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UNA QUESTIONE DELICATA: L'ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Saggio redatto da Piccione Pietro e Marino Alessio
Classe V C SIA -ITET "G. Garibaldi" Marsala
Docente referente: Maria Rita Bellafiore

Papa Francesco, in un messaggio alla Pontificia Accademia della vita, prima che venisse approvata la legge sul biotestamento e indipendentemente da possibili contestazioni del mondo cattolico,

ha espresso le sue riflessioni sull'accanimento terapeutico, in materia di cure e trattamenti sanitari per malati terminali, una questione molto dibattuta a livello sociale e politico. Con un discorso progressista ha affermato che, a volte, l'uso di trattamenti terapeutici non risolutivi non aiutano la promozione della salute, né il bene integrale della persona, anche "se possono sostenere o sostituire funzioni biologiche divenute insufficienti". Il Papa ha detto anche che la tutela della dignità e della persona non sono concetti nuovi per la Chiesa; infatti, le sue parole ricordano un discorso di 60 anni fa di un suo predecessore, Pio XII, che, rivolgendosi ad anestesisti e rianimatori, diceva loro che "non è obbligatorio utilizzare tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che in casi ben determinati è lecito astenersene." Il Papa pone al centro di tutto il malato e le sue scelte: "le decisioni devono essere prese dal paziente stesso, se ne ha le competenze e le capacità"; dialogando con i medici, egli deve valutare i trattamenti che gli vengono proposti; le cure devono essere proporzionate alla sua situazione. Rinunciare all'accanimento terapeutico non vuol dire uccidere qualcuno o procurargli la morte, ma vuol dire non opporsi alla fine inevitabile di una persona. Quando le cure per il miglioramento delle condizioni di salute tendono ad allontanare la morte, allungando, però le sofferenze, diventano inutili e la scelta di rinunciare o sospendere o di non sottoporsi ad altri trattamenti inutili diventa lecita. Papa Francesco invita, però, a fare una netta distinzione tra accanimento terapeutico ed eutanasia. L'eutanasia è, infatti, procurare intenzionalmente la morte di un individuo la cui qualità della vita è permanentemente compromessa da una malattia; l'individuo, tuttavia, non è in fin di vita, ma non accetta la compromissione della propria condizione fisica, e la Chiesa è contraria all'eutanasia. Il rifiuto dell'accanimento terapeutico è, invece, il prendere atto che non c'è più niente da fare, la situazione è irreversibile e non ci sono interventi che possano cambiarla, per cui vengono interrotte quelle pratiche mediche volte solo a prolungare al malato un'agonia.
Le parole del Papa sono state un'ulteriore occasione per riaccendere il dibattito politico sulla legge sul fine-vita, che da mesi era ferma al Senato e hanno ricevuto l'approvazione della Presidente della camera Boldrini, la quale, più volte, in Senato, ne aveva chiesto l'elaborazione in via definitiva per andare incontro alle necessità delle persone che stanno male, delle loro famiglie e dei medici che si trovano a portare avanti queste situazioni.
Un contributo alla riflessione è stato dato anche da un'intervista alla figlia di Michele Gesualdi, un ex allievo di Don Milani, malato da tre anni di SLA: è diventata la voce del padre e con lui ha lottato affinché si arrivasse a una legge sul fine -vita. Il padre, inoltre, aveva scritto più volte delle lettere-appello ai presidenti della Camera e del Senato con lo scopo di garantire libertà di scelta ai malati. Michele si sentiva prigioniero del suo corpo, come se questo "fosse immesso in una colata di cemento "ma con un cervello molto lucido. Il suo modo di comunicare erano gli occhi e diceva che torturare il corpo di una persona malata quando non c'è nessuna speranza di miglioramento, può essere percepito come una sfida a Dio. Anche il padre di Eluana Englaro, morta nel 2009, dopo l'interruzione della nutrizione artificiale e vissuta in stato vegetativo per 17 anni aveva detto che in Senato mancava la volontà di approvare la legge. Circa un mese dopo il discorso del Papa, in Italia, è stata approvata la legge per regolamentare il testamento biologico, con cui ciascuna persona in possesso delle proprie capacità mentali, potrà lasciare le proprie volontà attraverso le DAT (disposizioni anticipate di trattamento), circa i trattamenti sanitari a cui essere o non essere sottoposti, qualora non dovesse essere più cosciente a causa di una malattia o di un incidente.
La medicina, ai giorni d'oggi, in campo terapeutico ha raggiunto sempre maggiori successi.
La vita è un dono di Dio, è un bene prezioso, ma è pur vero che non si può obbligare una persona, che non vuole, a una non- vita.

Ultima modifica il Sabato, 07 Aprile 2018 20:47
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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