Bob Wilson e Philip Glass) qui affiancata dallo Schallfeld Ensemble con la direzione musicale di Sara Caneva. È un'opera mosaico, allora, un incastro di tasselli che compongono un disegno complesso, in cui si ritrova Faust, figura goethiana assolutamente reinventata, assieme ad altri personaggi o luoghi emblematici, veri archetipi europei.
«Il tema dell'opera è l'identità europea, anch'essa costituita da mille tasselli diversi – spiega Liberovici – per questo, oltre Faust ecco Florence Nightingale, la fondatrice dell'assistenza infermieristica moderna; e infine Venezia simbolo di una architettura unica dell'ascolto. L'egoismo del primo; l'attenzione verso l'altro della seconda, contraltare ai nuovi razzismi; la bellezza oggettiva della città lagunare, che nella sua struttura fatta di acqua e mosaici, è testimone di ascolto e incontro, sono spunti per riflettere su ciò che chiamiamo Bellezza: la capitalista brama di possesso di Faust, l'umanesimo insito nella solidarietà di Nightingale, e Venezia che nasce dal fango su cui è costruita». Da qui, forse, si potrebbe ripartire per pensare a una nuova idea di Europa.
LA FAVOLA DEL PRINCIPE AMLETO
Sala Mercato 22 ottobre – 3 novembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Adattamento e Regia
Marco Sciaccaluga
Interpreti
Maurizio Bousso, Francesco Bovara, Simone Cammarata, Giulia Chiaramonte, Giada Fasoli,
Elena Lanzi, Lisa Lendaro, Gianmarco Mancuso, Federico Pasquali, Laura Repetto,
Francesca Santamaria Amato, Chiarastella Sorrentino
C'è tutto il senso dell'inglese "to play", ossia giocare ma anche recitare, in questa Favola del principe Amleto, adattamento di rara freschezza e felicità che Marco Sciaccaluga ha creato con gli attori della Scuola di Recitazione del Teatro di Genova. Un dramma corale che, salvaguardando struttura e profondità, supera il lirismo del "pallido prence" per approdare a un "racconto dei racconti", a un gioco – per l'appunto – sull'eterna storia di Amleto. Ed è una festa del teatro, cui hanno dato splendida adesione i giovani interpreti, ottenendo successo anche a Mosca ospiti del Festival Your Chance, dedicato alle migliori scuole di teatro europee. Racconta il regista: «Se, come diceva il Dr. Johnson, grande critico inglese del Settecento, "nulla è più necessario all'uomo che farsi raccontare le storie che già conosce", il bisogno di raccontare Amleto è naturale e profondo in ogni artista di teatro. Sedotto dall'idea che viene da uno dei miei maestri, Benno Besson, ho "osato" affrontare questo viaggio, facendo incontrare Amleto con il mondo delle maschere, privilegiando una delle infinite essenze di quella antica storia: una fiaba arcana che conduce al mistero dell'uomo e dell'essere, e dunque del teatro. Nella fissità della maschera, si tocca un livello mitico diverso». E con quelle maschere, nei bei costumi di Maria Angela Cerruti, lo spettacolo assume un'originale anima brechtiana, uno "straniamento" interpretativo che fa risuonare al meglio il testo.
ROSENCRANTZ E GUILDENSTERN SONO MORTI
Sala Mercato 5 – 17 novembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Regia
Marco Sciaccaluga
Interpreti
Maurizio Bousso, Francesco Bovara, Simone Cammarata, Giulia Chiaramonte, Giada Fasoli, Elena Lanzi, Lisa Lendaro, Gianmarco Mancuso, Federico Pasquali, Laura Repetto, Francesca Santamaria Amato, Chiarastella Sorrentino
«È un'idea – racconta il regista Marco Sciaccaluga – nata istintivamente, mentre lavoravo con il gruppo di dodici ragazzi e ragazze della Scuola del Teatro Nazionale, per fare La favola del principe Amleto. Abbiamo usato le maschere, e nel lavoro molti interpreti si sono scambiati nello stesso ruolo. Ebbene, nell'adattamento che abbiamo fatto per questa edizione, i personaggi di Rosencrantz e Guildenstern emergevano con particolare vivacità. La mia idea, allora, è stata di allestire, nello stesso spazio, con gli stessi costumi e le stesse maschere, proprio il testo che Tom Stoppard ha dedicato ai due "amici" del principe».
