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TINA E ALFONSINA - regia Veronica Cruciani

Aglaia Mora in "Tina e Alfonsina", regia Veronica Cruciani. Foto Antonio Parrinello Aglaia Mora in "Tina e Alfonsina", regia Veronica Cruciani. Foto Antonio Parrinello

di Claudio Fava
Regia di Veronica Cruciani
Interpreti: Francesca Ciocchetti (Alfonsina) e Aglaia Mora (Tina)
Scena: Paola Villani. Video: Lorenzo Letizia
Drammaturghia sonora: John Cascone. Luci: Gaetano La Mela
Costumi: Riccardo Cappello
Regista assistente: Gabriella Caltabiano
Produzione: Teatro Verga Stabile di Catania. Dal 10 al 19 dicembre 2021

www.Sipario.it, 14 dicembre 2021

Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti, nota come Tina Modotti e Alfonsa Rosa Maria Morini conosciuta con il nome da coniugata Alfonsina Strada, nella realtà non si sono mai incontrate, a differenza di questa pièce di Claudio Fava Tina e Alfonsina messa in scena da Veronica Cruciani al Teatro Verga di Catania che lo produce, dove le due donne appaiano insieme come due vecchie amiche, colte vicendevolmente a riprendersi con una telecamere in uno studio di riprese filmiche pieno di casse acustiche e spot luminosi di vario tipo, a raccontare a se stesse e al pubblico le loro leggendarie vite vissute a cavallo di fine ottocento e metà del novecento del secolo scorso. Al centro della scena di Paola Villani staziona una bici da corsa e dietro una piccola camera di registrazione che a seconda degli stati d’animo si colora di varie tinte, mentre e al di sopra due schermi rettangolari riproducono filmati d’epoca delle due protagoniste. Francesca Ciocchetti si cala nei panni di Alfonsina, un’emiliana verace seconda di dieci figli d’una coppia di braccianti, la prima donna ciclista a gareggiare in corse maschili come il Giro di Lombardia e il Giro d’Italia, mentre Aglaia Mora interpreta Tina una fotografa fra le più grandi degli anni ’20 nonché figura controversa del comunismo mondiale. Per non scadere nel semplice documentarismo la Cruciani rende avvincenti e accattivanti le vite di entrambe, archetipe ognuna di due distinti sbocchi professionali, che diventeranno negli anni successivi delle vere arti, nello mondo dello sport e nella cultura delle immagini. Ne viene fuori uno spettacolo godibile anche per la bravura delle due attrici, applaudite molto calorosamente alla fine da un pubblico in mascherina che ha tifato per loro due per quasi un’ora, anche se Alfonsina non vincerà nessuna tappa al Giro d’Italia del 1924 buscandosi ritardi oggi impensabili di oltre due ore, ma sempre accolta all’arrivo con grande entusiasmo e fasci di fiori, bande musicali e striscioni d’incoraggiamento, pure donazioni in denaro, utili a pagare le cure ospedaliere del secondo marito, Carlo Messori, addirittura un ufficiale a cavallo, inviato dal re Vittorio Emanuele III le consegnerà dopo la terza tappa un mazzo di rose e una busta contenente i cinque mila lire. Nonostante i divieti di partecipare alla corsa a tappe più importante d’Italia, Alfonsina che intanto si era conquistata la stima di corridori come Cattaneo, Girardengo e altri, parteciperà ad altre gare importanti vincendone alcune per ritirarsi più tardi e aprire un negozio di bici a Milano assieme al marito, morendo d’infarto più tardi all’età di 68 anni mentre tentava di mettere in moto la sua moto Guzzi 500. Tina Modotti friulana di Udine, la più grande di sei figli, proviene da una modesta famiglia operaia e apprende le prime nozioni di fotografia nello studio fotografico dello zio paterno. Il padre va in America in cerca di lavoro e Tina lo raggiunge più tardi quando ha 17 anni. A San Francisco lavora in una fabbrica tessile e frequenta nel tempo libero alcuni ambienti teatrali che la condurranno fra le braccia d’un pittore, soprannominato Robo che sposerà, trasferendosi poi i due a Los Angeles dove Tina diventerà un’acclamata attrice di tre film, il più noto dei quali s’intitola The Tiger’s Coat. Grazie al marito conosce il fotografo Edward Weston diventando la sua modella preferita (bellissimo il nudo fattole nel 1923) e poi la sua amante. Il marito scoperta la tresca scappa in Messico, Tina lo raggiunge troppo tardi perché intanto lui è morto di vaiolo. Inizia per Tina una nuova vita a Città del Messico, dove conosce intellettuali ed esponenti del partito comunista con i quali intreccerà pure relazioni sentimentali, non facendosi mancare niente anche quando diventerà amica e amante della pittrice Frida Kalo, argomento quest’ultimo, stranamente, neanche sfiorato da Claudio Fava. Tina intanto intensifica la sua attività di fotografa impegnata politicamente, diventa l’esponente principale del movimento muralista messicano, immortala i lavori di José Clemente e di Diego Rivera e partecipa alle manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti. Qualche anno dopo, nel 1929, si lega al rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella che verrà ucciso da un oppositore politico e nonostante le campagne scandalistiche contro di lei realizzerà forse la più importante mostra fotografica, prima di essere espulsa dal Messico. Non scatterà più foto nei successivi dodici anni, diventando la sua vita un tourbillon di avventure, ricoprendo il ruolo d’una spia sovietica a Mosca, vestendo i panni d’una rivoluzionaria durante la guerra civile in Spagna che porterà Franco al potere dittatoriale. Anche sulla sua morte si sono fatte varie congetture. Diego Rivera disse che ad ucciderla fu l’ambiguo Vittorio Vidali (alias Carlos Contreros) pure suo amante, implicati insieme nell’assassinio di Trockij, anche se la versione ufficiale vuole che Tina (nel 1942) dopo aver cenato in casa di amici fu vittima d’uno infarto cardiaco che la fece morire a soli 46 anni nel taxi che la stava riportando a casa.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 17 Dicembre 2021 11:48

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