di Massimo Carlotto
con Giuliana De Sio, Alessandro Haber, Paolo Sassanelli, Riccardo Festa, Paolo Persi
scena Francesco Ghisu
costumi Katarina Vukcevic
regia Pierpaolo Sepe
produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo, Goldenart Production, Teatro della Toscana
teatro Comunale, Thiene (Vicenza), 24, 25, 26 gennaio 2023
Una gran bella scelta quella di portare in scena “La signora del martedì” di Massimo Carlotto, che fa passare minuti eccellenti a chi lo va a vedere, scoprendo uno spettacolo originale, intimo, qualche volta divertente ma con una serie di scatole cinesi che si aprono di continuo, scoprendo realtà su realtà, presente e soprattutto passato. I personaggi paiono perlopiù bizzarri ma più che altro sono vissuti e disperati ognuno a suo modo, portano su loro stessi il carico di una vita, dei loro errori, delle passioni, dei mali ricevuti. L’ambiente della pensione Lisbona dove tutto si svolge è accogliente nella sua semplicità decadente, con un ospite fisso pronto al ritorno sul set (faceva l’attore porno) in una nuova produzione e nel frattempo accompagnatore settimanale (nel senso di una volta ogni sette giorni) di una distinta signora, che poi si scoprirà essere Alfonsina detta Nanà. Un personaggio, come gli altri, tutto da scoprire, che si porta appresso fantasmi della memoria e che parla di allure con Alfredo, il proprietario della pensione. La donna svicola decisa ogni tipo di rapporto con chiunque che non sia Bonamente Fanzago, l’attore decadente, apparendo donna tutta d’un pezzo, femmina che usa e osa. I due si incontrano appunto nella pensione, Alfredo è una proprietaria docile ma fino a un certo punto che tira avanti e un po’ in debito con la vita, un po’ come tutti insomma. Nel preambolo del primo atto, sfacciatamente ironico e pregno di godibilissimi elementi, per così dire, carlottiani, si denota però che è come se mancasse qualcosa, che ognuno dei personaggi non è “completo”. Tale dubbio si svela man mano che i minuti passano, e l’affare si allarga, diventa forza vitale, perno, nucleo dello spettacolo, e ogni angolo della pensione, ogni atomo dei viventi racconta qualcosa , il contesto, chi essi siano (stati) veramente. Alfonsina si concede un’ora d’amore la settimana in quella pensione da nove anni e questo pare bastarle ma il destino le mette davanti un giornalista, Pietro Emilio Belli, che inverte la rotta che era apparentemente prevista e cambia sorti e percorsi umani, con l’aggravante apparente, per Nanà, di voler scrivere un articolo che potrebbe essere compromettente, rivelante. Perché lei subisce, peggio ancora se risvegliato, un passato triste e opprimente, di grande dolore e perdita d’innocenza. E non solo. E lo stesso Belli ne diviene parte in causa, scavando a fondo nei ricordi, che si ampliano, coinvolgono tutti fino all’imprevisto epilogo. Di più meglio non dire, per gustarsi fino in fondo questo ottimo spettacolo, visto a Thiene alla quinta replica del suo percorso che sarà lungo e speriamo, perché tutti se lo meritano, pieno di soddisfazioni. Si verificano dunque, sorprese che inquietano, nuove visioni fallimentari ritrovate, elementi che vanno a colpire cuore ed anima riportando grandi ferite ai protagonisti, quasi tutti sulla stessa barca, che bisogna per ognuno di loro condurre in porto salvandosi. E qui escono le fattezze e le nefandezze umane, dove al centro di tutto c’è sempre lei, Alfonsina/Nanà, amante del tango, passione passatole dalla madre, che Giuliana De Sio incarna a dir poco strepitosamente alternando ottimi registri interpretativi, con grande mestiere. E per il pubblico è ancora una volta un bel vedere, il ritrovare, dopo che in giro si vedono molti pressapochismi attoriali, un’interprete di grandissima caratura, che nel finale oltretutto regala un’ennesima e originale performance di rara bellezza. Un vero capolavoro che si unisce al resto, ovvero il tratto caratteriale, intimo, dei personaggi, che Massimo Carlotto descrive con il consueto guizzo, alle interpretazioni indovinatissime, di Alessandro Haber, stoico e caparbio, profondo esecutore del suo giornalista al quale regala sfumature preziose e di Paolo Sassanelli nei panni di Alfredo, duttile, estroverso esempio recitativo. Bonamente Fanzago è Riccardo Festa, molto attento nel tratteggiare l’ex attore porno ora un semi- gigolò, stordito e confusionario, indecisissimo uomo alle prese con gli eventi che possono cambiargli l’esistenza. E Paolo Persi, ultimo del cast in senso cronologico non fa altro che unirsi al gruppo con quello che sa molto bene fare. E per concludere, una scenografia perfetta, una colonna sonora dove spopolano le belle canzoni di una volta, come “Tutt’al più” di Patty Pravo, “La notte”di Adamo cantata come solo lui sa fare, da Haber, “Amore baciami” di Bongusto, “L’immensità” nella versione di Dorelli, e una stanza mai data a nessuno, per incuriosire ancor di più. Tantissimi gli applausi, interminabili.
Francesco Bettin