Intelligente e aguzza "divagazione" dall'Amleto di Shakespeare, la commedia di Stoppard capovolge il punto di vista, e rende principali due personaggi "secondari", con le loro vicende surreali, lasciando sullo sfondo la storia di Amleto. Dopo il debutto nel 1966 al Festival di Edimburgo, con immediato successo, lo stesso autore ne fece una notevole versione cinematografica con Gary Oldman e Tim Roth, Leone d'Oro a Venezia nel 1990.
«Ci sarà – continua Sciaccaluga – un naturale trasferimento "tonale": l'aspetto fiabesco cercato per il nostro Amleto, si muta in una "fiaba intellettuale". Quella di Stoppard mi sembra un'attualissima riflessione sul Destino e sul Caso. Quelle due creature, sballottate ai margini, alla periferia di una vicenda tragica, ne sono inconsapevoli vittime: cercano disperatamente un'identità, una consapevolezza, e si ritrovano morti per caso, travolti dalla grande Storia. Ma non capiscono perché, davvero, succedano le cose...». E sarà affascinante vedere La favola del principe Amleto e Rosencrantz e Guildenstern sono morti con gli attori che passano da protagonisti a comparse e viceversa. Proprio come accade nella vita.
MISERY
Teatro Duse 5 – 17 novembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, FONDAZIONE TEATRO DUE PARMA, TEATRO STABILE DI TORINO TEATRO NAZIONALE
Regia
Filippo Dini
Interpreti
Arianna Scommegna, Filippo Dini, Carlo Orlando
Scene e costumi
Laura Benzi
Luci
Pasquale Mari
Chi ha letto il libro del 1987, o chi ha visto il film diretto da Rob Reiner nel 1990 certo non può dimenticare. Uno dei capolavori dello scrittore più famoso al mondo. Una storia che è orrore, claustrofobia e follia. Una storia che venne presentata con frasi come: «Se siete convinti che l'orrore abbia dei limiti, non conoscete ancora Misery». Il film valse l'Oscar a Kathy Bates, fu l'ennesimo successo per l'interprete maschile, James Caan, e consolidò, laddove ce ne fosse bisogno, la fama mondiale dell'autore, Stephen King.
Ma la vicenda di Paul Sheldon, protagonista del libro (e del testo teatrale di William Goldman) non è solo questo. Annie, l'infermiera che si trasforma in una carceriera, si nutre di pagine scritte e non si ferma davanti a niente pur di salvare il suo personaggio preferito: è l'incarnazione della fascinazione e dell'amore che ogni essere umano sente verso le storie, e verso chi le racconta. Misery indaga i meandri della mente umana che cerca storie, le vuole, le brama, e non può far altro che innamorarsi e nutrirsi di quelle storie, anche a costo di distruggere chi alimenta i suoi sogni.
Filippo Dini è regista e protagonista – assieme alla bravissima Arianna Scommegna – di questo allestimento: «Tra tutti gli scrittori che animano le creazioni di King – spiega Dini – Paul Sheldon è il più forte, il più disperato. Prigioniero del suo talento e della sua vocazione, scopre se stesso nel viaggio all'inferno in compagnia di Annie. E lei è semplicemente indimenticabile. Il suo è il tema cardine di tutta la creazione di King: la magia e l'amore. Annie non è folle, Annie ama alla follia. Misery è una grande opera sul potere magico della narrazione. Portare questa storia in teatro è una grande occasione e un privilegio: perché il teatro è il luogo della Magia».
MIA
Teatro Duse 25 novembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Drammaturgia e Regia
Giorgio Scaramuzzino
Interpreti
Giorgio Scaramuzzino, Michela Cotterchio
Musiche
Paolo Silvestri
Coreografie
Giovanni Di Cicco
Maschi violenti e donne violate. Un attore e una danzatrice, un uomo e una donna, indagano sulle cause di un pensiero malato, che ancora affligge la nostra società.
