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THANKS FOR VASELINA - regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi

Thanks for vaselina Thanks for vaselina Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi

"dedicato a tutti i familiari delle vittime e a tutte le vittime dei familiari"
drammaturgia Gabriele Di Luca

regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Beatrice Schiros, Alessandro Tedeschi, Francesca Turrini
musiche originali Massimiliano Setti, luci Diego Sacchi
costumi e scene Nicole Marsano e Giovanna Ferrara
disegni e locandina Giacomo Trivellini
organizzazione Luisa Supino
coprodotto da Carrozzeria Orfeo e Fondazione Pontedera Teatro
in collaborazione con La Corte Ospitale, Festival Internazionale Castel dei Mondi
Teatro OutOff, Milano dal 1 al 6 ottobre 2013

www.Sipario.it, 12 ottobre 2013

Una stanza. Uno spazio unico. L'angolo di mondo in cui gli espulsi si risvegliano dal sogno, dall'illusione di avanzamento, di nuovo imprigionati in quella casella che segna l'inizio a cui troppo spesso si è costretti a tornare e da cui sempre meno si riesce ad uscire. Tirare i dadi e ripassare dal "via".
Senza andare da nessuna parte. Fil e Charlie, 'aspiranti-trafficanti' incubati in piantagioni casalinghe di marijuana, Lucia la madre di Fil, orfana da slot machine, Annalisa il padre trasformato in sposa errante, Wanda la principessa 'in carne e carne' sorella di un adolescente down morto suicida. Queste le pedine del gioco.
Personaggi assurdamente reali, espressioni estreme delle patologie che in embrione possediamo un po' tutti, nella migliore delle ipotesi in sfumature ininfluenti. Ma in Thanks for vaselina i colori sono manifestazioni fluo del nero torbido che è l'umano figlio del XXI  secolo, quell'evoluzione paradossale dell'homo sapiens arrivato a ringraziare per essersi fatto fottere con lubrificazione.
"Un'inculata morbida" , per usare le parole dell'autore stesso, in cui il dolore non passa più attraverso il corpo, che, gonfiato da cheeseburger, o da prodotti "bio", anestetizzato da dosi massicce di Maria (l'unica degna di idolatria), lobotomizzato da corsi di autostima o da tecniche di seduzione femminile, sfiancato da religioni estranianti e da retorica politica, da buonismo da picchi glicemici e da un  tempo scandito dalle ''pause caffé'' ormai,  non risponde più. Non si difende più. Non lotta, ma si lascia trasportare da dinamiche claustrofobiche. E il dolore si fa più sottile e penetrante, quotidiano e familiare, si fa forte di una violenza inespressa, compressa, una violenza che avvelena e immobilizza. Le 'pedine' si muovono da una parte all'altra del limbo che è il loro recinto, a volte uno spasimo le anima, ma è uno scatto nervoso, mentre, imbrigliate in illusioni stantie, si convincono di avere una possibilità, senza sapere quale sia.
Un quadro tragico illustrato con feroce ironia e dovuto sarcasmo. Un gioco al massacro in cui gli interpreti partecipano con distacco e maestria, tratteggiando personaggi over-size credibili e mai patetici, offrendosi con ammirevole generosità. Uno spettacolo vivo, molto ben calibrato, uno specchio deformante davanti a cui ridere, ma con l'amaro in bocca, con quel sapore ferroso di sangue di chi si avverte riflesso da quell'immagine.

D.G.

Ultima modifica il Domenica, 13 Ottobre 2013 16:33

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