regia di Riccardo Cavallo
traduzione di Simonetta Traversetti
Costumi Manola Romagnoli
Scene Silvia Caringi e Omar Toni
Assistenti alla regia Mario Schittzer ed Elisa Pavolini
Disegno Luci Umile Vainieri
Progetto Fonico Franco Patimo
con GEROLAMO ALCHIERI, CLAUDIA BALBONI, FEDERICA BERN, SEBASTIANO COLLA, FRANCESCA DE BERARDI, ROBERTO DELLA CASA, MARTINO DUANE, DANIELE GRASSETTI, FABIO GROSSI, VALENTINA MARZIALI, CLAUDIO PALLOTTINI, ANDREA PIROLLI, RAFFAELE PROIETTI, CARLO RAGONE, ALESSIO SARDELLI
MARCO SIMEOLI, ROBERTO STOCCHI
Prodotto da Politeama Srl
Roma, Globe Theatre dal 2 al 12 luglio 2015
Shakespeare, un Mito eternamente giovane
La mezza estate del calendimaggio firmata Shakespeare, per la regia del compianto Riccardo Cavallo, è andata in scena al Globe Theatre di Roma, iniziando la nona stagione di repliche e confermando il bel successo già riscosso nelle otto precedenti edizioni.
Anche quest'anno gli applausi a scena aperta sono stati decisi e molto sentiti da un pubblico attento, per lo più di giovani...il Mito è eternamente giovane, infatti, e si rivolge ai giovani con modalità perennemente fresche e vergini.
Sogno di una notte di mezza estate, in realtà, si svolge in primavera - metafora per eccellenza del risveglio dei sensi, con l'ubriachezza magica che essi comprendono in seno – e mette insieme il mondo reale, quello incantato delle fate e il mondo lirico, stregato, onirico, disegnato dal sentimento d'amore. I tre piani del plot sono intrecciati e condotti sulla linea del linguaggio da altrettanti livelli e modalità linguistiche differenti. Ma su tutti si erge una sorta di mutuo soccorso dell'uno rispetto all'altro, al fine di far confluire le varie storie intersecate fra loro verso un degno lieto fine.
Un sottofondo malinconico, voluto dallo stesso celebre drammaturgo, sottende all'intera pièce, poiché il tempo dell'amore, dell'incantamento, del fervore dei sensi non è che una stagione e porta con sé il senso dell'effimero e della caducità, due ombre inseparabili da tutto ciò che attenga alla natura umana.
La messa in scena moderna di Cavallo, che ha attinto ai classici del melodramma per la colonna sonora, è risultata ancora di grande effetto dopo nove anni, nella sua semplicità e nel suo rispetto per il blank verse; pur avendo il regista riscritto la parte comica dedicata agli attori, accentuando il lato guitto, leggero, farsesco e critico verso i cliché della professione. E gli attori hanno mostrato mestiere nell'uso della parola giocata con articolazione molto accademica. Del resto, in questo tipo di teatro l'ossatura della parola impone quel rispetto ortodosso necessario a legittimare senza timore qualche destrutturazione scenografica, o in favore di elementi di contorno rispetto alla parola stessa. Anche i gesti scenici con un'eco proveniente dalla Commedia dell'Arte italiana – Peter Quince parla napoletano – ci catapultano immediatamente dentro un teatro di prosa classicistico. Apprezzabile, dunque, un allestimento moderno che abbia simili pilastri di supporto...il Mito se ne avvantaggia e lo spirito di chi assiste anche, con un risultato che rinnova la tradizione senza violarla.
Margherita Lamesta