da Euripide
adattamento e traduzione Angela Demattè
regia Andrea Chiodi
con Elisabetta Pozzi
e con Graziano Piazza, Federica Fracassi, Francesca Porrini, Alessia Spinelli
scene Matteo Patrucco
costumi Ilaria Ariemme
luci Cesare Agoni
musiche Daniele D’Angelo
produzione Centro Teatrale Bresciano
Teatro Franco Parenti, Milano dal 8 al 13 febbraio 2022
Un classico si ammanta di universalità, è risaputo: il che significa che conserva intatta – da secoli – la potenza di attrarre il pubblico a teatro (o alla lettura), di catturare l’attenzione, di far discutere. Essendo, dunque, universale, cioè senza tempo, un’opera del genere ha la capacità infinita di adeguarsi alle epoche e alle congiunture storiche differenti. Tuttavia, considerata proprio l’ampiezza degli orizzonti spalancati dai capolavori della classicità, mettervi mano e attualizzare rappresenta sempre un’operazione coraggiosa.
Nel caso di Troiane, da Euripide, adattamento e traduzione di Angela Demattè per la regia di Andrea Chiodi (dall’8 al 13 febbraio al Teatro Franco Parenti di Milano), l’impresa può dirsi compiuta con successo. Al pubblico in sala arriva, eterno e monumentale, il dolore delle madri – Ecuba e Andromaca – dilaniate dalla guerra, saccheggiate dei propri affetti più sacri e inviolabili, della propria stessa identità; arriva l’infelicità di Cassandra, incompresa e inascoltata, trattata alla stregua di una demente. Ma, accanto a ciò che da sempre si pone al centro della tragedia euripidea, ecco una riflessione attuale sull’apparenza, sul potere dell’immagine, sul modo in cui la pandemia ha esasperato le comunicazioni e le relazioni virtuali, il modo morboso di assistere alle altrui tragedie come spettatori, avidi e spesso critici.
Elisabetta Pozzi è Ecuba, vertice dell’epopea degli sconfitti troiani: intorno a lei, fino a un attimo prima regina, soltanto macerie, disperazione e morte. Ridotta in schiavitù dagli achei, insieme alla figlia Cassandra e ad Andromaca, vedova del valoroso Ettore, Ecuba accoglie a più riprese il messaggero degli avversari, dispensatore di notizie ogni volta più tragiche; annunciatore di destini atroci.
Fino a qui, il classico. La veste di attualità scottante cucita attraverso l’adattamento di Demattè e la regia di Chiodi consiste in una analisi delle dinamiche cui siamo sempre più avvezzi: partecipare attraverso il filtro di una webcam – di un qualsiasi dispositivo digitale – alla sofferenza, esserne il pubblico cinico, spietato, regressivamente assuefatto e privo di empatia. Il coro della tragedia è, ormai, formato dalle caselle di una riunione virtuale, dove per intervenire si alza la manina e ci si mutano i microfoni a vicenda. Si è liberi di disconnettersi, di spegnere il computer in qualunque momento, per chiudere il filtro e lasciare il dolore fuori. I protagonisti sono proiezioni, nulla più di quello che appaiono.
Convince l’allestimento innovativo, cupo ed essenziale, dello spettacolo prodotto dal Centro Teatrale Bresciano. La forza di Euripide, il racconto simbolo di tutti i vinti della storia, il loro smarrimento davanti alla cancellazione agghiacciante di legami familiari e generazionali (tema presente ancora nella civiltà contemporanea), trae nuova forza.
Giovanni Luca Montanino