di Giorgio Strehler
da Bertolt Brecht e Alfonso Sastre
regia: Giorgio Strehler
ripresa da Andrea Jonasson
scene e costumi: Luciano Damiani
musiche Fiorenzo Carpi a cura di Giulio Luciani
movimenti mimici: Marise Flach
con Andrea Jonasson e con Riccardo Ballerini, Chiara Claudi, Francesco Guidi, Alberto Onofrietti, Camilla Zorzi
suonatori: Anna Grazia Anzelmo, Alessandro Virzi, Francesco Zaccaria
soldati e ombre: Paolo Garghentino e Eugenio Olivieri
Milano, Teatro Studio, dal 14 ottobre al 4 novembre 2007
È l'unico spettacolo che Giorgio Strehler ha scritto e diretto. Tratto da Berthold Brecht e Alfonso Sastre, "La storia della bambola abbandonata" è una fiaba adatta anche agli adulti. Protagonisti di quest'opera strehleriana sono i bambini che, oltre ad essere l'interlocutore-principe del racconto, diventano gli animatori della storia. Una storia semplice, piena di poesia, che intercetta la sfera emozionale dello spettatore. Una pièce suggestiva di Strehler che Andrea Jonasson (compagna del regista scomparso), insieme a Giuseppina Carutti, riesuma grazie al Piccolo di Milano, l'Accademia della Scala, l'Eti, il Metastasio di Prato e la Fondazione Teatro Verdi di Brindisi. Tutti insieme per rinverdire la memoria di un Paese che dimentica troppo in fretta i propri talenti. Una bambola di pezza viene contesa da due bambine, una povera (Paca), l'altra ricca (Lolita). Tra le due si scatena un conflitto (di classe?) che somiglia a quello che avviene tra adulti; e non solo quando il motivo del contendere sono i bambini. La domanda molteplice che pone questa vicenda è la seguente: di chi è una "bambola smarrita", di chi la ritrova o del suo proprietario che la rivuole? A chi deve essere affidato un bambino conteso? Al suo genitore naturale che lo ha "rinnegato", o a chi lo ha cresciuto ed amato adottandolo? Nonostante i tanti ragazzini protagonisti (di 8/9 anni), "La storia della bambola abbandonata" è, per tutti, uno spaccato che descrive e racconta la magia del teatro, la sua poesia, il suo incanto. La scenografia di Luciano Damiani è talmente bella che non riusciamo a trovare le parole giuste per descriverla. Un palcoscenico scosceso che degrada verso la platea e un fondale bianco con quinte altrettanto asettiche (che una luce cangiante trasforma), fanno da cornice a un evento che fa venir voglia di teatro anche a chi non ce l'ha. "La storia della bambola abbandonata" è ambientata in un luogo che ghettizza e penalizza i bambini (privati del verde dove poter giocare); ma si anima grazie a un albero dalla "sagoma infantile" che dilata emozioni capaci di sublimare la finzione. Assistendo a questo spettacolo siamo stati colti da una gragnola di sensazioni che ci hanno commosso, un racconto dalle pagine scritte con "inchiostro simpatico" (quello che non si vede) che solo i piccoli riescono a leggere. Ci siamo "persi" nell'ascoltare questa fiaba teatrale di Giorgio Strehler, un teatrante che ha nobilitato il palcoscenico degli anni Settanta con spettacoli memorabili. Di fronte al pressappochismo odierno, di quel teatro abbiamo una nostalgia struggente, la nostalgia di un tempo andato che ha segnato per sempre il nostro immaginario. Come spesso accade quando ci troviamo di fronte a un'opera che ci ammalia (e non succede frequentemente), smarriamo il bandolo della matassa, necessario (se non indispensabile) per recensire una rappresentazione teatrale. Ve ne chiediamo scusa ma siamo stati traditi dall'emozione! Non ci rimane che concludere facendo un applauso convinto agli interpreti tutti. Con Andrea Jonasson (la venditrice di palloncini e cantastorie) vi sono: Chiara Claudi, Riccardo Ballerini, Alberto Onofrietti, Francesco Guidi, Camilla Zorzi, Riccardo Leonelli e Fausto Verginelli. Firma le luci Gerardo Modica mentre le musiche sono di Fiorenzo Carpi (suonate dal vivo da Stefano Indino, Marco Orfei e Alessandro Virzi). I movimenti mimici li ha curati Marise Flach. Poi vi sono loro, i bambini, che meritano un plauso particolare. Sono tanti e tutti bravi. "La storia della bambola abbandonata" è in scena al Teatro Valle di Roma fino al 6 gennaio.
Gianfranco Quadrini
Giocattoli malridotti e piccoli grembiuli È una sorta di omaggio affettuoso e calibrato a Giorgio Strehler, di cui a Natale ricorreranno i dieci anni dalla morte: La storia della bambola abbandonata (fino al 4 novembre al teatro Studio, a dicembre e fino all'epifania al Valle di Roma) fu elaborata trent'anni fa dal fondatore del Piccolo Teatro, mettendo assieme, per «i bambini di tutte le età», La bambola abbandonata di Alfonso Sastre e il brechtiano Cerchio di gesso del Caucaso. In un testo in cui i due racconti si intrecciano strettamente, ma dove si parla pure di quel signor Bertoldo che della seconda è l'autore, oltre che padre del teatro epico e fondatore del Berliner Ensemble, e di moltre altre cose che scorrono via con la grazia e la vitalità dei bambini che affollano la scena, indiavolati e irresistibili a cominciare dalle due fanciulline che li capeggiano, la perfida Lolita e la amorosa Pachita.
Una lascia la bambola che ormai è malridotta, l'altra la raccoglie, la cura e ne fa la propria compagna, finché l'altra non riconosce il suogiocattolo e lo pretende indietro. Proprio come nel Cerchio di gesso caucasico in cui un giudice orientale pone il bambino conteso da due madri, per scoprire chi sia quella vera.
I due racconti si incrociano, uno vestito nei grembiulini di oggi, l'altro con le maschere e i costumi fantasiosi di un oriente brechtiano. Perché della messinscena originale ci sono ancora i costumi e le scene di Luciano Damiani, così come le musiche appositamente composte da Fiorenzo Carpi, due pietre miliari della storia del Piccolo, entrambi scomparsi, ma che qui ricevono un omaggio affettuoso.
Non c'era invece, nella prima edizione, Andrea Jonasson, la venditrice di palloncini che conduce il racconto, anche quando questo si sposta nel magico Oriente del Caspio. L'attrice però mostra desiderio profondo di entrare nella creazione di suo marito, e con la sua voce fascinosa guida i bambini sul palcoscenico e gli spettatori in platea in quell'apologo esemplare, divertita lei stessa. A tratti didascalico racconto, in altri momenti misterica favola, la storia di quella Bambola offre anche la possibilità di citare tante immagini del teatro di Strehler, dalla Tempesta all'Anima buona, ad altri titoli famosi che ognuno può far balenare in un movimento di scena, o in un oggetto buttato lì. Tutto con molta discrezione, incantati dalle lacrime crudeli del racconto, e dallo straniamento, davvero brechtiano, cui Andrea Jonasson arriva col sorriso rivolto ai bimbi.
Gianfranco Capitta