Dopo avere affrontato temi come la lotta alla mafia, le migrazioni, il razzismo, Giorgio Scaramuzzino porta avanti il suo personale percorso di teatro civile. Questo nuovo capitolo del "progetto Urgenze" affronta il tema del femminicidio e più in generale della violenza sulle donne. Basta sentire i telegiornali per capire quanto questa problematica sia diffusa. Alla base degli episodi di violenza c'è una cultura malata, difficile da estirpare, ed è proprio sulle cause di questo fenomeno che cerca di indagare lo spettacolo, interpretato da un attore e una danzatrice.
Mia accoglie lo sfogo delle donne che hanno paura e non riescono a uscire allo scoperto, ma anche il grido di aiuto del maschio schiavo di pregiudizi, prigioniero di un egoismo radicato. Mia moglie, mia sorella, la mia ragazza: è fondamentale combattere il maschilismo e gli stereotipi di genere affinché la parola "mia" possa indicare solo un vincolo affettivo, e non di possesso.
ANGELO DI KOBANE
Sala Mercato 29 novembre – 15 dicembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Regia
Simone Toni
Interprete
Anna Della Rosa
Creazione visiva
Christian Zurita
Era il 2014 quando l'ISIS attaccò e mise sotto assedio la città di Kobane e i villaggi attorno, al confine siriano con la Turchia. Un anno dopo, le truppe dell'alleanza tra curdi ed esercito siriano libero, con l'appoggio Usa, riconquistarono il territorio, ma una nuova offensiva dello stato islamico provocò ancora morti. Uccisioni, distruzione, fughe, violenze: passati cinque anni, la guerra siriana è una delle pagine più cupe della storia recente.
Il pluripremiato autore inglese Henry Naylor, classe 1966, ha condotto una lunga indagine su quei fatti, andando a fare interviste e ricerche sul campo (per assemblare uno studio accurato su quanto accaduto). Da quei materiali incandescenti ha tratto un magmatico racconto, un flusso di coscienza che prende spunto da una storia vera, quella di una giovane donna, una contadina curdo siriana chiamata Rehana, che avrebbe voluto studiare, diventare avvocato, e invece imbracciò il kalashnikov. Fino a diventare un implacabile cecchino delle truppe femminili che combatterono contro l'Isis. Storia amara, tragica, violenta, cruda come la guerra.
«Volevo raccontare – spiega Naylor – quanto e come i nostri sogni possono essere distrutti dalle ambizioni di qualcun altro. E di come una donna, che credeva nel pacifismo e nella giustizia, si sia convertita alle armi e alla violenza». La versione italiana dello spettacolo, nell'intensa traduzione di Carlo Sciaccaluga, con l'attenta regia di Simone Toni e la creazione scenico-visiva firmata da Christian Zurita, si avvale della magnifica performance interpretativa di Anna Della Rosa, davvero straordinaria nei panni della giovane guerrigliera. Dopo il debutto alla Rassegna di drammaturgia contemporanea del 2018, L'angelo di Kobane torna in scena sull'onda di un sincero e condiviso successo. Per non dimenticare.
IO SONO IL MIO LAVORO
Teatro Duse 6 – 15 dicembre
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, MITTELFEST
Scritto, diretto e interpretato da
Pino Petruzzelli
Una poetica riflessione sul valore etico del lavoro: un omaggio all'operosa tenacia dei vignaiuoli, alla pazienza e all'amore di chi coltiva la terra in Liguria.
Bianchetta, Ciliegiolo, Cimixià, Granaccia, Limassina, Pigato, Rossese, Sciacchettà, Vermentino... Quanti sono i vini liguri? Pino Petruzzelli, attore, scrittore, narratore, regista, così racconta la genesi del suo spettacolo: «È la storia di Dionigi, il vignaiolo che ha saputo dare concretezza al sogno e, attraverso le sue continue lotte, crea un'eccellenza in quella "Scarsa lingua di terra che orla il mare" che è la Liguria. Un sogno in cui passato e presente, tradizione e modernità si fondono in un vino da premiare... I terrazzamenti della nostra regione sono splendidi per il turista, ma per un contadino ligure sanno di fatica e sudore: terrazze e muretti a secco tirati su pietra su pietra fino a dove comincia la montagna. Dionigi è riuscito a strappare a questa "avara terra" la sopravvivenza e, con tenacia e maestria, ha creato un'eccellenza. Per questo una giuria ha deciso di premiarlo. E quando sta per ritirare il premio, ripercorre la sua vita».
