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PARADISO XXXIII - di e con Elio Germano e Teho Teardo

"Paradiso XXXIII ", di e con Elio Germano e Teho Teardo. Foto Zani Casadio "Paradiso XXXIII ", di e con Elio Germano e Teho Teardo. Foto Zani Casadio

di e con Elio Germano e Teho Teardo
drammaturgia Elio Germano
drammaturgia sonora Teho Teardo
con Laura Bisceglia (violoncello) e Ambra Chiara Michelangeli (viola)
regia Simone Ferrari & Lulu Helbaek
disegno luci Pasquale Mari
video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
scene design Matteo Oioli
produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito produzioni
in coproduzione con Ravenna Festival, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Franco Parenti, Teatro Abbado di Ferrara, Teatro Galli di Rimini
al Teatro Ponchielli, Cremona, 20 febbraio 2022

www.Sipario.it, 11 aprile 2022

«A l’alta fantasia qui mancò possa;/ ma già volgeva il mio disio e ‘l velle/ sì come rota ch’igualmente è mossa/ l’amor che move il sol e l’altre stelle». Così si chiude la cantica del Paradiso di Dante e il XXXIII canto, con la dichiarazione di non poter andare oltre nella visione diretta di Dio. È una specie di sfida quella che Elio Germano ha lanciato a sé stesso e al suo pubblico con Paradiso XXXIII, una sfida di rendere teatralmente la visione di Dio raccontata da Dante una sorta di viaggio di luci, suoni e parole in cui l’attore si pone al servizio della poesia. Accade in Paradiso XXXIII che Elio Germano – abiti di scena che più quotidiani non si possono – si annulli nella vertigine di offrirsi come officiante del rito della parola che si fa immagine, della lingua che tenta l’indicibile: confrontarsi con la visione di Dio. E così Paradiso XXXIII è un lavoro che lo si accoglie nella sua totalità o lo si rifiuta, è uno spettacolo che si vive come esperienza sensibile in caso contrario si rischia di coglierne solo l’artificio e l’inevitabile finzione. In questo senso lo spettatore è protagonista, meglio protagonista è la sua predisposizione a farsi sedurre e tirar dentro. Certo Elio Germano è attore che sa farsi ben volere e l’essere star a portata di normalità gli permette di portarsi via i suoi spettatori. E allora può accadere che una signora abbia le lacrime agli occhi uscendo dalla sala e dica: «Un’esperienza così è difficile farla». In questa chiave bisogna leggere Paradiso XXXIII in cui la musica di Theo Teatrdo fa da sostegno, fa da testo paritario e a pari merito col dire dantesco, con il racconto dell’Alighieri. Le immagini proiettate di Simone Ferrari & Lulu Helbaek fanno il resto: in mezzo sta il corpo dell’attore che quasi si annulla, scompare per lasciare spazio a voce, musica e luci/immagini. La preghiera alla Vergine che apre il canto è reiterata e scandita e fa da preambolo, da captatio benevolentiae non solo alla Madonna, ma al pubblico cui si dà il tempo di abituarsi – almeno si crede – alla lingua. Elio Germano scandisce i versi, li scioglie e poi quando la visione di Dante si fa più intensa l’apparato iconico e quello musicale sostengono il dire dell’attore, lo amplificano facendo in modo che se non tutto si comprende, il senso arrivi ed emozioni ugualmente. In tutto questo Elio Germano si mette a disposizione di una macchina scenica ad effetto e solo sul finale nel tacere di immagini e musica e nell’avvicinarsi alla ribalta il suo dire si fa caldo, umano pronto a essere ripagato da un diluvio di applausi.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 13 Aprile 2022 08:05

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