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SOCCOMBENTE (IL) - regia Federico Tiezzi

"il soccombente" - da sin. Sandro Lombardi, Martino D'Amico, Francesca Gabucci "il soccombente" - da sin. Sandro Lombardi, Martino D'Amico, Francesca Gabucci

di Thomas Bernhard
Traduzione di Renata Colorni
Riduzione di Roberto Cappuccio
Regia di Federico Tiezzi
Interpreti: Martino D’Amico, Francesca Gabucci, Sandro Lombardi
Scene e costumi: Gregorio Zurla
Luci: Gianni Pollini
Regista assistente: Giovanni Scandella
Produzione: Compagnia Lombardi-Tiezzi, Associazione teatrale pistoiese, Fondazione Campania dei Festival- Campania Teatro Festival
Capodimonte- Cortile della Reggia, Napoli 25, 26 giugno 2022

www.Sipario.it, 30 giugno 2022

Thomas Bernhard tra il 1983 e il 1985 pubblica tre romanzi che compongono la cosiddetta Trilogia sulle Arti comprendente Il soccombente incentrato sulla musica, A colpi d’ascia dedicato al Teatro e Antichi maestri ruotante attorno al tema della pittura, andato già in scena quest’ultimo due anni fa all’interno del festival campano con la regia di Federico Tiezzi, che deve molto amare uno dei più importanti autori di lingua tedesca del dopoguerra, visto che adesso vi è tornato proponendo il primo lavoro della trilogia, ovvero Il soccombente. Quasi un continuum con Antichi maestri, visto che di questo lavoro sono rimasti alcuni elementi scenografici (una panca imbottita e alcune poltrone) e dei neon bianchi e rossi che compongono un rettangolo e un triangolo, quasi una piramide che serra al centro un piccolo monitor che trasmette immagini di Glen Gould al piano, avendo accanto il nero oggetto luccicante che dà il senso a questo labirintico lavoro, ovvero il pianoforte Steinway. Che se lo suoni da dio ti chiami Glen Gould, se lo suoni da cane sei il soccombente. Ed è quello che accade allorquando ad un corso di Horowitz a Salisburgo s’incontrano tre pianisti. Gould appunto, Wertheimer (il soccombente in frac di Martino D’Amico) e il narratore di Sandro Lombardi, in spolverino verde, che tiene banco per 70 minuti. Gould non compare mai fisicamente. Al suo posto c’è una donna (Francesca Gabucci) che s’aggira sul palco, talvolta canta, talaltra si distende sullo Steinway, forse è la sorella di Gould, l’unica a riuscire a metterlo in riga. Parla Lombardi, dialoga col fantasma dell’amico Wertheimer che il pubblico vede come vivo, raccontando con la sua bella voce cosa è accaduto un giorno allorquando Gould suonò in modo sublime le Variazioni di Bach e Wertheimer si sentì come trafitto, annientato, annichilito, sotterrato per sempre nello spirito e nell’anima, perché capì che non sarebbe mai riuscito a suonare il pianoforte in quel modo. La sua vita si rivelerà essere quella di un soccombente come lo stesso Gould lo aveva appellato, e dunque non sopportando l’incapacità di essere il numero uno si toglierà la vita impiccandosi. Salieri non lo fece in quel film su Mozart, preferì bere fiele per tutta la vita piuttosto che suicidarsi. Gould morirà suonando le Variazioni Goldberg, tutto accartocciato sulla tastiera, nel tentativo d’essere non già un interprete al pianoforte, ma il pianoforte stesso, il suo Steinway, mentre il narratore da canto suo accetterà d’essere un pianista normale, in grado tuttavia di eseguire alla fine un famoso pezzo di John Cage che si snoda in tre movimenti, titolato 4’33” consistente nel sostituite alla musica il silenzio e la misurazione del passaggio del tempo. La riduzione teatrale anche se con qualche lungaggine era di Ruggero Cappuccio, mentre Federico Tiezzi questa volta bobwilsoneggia più di altre volte, illuminando di blu e rosso alcuni particolari della scena e di verde i volti dei protagonisti.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 03 Luglio 2022 12:54

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