Come vuole ogni bottiglia che si rispetti, una volta aperta si liberano i racconti, i ricordi, le immagini. Dietro ogni vino c'è la civiltà che l'ha prodotto, c'è il lavoro, la natura. «L'epopea di Dionigi – continua Petruzzelli – si muove tra la grandine e la siccità, tra la burocrazia e i declivi, tra i richiami di un posto fisso e i muretti a secco. Una storia in cui anche la morte genera vita».
Da sempre il teatro di Petruzzelli affronta importanti questioni sociali, investigando la realtà, confrontandosi con i diretti interessati: Io sono il mio lavoro è frutto di due anni di interviste fatte ai vignaioli liguri, da Sarzana a Ventimiglia, ora raccolte in un prezioso volume (Pentagora editore). È uno spettacolo sul valore etico del lavoro: un'etica da tramandare alle future generazioni. Come la più preziosa delle eredità.
PETER PAN
Teatro Duse 28 dicembre – 5 gennaio
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, FONDAZIONE TEATRO RAGAZZI E GIOVANI
Regia
Ugo Dighero
Interpreti
Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci, Celeste Gugliandolo,
Francesco Bovara, Simone Cammarata, Michele De Paola,
Gianmarco Mancuso, Davide Mazzella, Federico Pasquali
Scene e costumi
Lorenza Gioberti
Musiche
Paolo Silvestri
Luci
Aldo Mantovani
Si rinnova la giocosa festa del teatro di Peter Pan, nato dalla collaborazione tra il Teatro Nazionale di Genova e la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani di Torino. Prendendo le mosse, ovviamente, dal celebre romanzo di James M. Barrie, il regista Giorgio Scaramuzzino ha però voluto imprimere una prospettiva diversa, facendone un omaggio all'immaginazione infantile.
«Il nostro mondo – racconta Scaramuzzino – è sempre più bombardato da immagini ma paradossalmente diventa difficile, persino per i bambini, sviluppare e preservare la capacità di immaginare, facoltà mentale fondamentale per l'essere umano». Ne è scaturito un lavoro corale, ricco di ritmo e di musica, colorato e vivacissimo, pieno di slanci e fantasia. In un impianto scenico mobile, pronto a mutarsi nella Nave dei pirati o nella leggendaria Isola che non c'è, i bambini sono davvero coprotagonisti, spesso coinvolti e invitati a sognare.
Ha scritto Mario Bianchi su klpteatro.it recensendo lo spettacolo: «Mettere in scena è impresa rischiosissima per il teatro ragazzi, sia per l'atmosfera surreale che la imbeve, sia perché protagonisti sono dei ragazzini, assai difficili da rendere credibili per attori di diversa età. Scaramuzzino supera queste due asperità dichiarando subito che la vicenda si svolge in un sogno, dove ogni cosa può sembrare vera con l'immaginazione, ponendo poi in scena sei bambini in carne ed ossa, scelti tra il pubblico». Conclude Scaramuzzino: «Peter Pan ci è sembrato un ottimo pretesto per ribadire il fatto che il sogno e l'immaginario infantile non devono mai spegnersi, anche quando inevitabilmente il nostro corpo affronta l'età adulta... Essere bambini dentro non per rifiutare responsabilità e voltare le spalle alla realtà, ma per affrontare il quotidiano con più leggerezza e originalità».
LUCIDO
Sala Mercato 7 – 12 gennaio
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, PROGETTO URT
Regia
JURIJ FERRINI
Interpreti
Jurij Ferrini, Agnese Mercati, Rebecca Rossetti, Federico Palumeri
Luci e suono
Gian Andrea Francescutti
Un testo divertente, surreale e stravagante, proprio come la famiglia al centro di questa commedia di Rafael Spregelburd, geniale autore e regista argentino.
