Regia: Riccardo Cavallo
INTERPRETI (in ordine alfabetico)
Nick / Bottom : Gerolamo Alchieri
Titania / Regina delle fate : Claudia Balboni
Elena : Federica Bern
Demetrio : Sebastiano Colla
Teseo / Duca d'Atene : Martino Duane
Puck : Fabio Grossi
Ermia : Valentina Marziali
Fairy : Cristina Noci
Tom / Snaout : Claudio Pallottini
Lisandro / Innamorato di Ermia : Marco Paparella
Snug : Andrea Pirolli
Maestro di cerimonie : Raffaele Proietti
Oberon /Re degli Elfi : Carlo Ragone
Egeo / Padre di Ermia : Alessio Sardelli
Peter Quince : Marco Simeoli
Francis / Flut : Roberto Stocchi
Ippolita / Regina delle Amazzoni : Daniela Tosco
Costumi Manola Romagnoli
Scene Silvia Caringi e Omar Toni
Assistente alla regia Elisa Pavolini
Direzione tecnica Stefano Cianfichi
Disegno luci Umile Vainieri
Disegno audio Franco Patimo
Teatro Globe Silvano Toti di Villa Borghese dall'8 al 26 agosto 2018
L'orditura registica del compianto Riccardo Cavallo nel suo Sogno di una notte di mezza estate ha questo di bello: nell'aver saputo cogliere la magia dell'opera shakespeariana nell'inscenare la vita non come contrapposizione costante, ma armonia raggiunta attraverso l'arte paziente della trascendenza. Il risultato è un'opera corale, nella quale tutti son protagonisti perché la vita non affida parti maggiori o minori: tutti hanno diritto alla propria storia.
La pièce di Shakespeare, per ben intenderla, la si deve immaginare come una matriosca russa: dentro la bambola più grande ve ne è una più piccola, e poi una ancor più minuta: e così via fino a giungere al punto di non divisione ulteriore, il quale mai potrebbe sussistere senza ciò che lo ha preceduto. Cos'altro è la vita se non questo? Quotidianamente non se ne ha coscienza, ma i poeti veri – negli istanti di spassionata visione – lo percepiscono e trasformano tale intuizione in arte.
Nel Sogno di una notte di mezza estate abbiamo un primo livello di esistenza quotidiana che a tutti appartiene: quello delle leggi e delle convenzioni: qui vivono Teseo, Ippolita, la loro corte, Elena, Ermia, Lisandro, Demetrio e una compagnia di mediocri attori incapaci di comprendere il segreto della loro arte. Accanto a questo ve ne è un altro, dove vivono – senza mai apparire ad occhio umano – la regina delle fate Titania e il re degli elfi Oberon: il loro è il regno della magia, cioè l'arte di modificare la realtà e i modi di percepirla da parte degli uomini. Poi vi è Puck, che potremmo rassomigliare a un angelo: egli vive in una sorta di luogo intermedio, e gli è concesso di passare dal mondo delle fate e degli elfi a quello degli uomini, giocando e divertendosi con loro attraverso bizzarri incantesimi. La straordinarietà di Shakespeare consiste nell'aver fatto interagire i tre mondi fra loro. E gli equivoci che si vengono a creare fra le coppie di innamorati – Ermia e Lisandro, Elena e Demetrio – suscitano ilari risate perché mostrano l'inconsapevolezza degli uomini nel loro vivere ordinario: essi si muovono come marionette, prede di passioni come tanti golem senz'anima.
Ma tutto alla fine si sistema. Ogni cosa volge verso il lieto fine. Ciascuno si unirà al proprio innamorato come desiderava e ci si immagina che ciò duri fino a che i maghi Oberon e Titania non ordiscano altri incantesimi.
Bellissima la recitazione dell'intera compagnia. Nessun interprete che abbia sopraffatto l'altro. Tutti han saputo intonare la propria parte rendendo omaggio all'opera nel suo insieme, più che al singolo ruolo. Ha colpito, soprattutto, la capacità di modulazione vocale di Carlo Ragone (Oberon): possente ma senza pesantezza al contempo; ogni battuta pareva provenisse da un mondo diverso: stile recitativo che ben si adatta al personaggio da egli impersonato. E che ci comunica che il nostro mondo non è poi così grigio, triste, banale. Ha tanti colori, invece. Come percepirli? Con una magia. O più semplicemente, con un sogno.
Pierluigi Pietricola