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TRAGEDIA DEL VENDICATORE (LA) - regia Declan Donnellan

"La tragedia del vendicatore", drammaturgia e regia Declan Donnellan "La tragedia del vendicatore", drammaturgia e regia Declan Donnellan

di Thomas Middleton
drammaturgia e regia Declan Donnellan
versione italiana Stefano Massini
con Ivan Alovisio, Alessandro Bandini, Marco Brinzi, Fausto Cabra,
Martin Ilunga Chishimba, Christian Di Filippo, Raffaele Esposito,
Ruggero Franceschini, Pia Lanciotti, Errico Liguori, Marta Malvestiti,
David Meden, Massimiliano Speziani, Beatrice Vecchione
scene e costumi Nick Ormerod
musiche originali Gianluca Misiti
luci Claudio De Pace
Roma, Teatro Argentina, dal 23 gennaio al 3 febbraio 2019

www.Sipario.it, 27 gennaio 2019

Il teatro di Middleton, così come quello di Shakespeare e gran parte della letteratura inglese a cavallo fra Cinquecento e Seicento, è intriso di un mal compreso Machiavelli. Diversamente non potrebbero spiegarsi personaggi come Riccardo III o, su tutt'altro fronte, come Prospero. Sarebbe difficile leggere La tragedia del vendicatore, attribuita a Thomas Middleton, senza tale riferimento. Si tratta di un'opera dove, per la verità, vengono meno le caratteristiche proprie dell'autore di Una partita a scacchi: la maestria, la furbizia del singolar tenzone condotto sul filo del ragionamento e di una metafora altamente allusiva. Qui, invece, ci troviamo di fronte ad una crudeltà mostrata in tutta la sua durezza e schiettezza.
La storia di Vindice e del suo piano contro il Duca e la sua famiglia per punire la morte della donna da lui amata, stuprata e uccisa dal sovrano, diviene pretesto per mostrare quanto di ipocrita e losco regni nei luoghi del potere e nella società. Individui dominati da passioni laide e scopi tutt'altro che lodevoli; fratelli che bramano di uccidersi l'un con l'altro pur di ascendere al trono; una Duchessa che intrattiene una liaison con il suo figliastro; un Duca che non disdegna di cercare divertimento altrove piuttosto che in casa; madri che incitano le figlie a far dono delle loro grazie pur di ottenere agi e ricchezze. Su tutti, l'unico che parrebbe salvarsi è Vindice. Egli otterrà ciò cui aspira ma con l'inganno. Anche lui, quindi, è ipocrita, tanto quanto chi odia e combatte. Non potrà sopravvivere. Morrà, vittima di ciò che il suo desiderio di vendetta ha creato.
La regia di Donnellan è cruda. Non risparmia al pubblico scene cruenti come quella della tortura operata sul Duca da Vindice e suo fratello Ippolito prima di ucciderlo. I momenti, invece, nei quali è la lascivia a dominare la situazione, vengono rappresentati senza mezzi termini, ma lasciando intendere più che mostrare apertamente (come nella scena della seduzione della Duchessa col figliastro Spurio). In tal modo Donnellan conduce un discorso sul potere e sui suoi aspetti di corruzione e ipocrisia, elementi che permangono nonostante cambino coloro che detengono lo scettro del comando. Caratteristica che emerge chiaramente nel sabba finale, dove tutti, con rapidi giri di danza, finiscono per assassinarsi gli uni con gli altri.
La recitazione di Ivan Alovisio (Lussurioso) e Fausto Cabra (Vindice), giocata su toni vocali bassi che d'improvviso s'impennano, è buona. Ma nonostante questo, al termine della rappresentazione vien da chiedersi: questa strenua severità, questa palese violenza: elementi presenti ne La tragedia del vendicatore, ricercati ed evidenziati dalla drammaturgia di Donnellan (pur con tutti i loro limiti), oltre a riferirci che il potere è qualcosa di negativo e nefando, così come esercitato e per come lo conosciamo, cos'altro vuol raccontarci?
Domanda che resterà irrisolta, una volta usciti dall'Argentina e ripensando allo spettacolo testé terminato.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 28 Gennaio 2019 05:34

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