La trama potrebbe sembrare quella di una grottesca telenovela. È la storia di Lucrezia che, dopo quindici anni di assenza – lontana da casa e da sua madre Teté – torna a reclamare il rene che da bambina ha donato al fratello minore Luca (in una letterina dice di averlo prestato). Pare che il marito di Lucrezia si trovi ricoverato in ospedale in dialisi e ne abbia urgente bisogno. Restituendo quel rene, Luca salverebbe la vita al cognato, perdendo naturalmente la sua. La trattativa sarà da incubo, la lucidità del titolo ovviamente rara e continui colpi di scena modificheranno la trama e le motivazioni dei personaggi...
«Quando ho iniziato a leggere i testi di Spregelburd – ha scritto il regista e attore Jurij Ferrini – mi sono sorpreso a ridere fino alle lacrime. La comicità non è mai banale, è caustica, spietata, scorretta verso gli abitanti di quella parte del globo che risponde al nome di "occidente". Sbugiarda i falsi valori e l'ipocrisia su cui si impernia il nostro patto sociale. Spregelburd è un autore capace di far ridere a differenti livelli, di nascondere il senso per tutto lo spettacolo per mostrarlo solo al momento opportuno. Per apprezzare nella sua interezza un'opera di Spregelburd occorre ridere; ridere molto, lasciarsi andare; e a noi interpreti è consegnato questo arduo compito... La risata, anche amara o atroce, è l'unico accesso al suo mondo, alla sua realtà scenica». Sul palco con Ferrini, anche Rebecca Rossetti, Agnese Mercati e Federico Palumeri a condividere l'aspra, caustica, feroce ironia del geniale autore argentino.
LA TEMPESTA
Teatro della Corte 8 – 19 gennaio
Produzione
TEATRO STABILE DI NAPOLI TEATRO NAZIONALE, TEATRO NAZIONALE DI GENOVA, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA
Regia
Luca De Fusco
Interpreti
Eros Pagni, Gaia Aprea, Alessandro Balletta, Silvia Biancalana, Paolo Cresta, Gennaro Di Biase,
Gianluca Musiu, Alessandra Pacifico Griffini, Alfonso Postiglione,
Carlo Sciaccaluga, Francesco Scolaro, Paolo Serra, Enzo Turrin
Scene e costumi
Marta Crisolini Malatesta
Luci
Gigi Saccomandi
Musiche
Ran Bagno
Il testamento artistico di Shakespeare diventa, nella regia di De Fusco, una proiezione mentale di Prospero: nient'altro che un prodotto della sua sterminata fantasia.
È il regista Luca De Fusco, direttore del Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, a raccontare la sua personalissima visione de La tempesta, ultimo capolavoro scritto da William Shakespeare, che arriva in scena con l'interpretazione di un gigante del teatro, come Eros Pagni, nel ruolo protagonista.
Prospero, spodestato dal ducato di Milano dopo aver vissuto dodici anni in un'isola deserta con la figlia Miranda, con il selvaggio Calibano e lo spirito Ariel, usa i suoi poteri per scatenare una tempesta, far espiare al re di Napoli e al fratello Antonio le loro colpe e riacquistare il ducato perduto, dopo aver propiziato il matrimonio della figlia con Ferdinando, figlio del re di Napoli. «Eros Pagni sarà un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un'isola che non c'è. Tutto è nella testa del mago, compresi Ariel e Calibano, che divengono in questa lettura una sorta di Jekyll e Hyde – spiega De Fusco. Ecco perché la scena della Tempesta è una citazione della biblioteca mediatica del protagonista, ecco perché i suoi avversari si presentano con abiti delle più svariate epoche, essendo nient'altro che citazioni della cultura occidentale, l'unica esperienza che questo intellettuale agorafobico abbia avuto nella sua vita».
Lo spettacolo ha debuttato nel suggestivo Teatro Grande di Pompei, nell'ambito della rassegna Theatrum Mundi.
