da Luigi Pirandello e Anton Cechov
Regia: Glauco Mauri
Scene: Giuliano Spinelli
Costumi: Liliana Sotira
Interpreti: Glauco Mauri, Roberto Sturno, Mauro Mandolini, Laura Garofoli, Amedeo D'Amico, Lorenzo Lazzarini, Paolo Benvenuto Vezzoso
Produzione: Compagnia Mauri Sturno
Genova, Teatro Duse, dal 16 al 20 marzo 2016
Glauco Mauri, in un incontro tra la sua compagnia teatrale e il pubblico, ha parlato della psicologia umana come un insieme di atteggiamenti buffi e comici nel loro patetismo. Non c'è quindi modo migliore per ironizzare su questi comportamenti se non affidarsi a quattro anni unici tratti dalla penna di Luigi Pirandello e Anton Cechov. Da queste quattro storie emerge il quadro grottesco di un'umanità che fa dell'imbroglio, del pregiudizio e della meschinità il proprio pane quotidiano. I quattro atti unici Cecè, La patente, Una domanda di matrimonio e Fa male il tabacco sono stati scelti da Mauri, regista dello spettacolo e protagonista dell'atto finale, per omaggiare due autori che con tanta sottigliezza hanno saputo indagare sui paradossi della personalità umana. I sette attori si alternano in scena per rappresentare i protagonisti delle quattro storie e si rivelano sempre abili nel calarsi in personaggi dalle caratteristiche diverse. Basti pensare, ad esempio, a Laura Garofoli e le tre figure di donna che è chiamata ad interpretare. Di rilievo anche le interpretazioni di Roberto Sturno, un Ivan Vassilievic irresistibile nella sua escalation di ansie e disturbi nervosi in Una domanda di matrimonio, e Mauro Mandolini. Lo spettacolo, grazie ad una regia attenta e tesa sia alla riflessione che al divertimento, prosegue con grande piacevolezza per il pubblico. Molto curata la scenografia, che offre molti elementi distintivi e di interazione per gli attori. Ciò che in parte rovina la fruizione di uno spettacolo di tale bontà è l'avere concluso con un atto che, anche se recitato da un grande attore come Mauri, ne interrompe troppo bruscamente il ritmo e passa dal registro comico a quello patetico senza passaggi intermedi. La coda dello spettacolo vira così dal buffo al triste e sembra sottendere un pessimismo per le vicende umane che guasta in parte lo spirito e l'arguzia che avevano reso palpitanti i primi tre atti.
Gabriele Benelli