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SOGNO DI UN MATTINO DI PRIMAVERA - regia Sandro Lombardi e Federico Tiezzi

Sogno di un mattino di primavera Sogno di un mattino di primavera Regia Sandro Lombardi e Federico Tiezzi

poema tragico di Gabriele D'Annunzio
regia: Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
con Sandro Lombardi, Marta Richeldi, Alessandro Schiavo, Annibale Pavone, Marion D'Amburgo, Davide Calabrese
Firenze, Cortile del Museo del Bargello, dal 9 al 27 maggio 2007

Corriere della Sera,  10 maggio 2007
La Repubblica,  28 maggio 2007
«Sogno di un mattino di primavera»: amore, morte e follia al Bargello

Tiezzi e il Vate: trionfo del kitsch

Con il passare del tempo l' idea di kitsch si è logorata: da indicatore di cattivo gusto, indulgenza, falsificazione, in quanto semplice e universale stato delle cose il kitsch è diventato un valore. Un' opera che ne faccia uso deliberato perché non potrebbe essere apprezzata come opera di qualità? Nel grande mare dei Sargassi dei prodotti estetici, Federico Tiezzi sguazza come un cetaceo di possenti dimensioni. Non c' è un suo spettacolo che non sia una ricapitolazione del kitsch universale, un vaso di Pandora dei suoi derivati. Come poteva un simile regista non incontrarsi con Gabriele d' Annunzio, che del kitsch è uno dei padri fondatori? Il fausto evento si dà nel cortile di un illustre museo, il Bargello, dove il poeta s' aggirava e dai suoi tesori traeva ispirazione. Nel Sogno di un mattino di primavera il tesoro delibato è la (presunta) Dianora di Desiderio da Settignano, il cui busto preme sulle ginocchia di Isabella, la protagonista del poema tragico. Costei è dall' autore nominata La Demente. Poiché, specie in Firenze, Dante non può mai mancare, Paolo e Francesca, ovvero Isabella e Giuliano, vengono sorpresi in flagrante adulterio. Il marito di Isabella uccide Giuliano, Giuliano spira tra le braccia dell' amante in un ininterrotto flusso di sangue, per Tiezzi evidente simbolo di sperma. Nella temperie simbolista di fine Ottocento si poteva dire tutto di tutto, travestire tutto con tutto. Per la pornografica immaginazione di d' Annunzio c' è, lo sappiamo, una pronta redenzione. Per Tiezzi, l' opportunità di nuotare nei simboli: egli può esibirsi in un dotto saggio scritto (nel programma) e in una pregnante scrittura registica (sulla scena), entrambi di incontenibile fremito, per usare un vocabolo del Vate. Costui, prima e più di Tiezzi, affonda le mani dove può: nel verde dei giardini e dei boschi (l' apollinea Isabella, tra le mille piante della scena, passa con agilità nel regno di Dioniso, tanto è pazza); nel rosso del sangue; e nel bianco dello sperma, cioè dell' alba, della creatività, e della puerilità stessa. Volendo speculare un poco, si potrebbe supporre che questa storia di amore, morte e follia abbia una contorta radice biografica. Come sempre d' Annunzio si barcamenava: tra Sarah Bernhardt ed Eleonora Duse non sapeva a chi dare i resti. Nel 1896 la Bernhardt interpretò a Parigi La città morta. Nel 1897 egli scrisse Il sogno per la Duse. Perché non vedere in Isabella il fantoccio gemente della Bernhardt, e nella sorella Beatrice, suo doppio, la Duse con cui d' Annunzio convolava a teatrali nozze? Beatrice si allontana con Virginio, doppio di Giuliano, novello, rinverginato d' Annunzio. La Demente resta lì, postuma a se stessa, con l' impronta del corpo dell' amante ormai svuotato di spermatica vitalità, morto non tanto per il colpo ricevuto quanto per pura e semplice saturazione. Insomma, una storia di ex amore. Ma il punto, per cui parliamo di kitsch, è un altro. Non l' argomentazione, il marchingegno drammaturgico. È la lingua. Ne do un solo esempio. Virginio dice a Beatrice: «Mia madre tiene per benedetta in eterno la creatura che diede in quel lungo lavacro la testimonianza suprema del suo amore». Basterà notare i tre densi aggettivi e il concetto (il «lungo lavacro» che piace anche alla mamma, così il figlio si è liberato di un ingombrante amore). Per Tiezzi e per Sandro Lombardi, che la interpreta, Isabella è una novella Dafne dalle mani frondose e, imbevutasi del sangue del suo amante, un di colpo senescente Dracula, dalla stremata, fluente, nivea capigliatura, una curva capigliatura art nouveau, purissima come la sua recitazione, laddove alle comparse (da Marta Richeldi a Alessandro Schiavo, a Marion D' Amburgo) sono lasciate le briciole della prosa.

Franco Cordelli

Quella dama di D’Annunzio sembra proprio un uomo

Nell’affollato repertorio drammaturgico di D’Annunzio Sogno di un mattino di primavera gareggia vittorioso nella scala dei testi meno rappresentati del poeta: e si possono addebitare le ragioni di questo record alla staticità di una vicenda esangue sacrificata al compiacimento per l’ambientazione rinascimentale. Ma tale motivo può agire da spinta all’allestimento qualora si presenti la possibilità di fruire di un luogo sacro quale il cortile del Bargello con attigua mostra dedicata a Desiderio da Settignano, tanto più se a realizzare l’operazione viene chiamata una compagnia toscana come la Lombardi-Tiezzi, guidata da due studiosi di storia dell’arte. Ecco dunque la vicenda di una Isabella presunta de’ Medici che, sorpresa dal marito, s’è vista uccidere l’amante tra le braccia e ha perso la ragione, tesa a confondersi con le fronde, in preda a un delirio in cui ama rispecchiarsi in un’altra gentildonna già sottoposta a identico destino. La soluzione registica consiste nello straniare la protagonista affidando il ruolo della Demente, che fu di Eleonora Duse, a un poderoso Sandro Lombardi stralunato e nasale con lunga parrucca d’un bianco argenteo come il manto, sovrapposto a un verde che l’avvicina alla vegetazione in cui la dama vorrebbe sparire, disposta con sapienza in vasi d’orto botanico, lasciando spiccare il rosso vivo delle rose, tra le attente presenze di Marion D’Amburgo, Marta Richeldi, Alessandro Schiavo.

Franco Quadri

Ultima modifica il Giovedì, 26 Settembre 2013 08:49

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