di Armando Pirozzi
regia di Massimiliano Civica
con Diego Sepe e Luca Zacchini
Luci a cura di Gianni Staropoli
Costumi a cura di Daniela Salernitano
Teatro Argentina di Roma all'interno del RomaEuropa Festival, dal 13 al 14 ottobre 2012
In Soprattutto l'anguria, andato in scena al Teatro Argentina di Roma all'interno del Romaeuropa Festival, si ripete il fortunato connubio fra Massimiliano Civica e Armando Pirozzi che l'anno scorso aveva dato vita a Attraverso il furore, denso spettacolo in cui all'assoluto dei sermoni di Meister Eckhart si contrapponeva tutta la fragilità del quotidiano incarnata da Pirozzi.
Qui siamo lontani dalla sublime compostezza dello spettacolo precedente, ma è il tema stesso dello spettacolo, decisamente umano, in fondo a richiederlo.
L'intero gioco scenico verte sull'impossibilità di comunicazione fra due fratelli: i frammenti della difficile e paradossale storia della loro famiglia si accumulano nel corso della rappresentazione per poi sgretolarsi. Il fratello maggiore, interpretato da Luca Zacchini, giunge da lontano per annunciare all'altro la morte del padre, e ci appare afflitto da un monologare ininterrotto e inconcludente, disperato e goffo; fra le sue parole un dramma taciuto tenta di venire alla luce, ma resta forse in fondo solo sfiorato. Il fratello minore, Diego Sepe, è al contrario perso in un silenzio attonito, che si protrae senza mai infrangersi per tutta la messinscena, così fra di loro non riesce ad instaurarsi nessun vero dialogo, nessuno scambio. La verità sembra restare inattingibile, confusa fra gli assurdi ricordi, racconti, di un fratello che non riesce a smettere di parlare, mentre l'altro lo guarda impassibile ed estraneo. La freschezza ritmica del testo di Pirozzi, così adatta all'oralità pura della rappresentazione, è ben tenuta dalla recitazione dei due attori, decisamente di buon livello, e dalla messinscena di Civica, come sempre molto accurata. Il fatto però che lo scambio fra i due fratelli sia costretto a questa univocità, a tratti davvero estenuata, se permette alcuni momenti di comicità leggera, non nasconde una schematicità di fondo, in cui il silenzio rischia di essere ridotto, in modo forse vagamente didascalico, ad una semplice assenza di parole.
Federica Spinella