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SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE - regia Giuseppe Venetucci

Sei personaggi in cerca d'autore Sei personaggi in cerca d'autore Regia Giuseppe Venetucci

di Luigi Pirandello
regia: Giuseppe Venetucci
con Antonio Fattorini, Marina Lorenzi, Mico Cundari, Evelina Nazzari
Roma, Teatro Ghione, dal 12 ottobre al 11 novembre 2007

Avanti, 25 ottobre 2007
Il Messaggero, 27 ottobre 2007

Quotidiana rappresentazione scenica

Al Teatro Ghione di Roma dove il repertorio classico è di casa, la Compagnia Stabile rappresenta in queste sere "Sei personaggi in cerca d'autore". Ne è regista Giuseppe Venetucci che nelle note di sinossi pone in evidenza come la confusione dei ruoli che qui avviene sia tipica espressione della nostra epoca, per concludere che l'interrogativo finale di Pirandello "finzione - realtà", diventa nel suo allestimento "ancor più drammatico e lacerante, tanto più vicino a noi, in quanto è proprio del momento storico in cui viviamo, così pieno di conquiste e nello stesso tempo di profondi capovolgimenti sociali, economici e morali". Su quest'assioma Venetucci, regista scrupoloso in ogni lettura drammaturgica, ha ben centrato la sua moderna regia, dando vita a tutti quegli accorgimenti scenici che tendono a porre in evidenza la centralità dell'attore. Solo che ahimè, e lo affermo con sincero rammarico, non tutti gli attori hanno ben risposto all'interpretazione richiesta, particolarmente là dove da parte del padre (Antonio Fattorini) v'erano dei momenti di profonda, intima riflessione, poco uditi dalla pur attenta platea. Sto comunque parlando qui della prima ed ogni prima che si rispetti costituisce un discorso a sé stante, in quanto gli spettacoli un critico avrebbe forse il dovere di vederli nelle repliche, ma in questo caso potrebbe accadere che coi tempi lenti di pubblicazione lo spettacolo venga recensito quando la Compagnia ha ormai smesso la sua recitazione. Ciò che ho detto in riferimento all'attore interprete del ruolo del padre, non è da riferirsi per carità a colei che ha ricoperto la parte della figliastra, ovvero a Marina Lorenzi, nel cui personaggio ci è sembrata a volte troppo su di tono. Più che mai in forma e d'alta professionalità, sono apparsi invece Mico Cundari "il regista", ed Evelina Nazzari "la madre". Ma eccomi doverosamente a citare gli altri attori, che hanno recitato col loro massimo, così com'è avvenuto per Bruno Viola, per Carmen Onorati, per Paola Bacchetti, per Maurizio Di Carmine, per Daniela Aureli, per Nadia Brustolon, per Cesare Belsito, tutti componenti la Compagnia Stabile del Teatro Ghione. Ben centrati e di chiara simbologia, i costumi di Cabiria D'Agostino. "Sei personaggi in cerca d'autore" debuttò nel 1921 al Teatro Valle con la Compagnia di Dario Niccodemi, dando vita ad una delle "prime" più note e tumultuose della sua lunga vicenda. Il pubblico si divise in pareri contrastanti, tra ammirazione e sdegno, pur tuttavia convinto di aver assistito ad uno spettacolo innovativo, destinato a rivoluzionare la scena italiana del Novecento. Oggi come oggi, a ottantasei anni di distanza da quella prima rappresentazione cui s'è fatto cenno, siamo intanto più che in grado di scorgere qual è stata la geniale idea di Pirandello, ovvero quella che la vita, i fatti e i personaggi dell'immaginazione e dell'arte, sono più reali della stessa realtà. Non è difficile così ricostruire la storia interna dei "Sei personaggi", desumendola dalle informazioni che ci forniscono gli stessi protagonisti nella convulsa rievocazione che essi fanno del loro dramma. L'autore, nulla ci vieta di supporlo, dopo aver ideato quei personaggi e quel dramma e non riuscendo a portarli avanti, decise di metterli da parte. Ma quegli esseri creati a metà, non gli davano tregua, lo tentavano, gli apparivano, come ammette uno dei sei, "la figliastra", "nella malinconia di quel suo scrittoio all'ora del crepuscolo, quand'egli abbandonato su una poltrona, non sapeva risolversi a girar la chiavetta della luce e lasciava che l'ombra gli invadesse la stanza e che quell'ombra brulicasse di noi, che andavamo a tentarlo". Finché in uno di quei suoi crepuscoli, egli immaginò che le anime in pena da lui scacciate, si recassero in uno dei teatri della città, a chiedere giustizia per sé e per il loro dramma incompiuto, e fu allora che improvvisamente, dovette balenargli l'idea o l'ipotesi che, pur così incompiuti e allo stato larvale, essi fossero immensamente più reali e compiuti degli attori in carne e ossa, ai quali erano andati a mendicare un po' di vita e di realtà sul palcoscenico. Compresa nella trilogia del "teatro nel teatro", la pièce usufruisce di tale espediente per evidenziare ulteriormente la trasposizione, per altro irrealizzabile, fra la vita quotidiana e la rappresentazione scenica. Al di là del dramma dei personaggi, Pirandello compie dunque in questa commedia un'operazione di rifiuto nei confronti delle sue stesse creazioni. Si arriva così alla paradossale conclusione che i personaggi dovrebbero vivere senza bisogno dell'autore stesso. Il regista Giuseppe Venetucci pone qui in essere qui anche un aspetto di innovazione puramente teatrale: lo sconfinamento dell'azione al di fuori del palcoscenico, nel corridoio del teatro, da quale appunto appaiono i sei personaggi. Il palcoscenico è privo di scenografia: allestito per una prova teatrale; ciò denota chiaramente lo smontaggio compiuto da Pirandello nei confronti delle puntuali e veristiche messe in scena del teatro borghese.

Renato Ribaud

I "Sei personaggi", fedelmente

Per una rappresentazione fedele dei Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello andate al Ghione, dove il testo è in scena con la regia di Giuseppe Venetucci. Non è un caso, infatti, se il teatro è pieno di studenti nella replica pomeridiana: confezionato con chiarezza e rispetto dell'originale i Sei personaggi merita sempre di essere visto per entrare in quel meccanismo di teatro nel teatro che è poi - nelle intenzioni dell'autore - più che altro una pericolosa contaminazione tra arte e vita.
Il copione prevede che ci siano sei attori professionisti e sei personaggi (caratteri) in cerca di qualcuno che rappresenti la loro esistenza, segnata da eventi psicologicamente devastanti, per esorcizzarla.
Vogliono esserne i protagonisti, ma questo non significa che "siano" attori. Ecco cosa manca: la vertigine di chi rimane intrappolato tra realtà e finzione. La Figliastra (Marina Lorenzi), volutamente volgare e con modi da primattrice, fa dimenticare chi siano quei sei. In scena anche Mico Cundari e Evelina Nazzari. Fino all'11.

Paola Polidoro

Ultima modifica il Mercoledì, 25 Settembre 2013 08:59

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