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SANDOKAN O LA FINE DELL'AVVENTURA - I Sacchi di Sabbia

Sandokan o la fine dell'avventura Sandokan o la fine dell'avventura Compagnia Lombardi/Tiezzi

Liberamente tratto da "Le tigri di Mompracem" di Emilio Salgari
scrittura scenica Giovanni Guerrieri?, con la collaborazione di Giulia Gallo e Giulia Solano,
con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano, Giulia Solano
tecnica Federico Polacci?, costumi Luisa Pucci
Teatro delle Briciole, Parma, 15 febbraio 2013

www.Sipario.it 20 febbraio 2013

Pomodoro: cuore, carota; spada, grattugia: cannone, scottex: cannocchiale, insalata: giungla.
Non si tratta d'un gioco dada né d'un esercizio di scrittura bretoniana, ma semplicemente d'un riassuntivo elenco d'alcuni protagonisti ed oggetti di scena del Sandokan dei Sacchi di Sabbia.
Il sogno d'ogni trovarobe, questo di rimediare ciò che manca dall'attrezzeria con una corsa al supermercato!
Eppure proprio attorno ad un tavolo di cucina prende corpo il prodigio: quattro interpreti – tutti bravissimi – ripropongono l'affabulazione salgariana attraverso la rifunzionalizzazione d'oggetti d'uso più che prosaici e l'immaginario esotico ed avventuroso della saga della tigre della Malesia prende corpo – e foglie e fronde! - in questo vivacissimo congegno scenico e drammaturgico ad orologeria.
Il Sandokan dei Sacchi di Sabbia, nato per caso da una battuta aleatoria del loro precedente 1939, è infatti un piccolo capolavoro d'immaginazione, in cui lo spettatore viene coinvolto a pieno titolo nel rimaneggiamento fantastico e continuo dell'enorme materiale letterario di partenza.
E così l'ultima grande impresa della tigre alla conquista della bella e impossibile Perla di Labuan, Lady Marianna è probabilmente anche l'ultima grande impresa dei suoi lettori. E però tra fuochi incrociati di carote e cipolle, scontri all'ultimo sangue con cucchiai di legno e stuzzicadenti, la fantasia – termine ormai dimenticato e demodè – del pubblico è sottoposta ad una costante e imponente levitazione accettata e partecipata con bambinesco (e quindi puro ed esente da giudizio) entusiasmo.
Tutto ciò che manca in realtà c'è, si vede benissimo, è sotto i nostri occhi ancora più grande e scintillante dello sbiadito ricordo delle letture infantili! I galeoni in un'insalatiera, i pericoli della giungla verde smeraldo d'insalata, i trabocchetti, i sotterfugi, di Sandokan folle d'amore per Marianna, la disfatta dei tigrotti di Momptracen a colpi di sedano, la morte nel cuore-pomodoro trucemente trafitto dell'eroina, la tragedia, la fine di tutto. Buio.
E' tutto lì, così vivido e potente e bello – sbocciato da una scena vuota, come un fiore d'Oriente.
In un crescendo drammatico e divertentissimo condotto con estrema scioltezza, Giovanni Guerrieri ed i suoi sodali, dipanano le gesta dell'eroe con una calibrazione perfetta dei tempi comici ed una sincronizzazione ed un affiatamento degli interpreti sulla scena davvero sorprendente – e raro.
Gli attori fanno anche scanzonatamente il verso anche ad una pietra miliare della cultura – e dell'immaginario televisivo - popolare italiana: il mitico sceneggiato anni '70 con la sua carica sovraccarica (perdonate il calembeur) di maestoso esotismo e stereotipi orientaleggianti, restituita da una certa voluta fissità del Sandokan-Guerrieri e dei suoi pirati, subito riassorbita nel ritmo vorticante ed incalzante dell'azione, memori anche delle lezioni di Aldo Trionfo e dell'Ubu di Sodini.
La grande avventura casalinga dei Sacchi di Sabbia, sconvolgendo col sorriso e con sincero divertimento, i canoni usuali d'ogni narrazione si propone inoltre come piccola metafora della vita dell'autore, quell'Emilio Salgari dai giorni tormentati, morto suicida dopo tante sventure, che immaginò e scrisse di mondi carichi di seducente suggestione senza mai muoversi da Torino. Forse anche lui fu colto dall'intermittente scarica dell'ispirazione tra uno scolapasta ed altri utensili domestici, chissà.
In ogni caso le tigri di Momptracen della compagnia pisana si rivelano un miracolo d'immaginazione calato nel quotidiano e dimostrano come il collaudato gruppo sappia muoversi con grande abilità ed indiscusso mestiere tra i registri drammaturgici e le esigenze e le forme sceniche più disparate: dalla farsa medioevale, come nel Teatrino di San Ranieri prossimamente in programmazione alle Briciole, al pop-up per adulti, dalla sacra rappresentazione fino al confronto con testi letterari fondamentali e intrisi di tragico quali Casa d'altri di D'Arzo e Domani ti farò bruciare da Dostoevski, realizzati in collaborazione con Silvio Castiglioni.
La duttilità ed il talento emergono a tutto tondo in questo racconto per adulti che apre una moltitudine d'universi e d'immagini sognanti e vere in soli 50 minuti.
Quando le luci calano, l'immaginazione si smorza delusa e la percezione esaltata dell'incantamento a poco a poco scioglie il legame con la meraviglia, l'immaginario appena ricostituito e cesellato in ogni dettaglio svapora. E però a ben guardare, se ne conserva intatto il ricordo e il gioco può continuare ancora, senza fine, perché quella facoltà immaginativa titillata dagli eroi in grembiule e scarpe da tennis a suon di patate affettate e rapanelli infilzati ci è propria, ci appartiene e con generosità e grande freschezza ci è stata restituita.
Yanez: pentola, soldato: porro, palazzo: tavolo, bacinella: mare...

Giulia Morelli

Ultima modifica il Mercoledì, 25 Settembre 2013 09:03

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