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SERVO DI SCENA - regia Franco Branciaroli

Servo di scena Servo di scena Regia Franco Branciaroli

di Ronald Harwood
traduzione di Masolino D'amico
con Franco Branciaroli, Tommaso Cardarelli e con Lisa Galantini, Melania Giglio, Daniele Griggio, Giorgio Lanza, Valentina Violo
regia di Franco Branciaroli
scene e costumi di Margherita Palli, luci di Gigi Saccomandi
Produzione Ctb Teatro Stabile Di Brescia e Teatro De Gli Incamminati
Teatro Dante di Campi Bisenzio il 13 e 14 Gennaio 2012

www.Sipario.it, 25 gennaio 2012

Una dichiarazione d'amore per il teatro, da parte di chi si trova sul palco e lo spettacolo lo recita, lo fa, e di riflesso da parte di chi è seduto a guadare, che si ritrova a recitarla senza neanche saperlo; Servo di scena è questo, una dichiarazione d'amore tra le più belle, di quell'amore che ama anche, e soprattutto i limiti dell'amato, insomma, un amore speciale.

Franco Branciaroli ha scelto di mettere in scena il bel testo di Ronald Harwood, autore sudafricano, inglese d'adozione, che negli anni Ottanta del secolo scorso decise di tracciare un ritratto del teatro attraverso i lineamenti di una sgangherata compagnia di provincia londinese, che sotto le bombe del 1940 si arrischia e si ostina a mettere in scena il Re Lear come da programma.

I colpi di scena non mancano: il capocomico della compagnia, Sir, qualche ora prima della rappresentazione ha un malore con annesse amnesia e depressione esistenziale post trauma.

Ovviamente tutta la compagnia, direttrice di scena compresa, piomba nel panico - molto più per questo contrattempo che per le bombe a pioggia dei nazisti! - tutti tranne Norman, irreprensibile e puntiglioso servo di scena che non prende nemmeno in considerazione la possibilità di sospendere la rappresentazione, chissà se per incoscienza o cieca ostinazione.

Alla fine lo spettacolo si consumerà sia sul palco che fuori, e per uno strano gioco del fato Re Lear-Sir vedrà compiersi il suo destino risolutore non una ma ben due volte.

Franco Branciaroli riserva per sé il ruolo del capocomico Sir rivestendolo con grande padronanza e naturalezza, mentre il servo di scena Norman è affidato a Tommaso Cardarelli, molto bravo a sostenere il personaggio con precisione e perizia per tutta la durata dello spettacolo, fino alla faticosa e risolutiva scena finale della sbronza.

Valore aggiunto dello spettacolo è la scenografia stratificata di Margherita Palli, che predispone sul palco uno spazio organizzato su due piani, il piano del palcoscenico e, sotto, quello dei camerini, entrambi praticabili e praticati dagli attori. La stanza di Sir è un autentico museo del teatro a scena aperta: i costumi degli spettacoli ordinati su un grande appendiabiti, lo specchio con le mitiche lampadine perimetrali, la plancia del trucco con i colori numerati, il divano su cui l'attore si distende per rinfrancar le membra.

Vero protagonista della pièce è il teatro, che nel compiersi dell'azione affascina nello svelamento pudico dei suoi segreti, e incanta nel compimento puntuale delle sue meraviglie.

Da dietro le quinte del Re Lear, dove ci ha collocato la sapiente regia di Branciaroli, possiamo sbirciare quello che non vediamo mai, ciò che i teli neri delle quinte o le porte chiuse dei camerini hanno il compito di nascondere: il rituale del trucco e della vestizione dell'attore, il ripasso delle battute prima dell'apertura del sipario, il gesto scaramantico per esorcizzare un nome portasfortuna; scopriamo come la direttrice di scena detta i tempi dello spettacolo, coordina in modo concitato luci e scenografie; ci colpisce che l'attore principale dello spettacolo tra un atto e l'altro riesca a dormire per recuperare le forze, a dispetto del pubblico in sala che lo attende.

Ma anche così "svestito" il teatro mantiene intatta, se non potenziata, la sua attitudine alla meraviglia: pur vedendo in diretta l'attore truccarsi e vestirsi, non rimaniamo indifferenti di fronte alla metamorfosi che si compie sotto i nostri occhi: Sir diventa Re Lear, e un attimo dopo la trasformazione ci domandiamo come fosse prima, e se davvero ci sia stato, un prima; ridacchiamo per gli sforzi immani compiuti dagli attori per creare la tempesta, ma se chiudiamo gli occhi per un attimo la tempesta la sentiamo davvero; e alla fine, con il palcoscenico del Re Lear girato verso di noi, nonostante lo svelamento degli artifici, nonostante il viavai dei camerini, nonostante la folla intorno, le ultime battute di Shakespeare ci arrivano dirette, alte e splendide, in tutta la loro forza.

Aeffe

Ultima modifica il Domenica, 29 Settembre 2013 12:57

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