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LA VITA DAVANTI A SÉ - regia Silvio Orlando

"La vita davanti a sé", regia Silvio Orlando. Foto Salvatore Pastore "La vita davanti a sé", regia Silvio Orlando. Foto Salvatore Pastore

Tratto dal romanzo
La Vie Devant soi
di Romain Gary
traduzione Giovanni Bagliolo, edizione Biblioteca Neri Pozza
Direzione musicale Simone Campa
Con Silvio Orlando
Con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
Simone Campa: chitarra battente, percussioni
Maurizio Pala: fisarmonica
Kaw Sissoko: kora, djembe
Marco Tardito: clarinetto, sax
Scene: Roberto Crea
Disegno luci:Valerio Peroni
Costumi: Piera Mura
Organizzazione: Maria Laura Rondanini
Direttore di scena: Luigi Flammia
Capo elettricista: Massimo Polo
Fonico: Gianrocco Bruno
Amministratore di compagnia: Vittorio Stasi
Consulenza amministrativa e organizzativa: Teresa Rizzo
Produzione Cardellino srl
Riduzione e regia di: SILVIO ORLANDO
Stagione 2022/2023
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 18 ottobre 2022

www.Sipario.it, 20 ottobre 2022

Tra i pochi capolavori che ho visto in teatro, posso annoverare La vita davanti a sé, tratto dal romanzo omonimo di Romain Gary, adattato per le scene, diretto e interpretato da un bravissimo Silvio Orlando.
Si tratta di una bellissima storia d’amore, di quelle che non ci si aspetta. Un sentimento vissuto nel riserbo, nei gesti, nei pensieri piuttosto che in tante manifestazioni. In piccole intese, in sguardi, in percezioni che solo i diretti interessati riescono davvero a comprendere. Quello che ci descrive Gary fra le pagine del suo romanzo, vissuto dai due protagonisti: Momò – bimbo arabo figlio di una prostituta uccisa – e Madame Rosa – una prostituta andata in pensione che si prende cura del piccolo e di altri bambini considerati “incidenti di percorso” – è un amore che si manifesta anche attraverso timori mai confessati: la paura di perdere chi si ama veramente perché ci verrà sottratto o perché giungerà la morte alla quale bisognerà rassegnarsi. Amore è il desiderio di essere riconosciuti, anche con una punizione. Amare qualcuno vuol dire sottrarlo da un anonimato pesante, che ferisce giorno dopo giorno. Il piccolo Momò non cerca che questo. E anche Madame Rosa. Nessuno dei due, però, lo confesserà all’altro. E in fin dei conti non ce n’è bisogno, perché saranno quei gesti e quegli sguardi condivisi a lungo ad aver parlato al posto loro. Sullo sfondo di questo mondo sentimentale, se ne agita un altro: quello multietnico del quartiere di Belleville, dove la convivenza fra persone di provenienza diversa, tutte povere, è difficile e mai serena.
La complessità del romanzo di Gary è stata perfettamente resa sulla scena dalla riduzione di Silvio Orlando. Il quale, dando la voce al protagonista, Momò, riesce ad evocare tutto il mondo che il grande scrittore francese di origine lituana ha saputo mettere sulla pagina.
Silvio Orlando è stato straordinario nel saper rendere l’innocenza e la sincerità tipiche di un bambino attraverso una recitazione schietta, immediata, priva di fronzoli, senza sovrastrutture. Bastava uno strabuzzamento degli occhi, un’espressione da bimbo pentito in seguito a un rimprovero, un tono di voce improntato alla dolcezza per vedere apparire sul palco non un maturo signore, ma un giovane ragazzino desideroso di abbracci.
La drammaticità della storia di Momò, la sua malinconica ricerca di un amore che ha vissuto senza mai saperlo e che ha dato a sua volta senza rendersene conto: questa drammaticità è stata stemperata da un’ironia leggera che Silvio Orlando ha portato avanti per tutto lo spettacolo. Perché nel teatro vero, il dramma, anche quello più triste, non giunge mai a colorarsi tutto di nero; ma mantiene sempre una nota di leggerezza e di composta spiritosità, pur raccontando vicende poco piacevoli.
Un capolavoro di recitazione e di drammaturgia, questo di Silvio Orlando. Che giunge all’apice proprio in conclusione di spettacolo con le parole, meravigliose, che suggellano questa splendida storia d’amore: BISOGNA VOLER BENE.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 07 Novembre 2022 12:21

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