regia di Massimiliano Civica
di Armando Pirozzi
con Renato Carpentieri, Vincenzo Abbate e Maria Vittoria Argenti
disegno luci di Massimo Galardini
costumi di Daniela Salernitano
suono di Daniele Santi
oggetti di scena a cura di Enrico Capecchi e Loris Giancola assistente alla regia Valeria Luchetti
Produzione Teatro Metastasio di Prato
Teatro Astra, Torino, giovedì 2 febbraio 2023
Quale il prezzo da pagare per una vita dedicata all’arte? E può il relativo costo gravare su equilibri e dinamiche famigliari? Ed ancora l’arte in generale, ed il teatro in particolare, sono capaci di essere panacea di tutti i mali, o piuttosto in alcuni casi rischiano di rivelarsi morbo dalle nefaste conseguenze? Questi i fondamentali interrogativi di cui si occupa La stoffa dei sogni, atto unico di Armando Pirozzi che Massimiliano Civica dirige affidandosi al carismatico Renato Carpentieri, in scena con Vincenzo Abbate e Maria Vittoria Argenti.
Come da subito evidente parliamo di temi “universali, il rapporto artista/arte e quello genitori/figli, la cui disamina prende le mosse dalla visita che Carmine Sirignano, anziano teatrante dalla vita professionale di alterne fortune, in una serata simile ad una tempesta scespiriana effettua a casa della figlia Barbara, da lui abbandonata in piena adolescenza, per cercar di ricucire un rapporto fiaccato da decenni di silenzi ed assenze. Se la scusa è alleviare difficoltà economiche di un incidente causato dal di lei figlio, l’inaspettata visita è occasione per riallacciare i fili di una vita scivolata via dalle mani del genitore, tra spettacoli, tournée e sogni artistici non sempre realizzati. Insieme a Carmine, sua spalla in scena come nella vita di tutti i giorni, comparirà anche Rocco, allievo prediletto e compagno d’arte che, durante un breve sonno, lo stanco attore scambia per sé stesso da giovane. Sarà lui, Rocco, il raisonneur cui padre e figlia si affideranno inconsciamente in un disperato tentativo di riconciliazione culminato in un finale dai toni concilianti.
Come da sua prassi registica, Massimiliano Civica lascia parlare le parole, dirigendo con mano lieve gli incontri/scontri dei protagonisti che prendono forma in una scena minimal con salottino di vimini e telefono, tappeto, sedia e un vaso con piume di pavone: il problema, tuttavia, è che la scrittura risulta a tratti debole, non sempre capace di coinvolgere emotivamente, semmai narrazione dai troppi vuoti per fortuna alleggeriti da continui rimandi a quel teatro scespiriano che Carmine, da giovane, ha frequentato cullando ben altre speranze. A giochi fatti, dopo settanta minuti filati, l’impressione è di trovarsi di fronte ad una materiale magmatico in grado di esplodere che resta però soffocato in una scrittura cui forse gioverebbero maggiori invenzioni nella resa scenica.
Spalleggiato dalla Barbara di Maria Vittoria Argenti, giovane donna dalla forte personalità capace con il passar dei minuti di smussare toni e approcci verso il padre, e dal Rocco di un conciliante Vincenzo Abbate, Renato Carpentieri tratteggia il vecchio attore con dolente umanità: naso rosso da clown per un artista e un padre, affetto dall’eterna sindrome di Peter Pan, deciso ad interrogarsi su peso e significato dell’arte ed impegnato nella recita di una vita che lo ha visto presto abbandonare i doveri famigliari di marito e genitore, preferendo la scalata in un mondo risultato avaro di soddisfazioni: se sogno e menzogna, sembrano suggerisci Pirozzi/Civica, sono orditi dal medesimo telaio, il rischio è che il rimedio sia peggiore del sintomo quando si cerca rifugio in un mondo illusorio ed artificiale come quello dell’arte. Una terra di nessuno dallo spiccato magnetismo capace di attirare nei suoi ingranaggi tutto e tutti, financo la burbera figlia che, dopo essersi piegata alla magia del palco in una grottesca parodia del mestiere attoriale, si unirà alla fine al tanto criticato genitore in un tardivo, quanto catartico, abbraccio mentre in proscenio Rocco ricorda agli spettatori il mantra finale degli spettacoli teatrali in India, “possano tutti gli esseri viventi restare liberi dal dolore…”
Roberto Canavesi