JOHN GABRIEL BORKMAN
Teatro della Corte 31 marzo – 5 aprile
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Regia
Marco Sciaccaluga
Interpreti
Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino, Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran
Scene e costumi
Guido Fiorato
Luci
Marco D'Andrea
Musiche
Andrea Nicolini
Uno spettacolo austero eppure visionario, densissimo nella sua asfissiante claustrofobia, struggente nella sua drammatica verità: torna, dopo il successo della scorsa stagione, il dramma di Ibsen scritto nel 1896, John Gabriel Borkman. È un ritratto livido, gelido, tutto interiore, dell'animo umano, tanto da esser definito da Edvard Munch "il più potente paesaggio invernale dell'arte Scandinava". E certo il testo è un commento a tinte fosche di un secolo già al collasso, l'Ottocento, e il preludio sapiente delle tragedie e dei traumi del Novecento, in un racconto che sa scandagliare ferocemente le contraddizioni del nostro tempo.
Con le bellissime scene di Guido Fiorato, la sapiente regia di Marco Sciaccaluga spinge il lavoro verso lo scandaglio interiore, eppure mantiene vibrante, ancorché sottotraccia, un amaro sguardo sulle dinamiche sociali ed economiche di allora e di oggi. Lo spettacolo ha in sé la forza di una altissima qualità interpretativa: innervato da un cast affiatatissimo in cui spiccano le tensioni attorali di Laura Marinoni, l'intensa presenza di Federica Di Martino, e soprattutto un Gabriele Lavia al suo meglio, questo John Gabriel Borkman è un lavoro che supera il tempo e le mode. La vicenda, come è noto, narra la parabola inquietante di un gigante dell'economia, colpevole di aver rubato: rimasto solo, ridottosi volontariamente agli "arresti domiciliari", in attesa di una "grande occasione", condivide l'asprezza della sua esistenza con la piccola umanità che grava attorno alla casa e soprattutto con due donne: la moglie, cui è legato da un rapporto freddo, aspro e irrisolto; e il primo amore, cui Borkman aveva colpevolmente rinunciato per interesse. Il rapporto tra questi destini, tra queste esistenze è un cammino sull'orlo dell'abisso. Senza alcuna pietà.
ALDA. DIARIO DI UNA DIVERSA
Teatro Duse 15 – 17 maggio
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
In collaborazione con DEOS
Drammaturgia e Regia
Giorgio Gallione
Interpreti
Milvia Marigliano
e i danzatori Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Chiocchini, Noemi Valente, Francesca Zaccaria
Coreografie
Giovanni Di Cicco
Scene
Marcello Chiarenza
Costumi
Francesca Marsella
Luci
Aldo Mantovani
I sogni, i ricordi, gli amori, la follia. Intrecciando teatro e danza, poesia e biografia, lo spettacolo ci immerge nel mondo, dolente e bellissimo, di Alda Merini.
Conclamata voce tra le più alte e libere della poesia italiana, Alda Merini è un universo ancora da svelare: l'esperienza manicomiale, gli affetti, la maternità, le passioni, la solitudine sono vene in cui scorre il sangue della scrittura. Alda. Diario di una diversa, con regia e drammaturgia di Giorgio Gallione, è un omaggio lucido e commovente a una donna che seppe attraversare gli abissi della follia. Tra autobiografia e creazione lirica, tra ricordo e allucinazione, il racconto si dipana nei meandri di una storia di vita unica, dolente e bellissima.
Nella vibrante interpretazione di un'attrice del calibro di Milvia Marigliano, l'avventura umana di Alda Merini supera l'iconografia ormai consolidata per tornare restituita a nuova, folgorante verità. Per Giorgio Gallione, il lavoro «è un affresco, una visione, un lucido delirio che attraversa tutta l'opera di questa straordinaria poetessa. Un universo di contrasti forti, caratterizzato da continui slittamenti emotivi, poetici e stilistici tipici dell'artista». Lo spettacolo è ambientato nel suggestivo spazio mentale creato da Marcello Chiarenza, e procede per quadri, in cui i linguaggi della scena si intrecciano e si fondono. A far da contraltare e completamento alle visioni della poetessa sono i danzatori Luca Alberti, Angela Babuin, Eleonora Chiocchini, Noemi Valente, Francesca Zaccaria, con le coreografie di Giovanni Di Cicco.
Adattamento teatrale di "L'altra verità. Diario di una diversa" di Alda Merini edito in Italia da Mondadori Libri Spa / imprint Rizzoli. By arrangement with The Italian Literary Agency.
Tutte le informazioni su WWW.TEATRONAZIONALEGENOVA.IT
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