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ZORRO. UN EREMITA DA MARCIAPIEDE - regia Sergio Castellitto

"Zorro. Un eremita da marciapiedi", regia Sergio Castellitto. Foto Marco Castelli "Zorro. Un eremita da marciapiedi", regia Sergio Castellitto. Foto Marco Castelli

di Margaret Mazzantini
Regia di Sergio Castellitto
Interprete: Sergio Castellitto
Aiuto regia: Francesca Primavera
Service audio-luci ISATEC-Roma
Organizzazione Marcello Micci
Produzione Angelo Tumminelli/Prima International Company 2022
Teatro Vittorio Emanuele dal 28 al 30 aprile 2023

www.Sipario.it, 30 aprile 2023

Tutti noi nelle nostre città incontriamo ogni giorno sui marciapiedi, negli incavi dei palazzi o accanto a fonti di calore che salgono dai cantinati, dei clochard, stesi a terra dentro cartoni come cucce,  avvolti da pesanti coperte, spesso con un cane a fianco a far loro compagnia. Li guardiamo, non ci fermiamo e tiriamo avanti senza sapere niente della loro vita. Una ventina d’anni fa Margaret Mazzantini nei pressi di casa sua a Roma vede un barbone, si ferma, vuole dargli dei soldi ma lui li rifiuta. Sarà un morto di fame ma pur sempre avrà la sua dignità. Da qui scatta la molla per farle scrivere un lavoro per il marito Sergio Casttellitto che poi lo mette in scena vestendone i panni. La Mazzantini, come le capita altre volte, tramuta la pièce in romanzo, vende molte copie e solo da qualche anno gli dà una lucidatina e il marito lo fa nuovamente suo, portandolo in giro in vari Teatri italiani con il titolo di  Zorro. Un eremita da marciapiedi. Ed eccolo Castellittto sul palcoscenico del Vittorio Emanuele di Messina, appollaito su una panca, vicino la Metro, avvolto da una coperta termica, svegliarsi al mattino con coppoletta in testa e scarpe da tennis e raccontare agli spettatori la sua vita e i motivi che lo hanno portato a lasciare casa, moglie, amici, parenti e vivere liberamente alla giornata, con i pensieri che vanno e vengono, senza più immaginarsi un futuro. “Più ti lavi e più puzzi” – dice- anche se poi va a farsi la doccia al “Diurno” dove ha confidenza col personale compresa la graziosa Simonetta che ha il culo basso. Parla Castellitto, da vero fuoriclasse della parola, sensa fermarsi per 70 minuti filati, avvolto da una continua coltre di fumo che esce dal palco, forse per fargli da scudo, tuttavia infastidendo il pubblico delle prime file e il suo monologo inframmezzato da canzoni d’autore (Patti Pravo, Iglesias, Rino Gaetano, Guccini, Dalla e altri) è un’eruzione di fatti, storie e aneddoti che riguardano il padre che tornava puntuale a casa alle diciannove e trenta, le lasagne e i banchetti della madre a Natale e a Pasqua, nonché la polenta il 10 d’agosto con 42 gradi all’ombra, la sorella Landa che l’accompagnava a scuola e gli comprava i maritozzi con la panna e del primo cane avuto da bambino cui aveva messo il nome di Zorro perché nero. Anche lui si chiamerà Zorro, forse perché il personaggio inventato da McCulley nel 1919 e diventanto popolare al Cinema e nei Fumetti, era colui che difendeva i deboli, quale si sente il nostro eroe, che chiama “cormorani” la gente comune, abituata a vivere in società la propria vita, senza la libertà che gode lui. Una libertà tuttavia che non ha cercato ma che gli è capitata occasionalmente quando con la sua macchina investe Mario, il garzone di un benzinaio e che non si è più ripreso morendo poi nel letto di un ospedale. Un trauma che gli ha segnato la vita da cui non è stato capace di venirne fuori, diventando il clochard Zorro, certamente un personaggio positivo, simpatico, ricco di humor nonostante tutto, conservando intatta la sua dignità, un’anima errabonda, un emarginato che osserva il mondo circostante e che parla tutto il giorno con se stesso. Sergio Castellitto non è soltanto bravo, ma un attore molto spiritoso, in grado di trasmettere al pubblico simpatia e emozione, un attore pure che se la tira fingendo di non tirarsela ma poi infine se la tira e la Mazzantini ci regala un racconto di un uomo come tanti di noi, che un giorno, inaspettato, potremmo diventare uno Zorro qualunque, avvolgendoci in una spirale senza uscita e che potrebbe schiacciarci inesorabilmente e violentemente. 

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 02 Maggio 2023 11:49

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