martedì, 20 maggio, 2025
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SCHEGGE DI MEMORIA DISORDINATA A INCHIOSTRO POLICROMO - regia Fausto Cabra

"Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo", regia Fausto Cabra "Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo", regia Fausto Cabra

Uno spettacolo di Fausto Cabra
Drammaturgia: Gianni Forte
Con: Raffaele Esposito, Anna Gualdo, Elena Gigliotti
Scene: Stefano Zullo
Disegno luci: Martino Minzoni
Costumi: Eleonora Rossi
Musiche: Mimosa Campironi
Grafica e contributi video: Francesco Marro
Produzione Teatro Franco Parenti
Teatro Franco Parenti, Milano, 13 aprile 2025

www.Sipario.it, 27 aprile 2025

Se esiste un cinema che si prende carico o si compiace di raccontare i casi di assassini nati o stupratori torturatori sadici ecc. – l’elenco delle perversioni è lungo, ma anche quello dei film – la stessa cosa non si può dire del teatro, che si tiene più ancorato ai grandi temi dell’esistenza, interrogando il romanzo e la drammaturgia di tutti i tempi o cercando nelle pieghe della contemporaneità il persistere di temi universali; di illuminare o indagare figure significative o esemplari (nel bene o nel male), di individuare un filo di senso nel caos contemporaneo o di auscultarne il non senso.

Dunque è abbastanza insolito uno spettacolo che racconta la storia (vera) violentissima di Billy Milligan, bambino abusato che diventa stupratore, finendo per frammentare la propria identità in una casistica di personalità coabitanti (la scheda clinica di Billy ne individua ben 24!). 

Uno psicologo, un avvocato, un poliziotto, la madre, il patrigno, le tre donne violate, (Anna Gualdo, Elena Gigliotti), lo stupratore Billy (Renato Esposito). Sono tutte figure che vediamo in scena per tramite dei tre attori/trici intesi a dare un ritratto da vari punti di vista della particolare psicosi che abita il protagonista. 

Si alternano spiegazioni psichiatriche, tentativi di umanizzare il colpevole, moti di comprensione materna, crudeltà e ipocrisia che danzano sul filo di un sinistro Natale in famiglia, confessioni, esplosioni di collera. 

Sul fondo, un televisore parla la sua lingua pubblicitaria infarcita di spot anni 70-80, di sigle o schegge di famosi telefilm dove, come nello Zelig di Woody Allen, i volti dei noti protagonisti sono sostituiti da quello di Billy-Esposito, e una radiolina ripete ossessivamente hit d’epoca nelle scene alla stazione di polizia. Un controcanto pressoché continuo all’azione, come a sottolineare la pervasività di un tratto di alienazione costante che attraversa le nostre (verrebbe da dire misere) vite occidentali prone al vangelo dello spettacolo-merce, oppure si tratta di semplice, e un po’ risaputo, citazionismo post-moderno con sospetto di nostalgia e relativi ammiccamenti?

Le luci e i suoni concorrono a creare un’atmosfera angosciosa, da poliziesco-thriller, integrate da ricostruzioni cinematografiche di genere prodotte per l’occasione e proiettate su un grande schermo posto sul fondo a evocare la scena madre all’origine del trauma subito dal Billy bambino. 

Se le personificazioni delle diverse identità di Billy vengono affidate soprattutto a riprese video del protagonista truccato, vestito e pettinato a seconda della personalità che di volta in volta emerge (con un cameo femminile di notevole forza), appare fin troppo insistito il ricorso alle virtù cine fotogeniche di Esposito, che rende meno ricco il lavoro di scena, purtroppo limitato alla resa di due sole personificazioni: quella del Billy bambino (eccellente la restituzione della sua sensitività ignara e smarrita, irruente e candida), e quella, più agevole – anche per via di una coincidenza senza residuo tra il corpo dell’attore (alto e palestrato) e il physique du rôle – del bruto furioso, dello stupratore.

Il nucleo di maggiore autenticità ci è sembrato provenire dal lavoro in dispendio fisico del protagonista, intorno a cui il regista Fausto Cabra ha costruito lo spettacolo accumulando sulla vicenda, sinteticamente raccontata, e raccordata, dalle due attrici, anch’esse a loro modo impegnate in uno slalom tra diversi personaggi, ogni sorta di effetti acustici, luminosi, visivi, sonori, finanche olfattivi (l’odore della terra per esempio); ma l’impressione generale è che la ricchezza di tutti questi materiali si riduca a mera sommatoria; con un tessuto spettacolare che fatica a trovare una sintesi, a integrare a fondo le molte, forse troppe (anche se talune indubbiamente efficaci), incursioni ed escursioni tecnologiche. 

Franco Acquaviva

Ultima modifica il Lunedì, 28 Aprile 2025 01:37

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