Sipario - il Portale dello spettacolo: teatro, danza, musica, lirica, festival

Per capire il teatro bisogna rifarsi agli artisti, a chi la scena l’ha calcata e vissuta sulla sua pelle ogni giorno per decenni interi: questa, in estrema sintesi, la lezione delle Risate di gioia, titolo profetico di un piccolo gioiello della scena che Elena Bucci e Marco Sgrosso hanno pensato e realizzato nella forma di prezioso Bignami della storia del teatro tutta, e dell’arte attoriale in particolare. 
Al netto di una possibile sforbiciata dei cento minuti filati, rifacendosi nel titolo alla celebre pellicola di Mario Monicelli con Totò ed Anna Magnani, i due autori/attori vestono i panni di generici di seconda o terza fila, artisti che dopo una vita trascorsa nell’anonimato rimangono chiusi la notte di Capodanno all’interno di un teatro mentre fuori imperversano botti e festeggiamenti: per un’esistenza intera essi stessi fantasmi in una professione amata ed odiata, Gioia detta Tortorella ed Umberto detto Infortunio assistono nel teatro chiuso alla sognante processione di alcuni spiriti del passato pronti a solleticare le loro-nostre coscienze per una riflessione a tutto campo sul senso dell’arte e sul mestiere dell’attore. In rapida successione, luminose ombre nel buio di una sala impolverata e deserta, fanno tra gli altri capolino Giovanni Emmanuel e Gustavo Modena, Giacinta Pezzana, Antonio Petito e Maria Melato, ma anche i fratelli De Rege come Renato Rascel, per concludere con Anna Magnani e Totò. 
Come all’interno di un’inaspettata Spoon River teatrale, non-luogo sospeso nel tempo, le apparizioni coincidono con  siparietti e monologhi in cui condividere con il pubblico riflessioni e provocazioni sul fare teatro, al pari di pretesti per inaspettati je accuse contro un sistema, in passato come oggi, incapace o indolente nel cogliere a pieno l’importanza del ruolo dell’artista e di quelle figure, suggeritori, tappabuchi e portaceste, senza le quali i grandi nomi non sarebbe diventati tali: spaziando da testi originali a pagine universali come gli scritti di Sergio Tofano e Vito Pandolfi, materiali impreziositi dagli estratti ricavati da epistolari ed autobiografie, Elena Bucci e Marco Sgrosso compongono un mosaico di situazioni ora di struggente poesia, ora di grottesca comicità, immagini sempre attraversate da una viva umanità che rende a noi molto vicini l’intera galleria di personaggi.
Facendo leva su di una straordinaria versatilità, Bucci e Sgrosso entrano ed escono di continuo da situazioni lontane nel tempo, presenze vive in un mondo immaginario che si e ci interroga sul senso del fare teatro, sul ruolo dell’artista, sull’urgenza di vestire maschere: intensa riflessione sul teatro che fu, Risate di gioia nel suo porsi come viaggio nel tempo è innanzitutto prorompente atto d’amore verso quel mondo in passato al centro dell’esistenza umana molto di più di quanto lo sia in un presente sedotto dalle fragili luci mediatiche, ribalta foriera di gloria tanto fugace quanto illusoria.

Roberto Canavesi