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RICCARDO II - regia Danilo Capezzani

"Riccardo II", regia Danilo Capezzani "Riccardo II", regia Danilo Capezzani

di Shakespeare
Traduzione di Mario Luzi
 regia di Danilo Capezzani
ACCADEMIA NAZIONALE D'ARTE DRAMMATICA SILVIO D'AMICO
Con: Gabriele Benedetti, Domenico De Meo, Anastasia Doaga, Michele Eburnea, Diego Giangrasso,
Michele Ragno, Michele Scarcella, Rosa Maria Tavolucci
Impianto scenico: Danilo Capezzani
Musiche: Giacomo Vezzani, Vanja Sturno
Luci e direzione di scena: Javier Delle Monache
Sound design: Hubert Westkemper
Costumi: Laura Giannisi
Assistente drammaturgia: Isabella Delle Monache
Teatrino delle 6 Luca Ronconi, Spoleto – Festival dei Due Mondi 2022 1 e 2 luglio 2022

www.Sipario.it, 4 luglio 2022

C’è da rimanere strabiliati per la bravura e la genialità con la quale Michele Eburnea ha interpretato Riccardo II nei panni del protagonista. Un re giovane, folle, senza scrupoli; che si spinge al limite, ordisce trappole delle quali egli stesso finisce per essere vittima; o – e qui entra in gioco l’ambiguità della metafora – sincero al punto da essere gabbato da coloro che gli sono più vicini a corte, parenti inclusi?
Eburnea, giovanissimo attore dal talento spiccato, dotato di una serie di registri interpretativi che gli consentono di passare in rassegna le varie espressioni comportamentali, fa sua l’ambiguità shakespeariana e non la lascia vivere solo a livello drammaturgico. Quando il suo Riccardo II sta per esplodere in un impeto d’ira che deve contenere, inizia a fremere col corpo e ad agitare nervosamente la gamba. Se deve svelare una trama segreta, lo fa dipingendo sul volto un sorriso a metà tra il fanciullo e il pazzo; e l’atto di per sé abominevole sembra come essere normale o, tutt’al più, commesso da un matto forse perdonabile. Anche quando Riccardo II viene spodestato, Eburnea non si limita a dipingere gli eccessi sentimentali di ira, odio e risentimento; bensì indaga le varie possibilità emotive che una situazione simile può ingenerare in un uomo. E quando pronuncia la battuta: “Di me stesso io sono ancora il re”, invece di sovraccaricarla di toni imperiosi, definitivi, come si conviene quando in una tragedia si raggiunge l’apice, la dice con nonchalance, quasi fosse una condizione naturale della quale tutti – pubblico compreso – debbono prendere atto e farsene una ragione.
Perché – e qui sta la bellezza della drammaturgia di Danilo Capezzani – Riccardo II non viene dipinto come un sovrano, bensì come un uomo che veste panni da re. E che è intrappolato nelle oscure trame che la sua mente contorta e malvagia, o probabilmente solo folle ai limiti dell’autismo, ordisce. Tanto che si finisce per dubitare se tutti i personaggi che ruotano attorno al protagonista siano sue proiezioni o se, effettivamente, esistano.
Ad accentuare ancora di più questo aspetto di chiusura, l’impianto scenico sempre di Capezzani: un palco passerella quadrato, chiuso, all’interno del quale vi è un letto dove Riccardo II appare disteso, intento a scrivere. Cosa? Forse la storia alla quale il pubblico, entrando nel Teatrino delle Sei Luca Ronconi, sta per assistere.
Molto bravo Michele Ragno: il suo Bolingbroke è stato personaggio dipinto con una freddezza ed una razionalità d’intenti ai limiti del chirurgico, mosso da strategia machiavellica e incurante di qualsiasi conseguenza ogni suo atto possa comportare.
Un Riccardo II, questo firmato da Capezzani, che andrebbe ospitato nei maggiori teatri. Che ha tenuto conto della lezione brechtiana su come trattare i classici scoprendo in cosa essi sono contemporanei e che grazie ad attori di eccezionale talento come Michele Eburnea fanno nutrire speranze che il teatro, quello vero, non è finito e forse non lo sarà mai.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Martedì, 05 Luglio 2022 18:51

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