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TEMPESTA (LA) - regia Alessandro Serra

"La Tempesta". Foto Alessandro Serra "La Tempesta". Foto Alessandro Serra

di William Shakespeare
traduzione e adattamento Alessandro Serra
con (in ordine alfabetico) Fabio Barone, Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Donato,
Paolo Madonna, Jared McNeill, Chiara Michelini, Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita, Massimiliano Poli, Marco Sgrosso, Bruno Stori
regia, scene, luci, suoni, costumi Alessandro Serra
collaborazione alle luci Stefano Bardelli
collaborazione ai suoni Alessandro Saviozzi
collaborazione ai costumi Francesca Novati
maschere Tiziano Fario
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro di Roma – Teatro Nazionale / ERT - Teatro Nazionale / Sardegna Teatro
in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia / Compagnia Teatropersona
FONDERIE LIMONE DI MONCALIERI (TORINO)
Dal 15 marzo al 3 aprile 2022 │ PRIMA NAZIONALE
TOURNÉE LA TEMPESTA
REGGIO EMILIA, Teatro Valli, dal 5 al 6 aprile 2022
ROMA, Teatro Argentina, dal 28 aprile al 15 maggio 2022

www.Sipario.it, 24 marzo 2022

Un telo plumbeo copre la scena. Sotto, al centro, un corpo disteso. Si abbassano le luci di sala, inizia la tempesta. Il telo, mare impetuoso, vento ruggente, si solleva, si agita, e quel corpo è una donna, un uomo, uno spirito, Ariel che come pesce o sirena si muove armonioso con le onde del mare, a ritmo dell’acqua, è una medusa, è un disegno animato, è un’alga, è una miriade di tracce per portare fuori dalla realtà, dentro a un sogno, che non è quello degli amori nella notte di mezza estate, ma è pur sempre un’immensa fantasia del più grande poeta. Passata la tempesta, con in corso un naufragio, il palco si scoprirà un quadrato di tavole lignee e chiare. Niente di più semplice. Eppure. Nascondono sorprese anche quelle pallide tavole di legno, sotto ci sono luci e microfoni, che amplificano in certi passaggi passi o parole, che tracimano dalle connessure strisce di luce a spandere misteri. Un grande sogno la storia del duca Prospero, spodestato da suo fratello Antonio ed esiliato in un’isola di cui è diventato sovrano, grazie ai suoi saperi, alle sue arti magiche, rendendo schiavo l’unico abitante, il rude Calibano. Prospero aveva con sé la figlia Miranda bambina, cresciuta lì, fuori dal consesso civile. Il naufragio, provocato per punire il fratello snaturato che viaggiava per mare, non ha ucciso nessuno ma ha disseminato l’isola di presenze umane. Che però, magicamente si disperdono, innescando timori, tra i naviganti, sulla sorte degli uni e degli altri. Si credono morti, si cercano, non si trovano. Miranda si innamora del primo giovane che incontra, Ferdinando, figlio di un sodale di Antonio, dunque un traditore. Così vuole la sorte, i due giovani si amano e questo amore è foriero di scioglimento lieto. Commedia dolente, tutto finisce bene ma restano la sconsolatezza e la solitudine a tracciare un cupo confine, tra il bene e il male come sempre confusamente intrecciati. Lo spettacolo restituisce copiosamente l’aura fatata dell’ultima commedia di Shakespeare. E’ pregno di effetti e di segni di straordinario impatto visionario ed emotivo, la gerla di Calibano carica di rami scheletrici tendenti al cielo, le maschere degli spiriti, la conchiglia di Miranda, gli abiti variopinti delle metamorfosi, la nudità dei congiurati e l’imponente partitura luminosa. Un lavoro attento, certosino, meticoloso, stratificato. Con una nota dissonante, che poi rientra nel disegno complessivo. Perché Ariel, ineccepibile nel movimento, pare stonata? Paiono dissonanti, con diverse gradazioni e sonorità, le tessiture verbali degli attori. Così lento e ponderato Prospero. Così dolce, dalla voce vellutata, Miranda, ma sgraziata nel viso. Così padroni e potenti Stefano e Trinculo. Eppure, queste melodie svianti, convogliano presto nel disegno complessivo, che nello scorrere dei quadri, sempre più avvolgenti e conturbanti, trascinano gli astanti nel mondo senza tempo della fiaba. E non basta la mestizia di Prospero, che ha ripreso il ducato ma perderà la magia, o il grido di dolore di Ariel, che conquista la libertà al costo della solitudine, a riportare, noi spettatori, nella quotidianità, da cui preferiamo rifuggire, almeno ancora per un po’, cullati dalla plasticità e opulenza delle immagini di questa Tempesta.

Maura Sesia

Ultima modifica il Lunedì, 28 Marzo 2022 09:06

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